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“I miei viaggi in carrozzina”. La passione di Simona che coinvolge il Papa

La storia di Simona tocca le corde più profonde dell'animo umano, è il racconto di una guerriera. Le dolci parole di una donna che non si è arresa e che porta avanti la sua vita sempre con il sorriso, nonostante il dolore della malattia

Santo Padre ci facciamo un selfie?” chiede Simona. “Ma io non sono pratico – risponde Papa Francesco -. É facile basta cliccare qui!”.
Simona lo scorso 13 luglio è stata ricevuta dal Santo Padre. L’emozione era alle stelle, ma bisogna fare un salto indietro nel tempo per capire chi è Simona e perché ha avuto questo incontro con il Papa?

La storia di Simona

Simona Anedda, nasce a Roma nel 1974 e viaggiare è la sua vocazione da sempre. “Ho iniziato con un Erasmus in Islanda e, dopo la laurea in Belle Arti, mi sono trasferita a Londra e in seguito ho visitato  tutta l’Europa. Nel 2000 sono stata a New York e, infine, a Chicago.
A 25 anni ho iniziato a lavorare come tour leader per Congressi Medici e a 30 sono partita per un viaggio senza meta, di un anno, in Australia. Al ritorno mi sono trasferita in Germania, poi ho ripreso la mia attività, lavorando per Finmeccanica e per l’Agenzia Spaziale Italiana”.
Una vita ricca di soddisfazioni quella di Simona, una vita apparentemente normale, la vita di una ragazza piena di colori che all’improvviso vede arrivare l’ombra di un mostro inatteso: la Sclerosi multipla primariamente progressiva.

 

Il buio all’improvviso

“Nel 2012, poco prima di partire per un viaggio nella Guaiana Francese, ho iniziato a stare male e al ritorno, dopo molti accertamenti ed esami, mi è stata diagnosticata la Sclerosi Multipla. Un medico mi disse: “È meglio che rimanga a riposo e lontana dal caldo”. E io risposi: “E se partissi per il Brasile, come la vede?”.
Insomma, alla notizia ho reagito partendo da sola per un viaggio di due mesi nel mondo carioca, nel gennaio 2013.

Oggi Simona non cammina più, non muove le braccia e non respira bene. “Ma è inutile piangere” ripete più volte durante la sua intervista rilasciata ad Interris.it. “Dal 2014 sono in sedia a rotelle e – tra una terapia e l’altra – ho ripreso a viaggiare e ad essere indipendente, nonostante tutto. Così sono partita per l’Islanda e, a giugno 2016, sono stata a Miami, un viaggio di “allenamento” in vista delle mie successive sfide sulle ruote. Nel 2017, grazie a una raccolta fondi, ho trascorso cinque mesi tra India, Nepal e Indonesia. Sento che non avrò una vita lunga, ma voglio continuare a viaggiare, ed eccomi pronta per altre partenze”.

Una malattia che mangia la vita

La sclerosi multipla è una malattia neurodegenerativa che colpisce il sistema nervoso centrale. È complessa e imprevedibile, ma non è contagiosa né mortale.
È caratterizzata da una reazione anomala delle difese immunitarie che attaccano alcuni componenti del sistema nervoso centrale scambiandoli per agenti estranei, per questo rientra tra le patologie autoimmuni.

È una malattia cronica: al momento infatti non esiste una cura definitiva, ma sono disponibili numerose terapie che modificano il suo andamento, rallentandone la progressione.

Alcuni dati:

•  La sclerosi multipla (SM) può esordire ad ogni età della vita, ma è più comunemente diagnosticata nel giovane adulto tra i 20 e i 40 anni.

•  Ci sono circa 2,5-3 milioni di persone con SM, di cui 600.000 in Europa e circa 122.000 in Italia.

•  Il numero di donne con sclerosi multipla è quasi triplo rispetto agli uomini.

•  La SM è più diffusa nelle zone lontane dall’equatore a clima temperato, in particolare Nord Europa, Stati Uniti, Nuova Zelanda e Australia del Sud. La prevalenza della malattia al contrario sembra avere una progressiva riduzione con l’avvicinarsi all’equatore.

Mi racconti l’incontro con il Papa?
“L’incontro con il Papa è stato del tutto inaspettato. Ero convinta fosse uno scherzo. E invece Claudio, il mio angelo custode, aveva davvero scritto al Santo Padre parlandogli di me e chiedendo di ricevermi. Anche la mia famiglia era incredula. Solo Claudio poteva sapere la verità, perché era stato lui a ricevere la chiamata di conferma.
Siamo stati ricevuti in un salottino privato e quando è arrivato ci siamo salutati in modo molto affettuoso. Io ho raccontato la mia storia, e gli ho fatto vedere un video che ho girato con diverse immagini dell’India.
Quando abbiamo finito di guardare il video gli ho chiesto se potessimo farci un selfie. “Io però non sono capace” mi ha detto ed io l’ho incoraggiato rispondendogli che neanche io potevo muovere le mani. A quel punto Claudio ci ha retto il telefono e Sua Santità ha premuto il tastino al centro per avviare lo scatto”.

C’è un momento in cui ti sei emozionata particolarmente?
“Si, abbiamo parlato del mio rapporto con la fede, e tranquillamente gli ho detto che da quando la malattia ha cominciato a divorare la mia vita io non riesco più a pregare”. “Allora pregherò io per te” mi ha detto “però mi farebbe piacere che anche tu facessi una preghiera per me”.

C’è qualcosa che avresti voluto dirgli ma che non sei riuscita a dire?
“Il tempo è volato e non sono riuscita a dire tutto. C’è un progetto a cui tengo tanto in particolare e che spero che qualcuno possa finanziare. Si tratta di un aspiratore per i liquidi. Purtroppo le persone come me hanno problemi di gestione personale per quanto riguarda l’andare in bagno, così avendo lavorato all’agenzia aereo spaziale ho pensato: perché non creare un aspiratore come quello degli astronauti? In quel modo si eviterebbero dei fastidi spiacevoli riuscendo ad avere un pizzico di autonomia in più che non guasta. Uno l’ho creato e lo devono solo assemblare, spero che davvero in futuro possa essere messo in commercio un oggetto del genere. Sono sicura che potrebbe favorire tante persone”.

Qual è il ricordo più bello ed uno più brutto della tua vita di ora?
“Di momenti belli ce ne sono tanti e sono tutti legati alle persone fantastiche che ho incontrato durante questo percorso chiamato vita. Momenti veramente brutti pochi, se pensiamo soprattutto ai viaggi, ma ricordo l’incontro con una guardia al museo Taj Mahal di Agra, in India. Arrivata all’ingresso mi sono sentita dire che non potevo entrare rispondendomi “alzati e cammina”. Io ho cominciato a dirlo a tutti, ho avuto l’impressione che la guardia pensasse che io volessi giocare presentandomi con la mia sedia a rotelle. Alla fine si trattava di un gesto frutto di ignoranza, tanto che alla fine quando si è presentata l’occasione di poter entrare io non ho accettato perché ero molto stanca e infastidita. La parte bella è arrivata la sera quando ho incontrato un giornalista di Nuova Delhi che mi ha intervistato raccontando la mia storia. Mi ha presentata come una ragazza arrivata dall’Italia nonostante le difficoltà a cui non era stato permesso di entrare. Tra l’altro mi avevano anche fatto pagare il biglietto intero. Fu davvero uno scandalo”.

Dove trovi la forza per reagire sempre positivamente alla vita? Qual è il tuo segreto?
“Il segreto è che sono innamorata della mia vita. Sicuramente mi manca la libertà, oggi vivo una situazione di prigionia totale. Percepisco tutti i miei dolori e li vivo in modo molto intenso, ma amo parlare e raccontare. Dico sempre che ho adattato il mio stile di vita alla mia condizione attuale, perché in fondo poco è cambiato. Continuo a viaggiare tanto, mi da la carica e la forza di andare avanti ed è questo il messaggio che vorrei lanciare, di non chiudersi, di non abbandonarsi perché non bisogna darla vinta alla malattia, bisogna pensare ad un piano alternativo”.

Prossimi viaggi in giro per il mondo?
“Ne avevo tanti, avrei voluto attraversare l’Africa con il camper ma con questa pandemia non si può fare. Mi farebbe piacerebbe anche fare un viaggio ecologista. Io amo rispettare l’ambiente, sto sempre molto attenta anche a dove butto i rifiuti e per questo mi piacerebbe fare un viaggio con una bici elettrica e magari trovare altre persone che come me stanno male ma che magari non hanno la stessa forza nell’uscire di casa.
Spesso mi domando: dove sono le persone che stanno male come me? Cosa fanno? Qual è la loro vita?
Forse dovrei ripartire qui, da questo paese, incontrare le persone che stanno male e portare qualcosa di positivo, dicendo se riesco io ci puoi riuscire anche tu!
Intanto ho avuto una chiamata da un ospedale di San Giovanni Rotondo e incrociamo le dita sperando che Padre Pio mi voglia. Ho veramente bisogno delle cure in questo centro di riabilitazione.
Quando rientrerò da questa riabilitazione chissà che riesca davvero a fare questo giro in bicicletta ripartendo proprio dalla mia Sardegna!”.

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