“Bisogna considerare che la situazione è costituita in questo modo: c’è un interessse pubblico (principio nobile che prevede l’accesso di tutti alle cure) e ci sono interessi privati dai quali non si può prescindere per gli investimenti nella ricerca”, spiega a Interris.it l’ex ministro della Salute e scienziato di fama mondiale. Il professor Girolamo Sirchia, storico primario di ematologia al Policlinico di Milano, pioniere italiano delle trasfusioni nei trapianti di organi, nei quattro anni e mezzo (tra il 2001 e il 2005) da titolare della Sanità ha affrontato per intero l’emergenza Sars e la parte iniziale di quella dell’influenza aviaria. Portano il suo nome la legge che dal 2003 vieta il fumo nei luoghi pubblici e di lavoro e quella che regolamenta le pratiche di procreazione assistita proibendo la “provetta selvaggia“. Domenica il Papa è tornato a invocare assistenza sanitaria per tutti. Ad una pandemia globale deve seguire una risposta globale, cioè per tutta l’umanità. La Santa Sede ha chiesto ufficialmente nelle sedi internazionali che il vaccino per il Covid-19 possa essere somministrato a tutti gli abitanti della terra, dai più ricchi ai più poveri, e quindi di avviare, appena possibile, una campagna di vaccinazione universale e gratuita.
Nella corsa al vaccino anti-Covid, prevale la salute pubblica o l’interesse economico delle case farmaceutiche?
“Queste due esigenze vanno conciliate altrimenti il sistema risulta difettoso. Va trovata una sintesi tra chi dice che in sanità tutto deve essere pubblico e chi vuole non guadagnare ma straguadagnare sulle cure. Se non si muove il privato poi non ci sono risorse sufficienti. Deve esserci un’equa concliazione tra il bene comune della salute pubblica (ossia un interesse pubblico protetto) e un giusto guadagno che non sia interesse speculativo”.
A cosa si riferisce?
“Le autorità sanitarie devono correggere alcune storture. Il sistema non funziona, per esempio, se l’industria investe e produce solo alcuni farmaci remunerativi come le statine a svantaggio dei medicinali per le malattie infettive. Va definito il giusto guadagno del privato, cioè quanto le case farmaceutiche devono ricevere come remunerazione senza speculare”.
Quali sono le difficoltà nel bilanciare pubblico e privato?
“È un equilibrio difficile da trovare. L’impresa punta al massimo guardagno e il privato al massimo risparmio. Le autorità sanitarie devono intervenire per equilibrare queste due opposte esigenze”.
E’ così anche per la lotta al coronavirus?
“Sono impegnate in prima linea numerose case farmaceutiche. Avrà la meglio chi garantirà un vaccino sicuro ed efficace. Bisogna vedere a quali prezzi sarà commercializzato. Siamo ancori lontani dal traguardo. Non basterà un anno per avere a disposizione, su larga scala, le dosi necessarie”.
Non saranno tempi brevi, quindi
“No. Averlo pronto entro la fine dell’anno significa avrer testato e verificato l’innocuità e l’efficacia del vaccino. Ma per metterlo in produzione servono altri mesi”.
Il Papa ha lanciato un appello appello al Regina Coeli per garantire l’accesso universale alle tecnologie essenziali che permettano a ogni persona contagiata, in ogni parte del mondo, di ricevere le necessarie cure sanitarie. E’ possibile che ciò avvenga?
“Quali sistemi sanitari potranno pagare i vaccini? I paesi ricchi. Non si può realisticamente contare sul fatto che le case farmaceutiche li mettano a disposizione gratuitamente delle nazioni povere, perciò serve qualche organismo internazionale che contribuisca a pagare per loro. Non è solo questione di beneficienza ma di salvaguardia planetaria. Per l’Africa e l’India, per esempio, potranno intervenire fondi caritativi ma non basta. Servono miliardi di dollari messi a disposizione da organismi sovranazionali affinché anche i paesi poveri possano accedere al vaccino. Trovare queste risorse è nell’interesse anche dei paesi ricchi, altrimenti ii rischio mondiale non diminuirà”.
Chi deve farsene carico?
“C’è bisogno di un equilibrio nella disponibilità del vaccino che richiede l’attenzione delle Nazioni Unite, oltreché dell’Organizzazione mondiale della sanità al centro delle polemiche per la sua eccessiva politicizzazione. L’Onu si è indebolita negli anni e manca un punto di riferimento affidabile. Per riequilibrare il sistema e garantire un accesso equo al vaccino servono finanziamenti internazionali”.
Qual è il pericolo?
“Si rischia che gli interessi nazionali prevalgano e che i fondi non vengono erogati. Il presidente statunitense Donald Trump minaccia di tagliare i trasferimenti all’Oms. Negli anni sono stati tolti poteri agli organismi internazionali e se non si rimette al centro l’interesse generale, nel mondo che attende il vaccino si sfocerà nella prevaricazione”.
Ci può porre rimedio a questa deriva?
“L’unico player internazionale che ha il prestigio e la serietà per farlo è papa Francesco. Lui ha la forza e la credibilità per proporre una soluzione concreta e indicare l’Onu o l’Oms come promotori di iniziative per favorire il riequlibrio tra interesse pubblico e privato. Il Pontefice può essere garante e sorvegliante di questo fondamentale procedimento. Solo lui ha il carisma e l’affidabilità indispensabili per essere ascoltato e per chiedere che l’accesso universale al vaccino diventi una priorità generale”.