Gli ultimi dati disponibili ci dicono che, dal 1° gennaio 2018 al 31 dicembre 2023, in Italia, si contano circa 8000 morti sul lavoro e di questi, un quarto in itinere verso i luoghi di servizio. Queste tragedie pongono degli interrogativi in materia di sicurezza sul lavoro e tutela globale delle persone. Interris.it, in riguardo a questi temi, ha intervistato Angelo Colombini, membro del C.I.V. di Inail, Vicepresidente dell’Ente Bilaterale Artigiani (Ebna) e già segretario confederale della CISL.
L’intervista
Colombini, gli incidenti sul lavoro non accennano a diminuire. Quali sono i motivi alla base di questo secondo lei?
“Il dato provvisorio fornito da Inail in merito alle denunce di infortunio sul lavoro con esito mortale entro il 31 dicembre 2023 è pari a 1041 decessi ovvero tre vite spezzate ogni giorno. Poco tempo fa, a Firenze, si è consumata l’ennesima tragedia su un luogo di lavoro dove cinque lavoratori sono morti ed altri tre sono stati ricoverati in ospedale, per il crollo di una trave nel cantiere mentre veniva costruito un centro commerciale. Questo grave incidente riporta alla cronaca il dibattito sulla sicurezza nei luoghi di lavoro, ma non dobbiamo dimenticare che ogni tragedia è il riflesso di un mancato rispetto delle regole che ci sono e vanno rispettate, le norme vanno applicate, la Legge 81/2008 su salute e sicurezza nei luoghi di lavoro è un’ottima legge invidiata ed attenzionata da molti in Europa”.
Quali sono le peculiarità del settore edilizio? Che fattori incidono maggiormente sulla recrudescenza degli infortuni sul lavoro?
“Nel settore dell’edilizia, il subappalto spesso aumenta il rischio di un lavoro già denso di pericoli. Annunciare più ispettori e ispezioni è positivo ma non risolutivo. Occorre operare sul subappalto quando non corrisponde ad un’impresa specialistica, dotata di apparecchiature e lavoratori specializzati. Perché queste imprese si aggiudicano l’appalto, ma non lavorano in un cantiere, limitandosi a dividere le lavorazioni ricorrendo al subappalto, dove spesso vengono applicati altri contratti, come quello dei metalmeccanici evitando così gli obblighi di formazione e prevenzione previsti dagli accordi nazionali del settore edile, sfruttando anche cittadini stranieri costretti a lavorare in nero. In questi anni e durante l’agevolazione fiscale del Superbonus 110% sono state create imprese che posseggono le credenziali formali, ma non dispongono né di attrezzature né di lavoratori formati per tale attività lavorativa”.
In che modo dovrebbe connotarsi, a suo parere, l’azione delle autorità competenti per garantire la sicurezza dei lavoratori?
“I controlli delle autorità dovranno essere sempre più stringenti e gli appalti al massimo ribasso dovranno essere eliminati. Oltre a non abbassare la guardia attraverso le ispezioni degli organi competenti e proseguendo ad investire sulla prevenzione, attingendo anche ai finanziamenti messi a disposizione da Inail, occorre garantire un presidio in ogni realtà lavorativa, dalle micro alle grandi imprese, attraverso una rappresentanza sindacale competente. La concretizzazione della formazione per tutti i datori di lavoro, un’adeguata organizzazione del lavoro che metta in relazione mansioni, età, competenze e salute, rappresenterebbero un passo determinante per un cambiamento radicale nel sistema di prevenzione”.
Cosa si potrebbe fare sul versante della formazione alla sicurezza, anche in ambito scolastico?
“È necessario realizzare una campagna straordinaria sulla sicurezza, anche in ambito scolastico, per trasferire le adeguate conoscenze di base sulla prevenzione ai futuri lavoratori, partendo dai percorsi per le competenze trasversali e l’orientamento (PCTO) e nelle esperienze degli stage per tutelare gli allievi e le allieve coinvolte”.
Come si stanno connotando, a suo parere, le nuove disposizioni emanate dal governo in materia di sicurezza?
“Si introduce uno strumento già previsto dal Testo Unico sulla sicurezza sul lavoro del 2008 e mai applicato, un processo di qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi che lavoreranno nei cantieri per la sicurezza sul lavoro e che partirà dal primo ottobre del 2024 la cd. ‘patente a credito’. Questa novità che non piace alle associazioni di categorie perché il meccanismo è farraginoso e pieno di incertezze ed è stata ridicolizzato da altri, nei prossimi mesi sarà sviluppata e perfezionata tra il governo e le parti sociali prima della sua introduzione. Fondamentale il potenziamento del personale ispettivo, con l’assunzione di 766 ispettori valorizzando così il fronte della vigilanza (ASL, INL, INAIL e Carabinieri), ma serve ridurre i vincoli burocratici per le assunzioni, formando le forze in campo, la messa a regime dei flussi informativi (banche dati), l’incrocio dei diversi sistemi (regionali, istituzionali e parti sociali) e sollecitare, attraverso gli organi di vigilanza e controllo, ispezioni coordinate nei cantieri pubblici delle grandi opere ed in tutti i luoghi di lavoro. Altra positiva novità sono le disposizioni di carattere preventivo e incentivante in assenza di violazioni legislative in materia di lavoro e l’introduzione di premialità a favore dei datori di lavoro virtuosi nella gestione dei rapporti di lavoro, ma anche le sanzioni penali/amministrative per l’utilizzo illecito di lavoratori, avendo un occhio di riguardo sul rendere effettiva la funzione di deterrenza delle sanzioni, stringendo le maglie dei provvedimenti disciplinari oggi poco applicate. A partire da queste novità bisogna affermare che il decreto emanato dal governo è un primo passo perché bisogna definire al più presto una Strategia Nazionale in materia di Salute e sicurezza ed aggiornare la Legge 81/2008, assicurando in ogni realtà lavorativa un’adeguata sorveglianza sanitaria”.
In che modo, attraverso il Pnrr, si può dar vita ad un sistema lavorativo più virtuoso che tuteli sempre la persona?
“La ripresa economica con gli investimenti del PNRR, la crescita del PIL e gli incentivi fiscali devono essere linfa che alimenta il sistema lavoro, non a discapito di vite umane e di sofferenza per famiglie e persone. Siamo di fronte a un processo che vede intersecarsi e crescere, insieme al lavoro tradizionale, l’avvento delle nuove tecnologie, il lavoro agile, utilizzato da circa 3,5 milioni di lavoratoti (dove tempo e luogo sono per legge indifferenti), gli strumenti innovativi a tutela della salute (esoscheletri), e della sicurezza (dispositivi indossabili come smartwatch, occhiali intelligenti, orologi che monitorano l’attività fisica, cardiaca e del sonno). La persona va, per questo, messa “al centro” e protetta applicando un diverso modello di tutela molto più articolato e innovativo. Non si può garantire un posto di lavoro per poi metterlo a rischio sul fronte della mancata prevenzione e protezione. Ecco allora che il compito delle politiche e delle normative sulla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro diviene importante perché deve essere in grado di prevenire pericoli ancora indefiniti senza, tuttavia, creare allarmismi nel sistema economico e in particolare tra gli stessi lavoratori”.
Guardiamo ai singoli lavoratori. Su cosa dovrebbero focalizzarsi ogni giorno per incentivare la sicurezza?
“Chi lavora deve pretendere la sicurezza e impegnarsi in prima linea affinché nei luoghi di lavoro questa sicurezza sia effettiva. Oltre alla formazione, anche dei datori di lavoro, bisogna pretendere che nelle aziende ci siano investimenti nelle nuove tecnologie, che possono non soltanto ridurre la gravosità e la pesantezza del lavoro, ma anche garantire sempre di più il modo di lavorare. Naturalmente la tecnologia deve essere utilizzata senza disattivare i sistemi di sicurezza come purtroppo è successo. Anche in questo caso è importante la formazione, l’informazione e l’addestramento, perché una persona impari a come muoversi su una impalcatura, a come produrre e a come utilizzare un impianto, un macchinario, un trattore, una gru”.
Quali sono, ad oggi, i punti deboli del mondo del lavoro? Come si dovrebbe agire per migliorare?
“Sono le modalità, i tempi e i ritmi di lavoro che rappresentano il reale punto debole, il tutto riconducibile ad una organizzazione del lavoro che spesso non è attenta alla tutela della salute e sicurezza dei lavoratori. Per svolgere più velocemente le lavorazioni purtroppo si sceglie di disattivare le protezioni di sicurezza, di non mettere l’imbragatura quando si opera sulle impalcature, oppure di non indossare i dispositivi di protezione individuale, saltando così alcune fasi delle procedure di lavorazione che garantirebbero la protezione necessaria. Alla fretta incosciente va contrapposta una coscienza che non può esimersi dall’aiutare la persona a lavorare con più responsabilità e con più attenzione, unendo la produzione alla sicurezza e alla salute”.
Quale deve essere, in base alla sua esperienza, il ruolo del sindacato?
“Oltre all’assunzione di una responsabilità collettiva da parte della società civile, occorre un sindacato forte, autorevole e unito che faccia sentire la voce delle lavoratrici e dei lavoratori. Perché, quando un lavoratore è precario, oppure irregolare e retribuito in nero è molto difficile che decida di denunciare chi lo paga. È impensabile che un operaio sfruttato oppure un immigrato irregolare denuncino contesti pericolosi. Sono i rappresentanti dei lavoratori, come quotidianamente fanno, che possono, in una situazione di parità e non di subalternità, costringere gli imprenditori che cercano di eludere le regole, di tornare nell’alveo della regolarità e della legalità”.