Nel segno del Museo Nazionale dell’Ebraismo Italiano e della Shoah (MEIS). E’ stata presentata l’iniziativa culturale “Case di vita. Sinagoghe e cimiteri in Italia” a cura di Andrea Morpurgo e Amedeo Spagnoletto. La mostra ripercorre due millenni di storia. Attraverso l’esposizione di progetti, documenti e oggetti racconta aspetti architettonici, rituali e sociali di sinagoghe e cimiteri ebraici in Italia. Un’esposizione che intreccia storia e tradizioni. Ed espone progetti architettonici, oggetti familiari, prestiti prestigiosi e preziosi documenti da archivi statali e comunità ebraiche. Fino al 17 settembre la rassegna viene ospitata negli spazi del Museo Nazionale dell’Ebraismo Italiano e della Shoah di Ferrara (MEIS).
Shoah-MEIS
La mostra ha ricevuto la Medaglia del Presidente della Repubblica, significativo premio di rappresentanza. E gode del sostegno del ministero della Cultura, ente fondatore del MEIS e degli enti partecipanti. Cioè Regione Emilia-Romagna, comune di Ferrara e Unione delle Comunità Ebraiche Italiane. E dell’ente sostenitore Intesa Sanpaolo. L’esposizione è patrocinata dalla Fondazione per i Beni Culturali Ebraici in Italia e della Comunità Ebraica di Ferrara. Ed è realizzata con il contributo della Fondazione Guglielmo De Lévy, TPER, Hera, CoopAlleanza 3.0, AVIS e Fondazione Bottari Lattes. L’iniziativa approfondisce in modo originale l’aspetto architettonico, rituale e sociale della sinagoga e del cimitero ebraico. E focalizza, parallelamente, il rapporto tra luoghi sacri, la loro evoluzione. E i cambiamenti che ha affrontato l’Italia in oltre duemila anni di storia dell’ebraismo italiano.
Il concetto di casa
“Il nostro è un ritorno ad un tema molto caro per il museo: il concetto di casa” – spiega il direttore e curatore Amedeo Spagnoletto – Le sinagoghe, infatti, non sono unicamente destinate alle preghiere ma sono vere e proprie case della comunità. Mentre il titolo della mostra prende in considerazione il nome con cui vengono designati i cimiteri nel mondo ebraico, Battè Chaim. Osia Case di Vita. Questi due luoghi, pur con le loro differenze, custodiscono da millenni le esistenze, le storie, i percorsi identitari“. Prosegue Spagnoletto: “A differenza delle dimore private, in questi spazi l’autorappresentazione passa dalla dimensione del singolo a quella comunitaria. E proprio per questo, nella concezione ebraica diviene eternamente viva”.
Spazi di identità
Le sale ricostruiscono un percorso che, attraverso la speciale lente della storia delle architetture, testimonia i momenti più complessi e quelli più felici della presenza ebraica in Italia. Aggiunge il curatore Andrea Morpurgo: “Affrontare il tema delle architetture ebraiche – sinagoghe e cimiteri – significa confrontarsi con spazi d’identità. In grado di restituirci un affascinante intreccio di racconti e memorie che è parte integrante e inscindibile della storia del nostro Paese”. Dalla sinagoga di epoca romana di Ostia Antica a quelle rinascimentali adibite alla preghiera e allo studio, passando per quelle nascoste negli edifici dei ghetti del XVI secolo, la mostra attraverso disegni, documenti e oggetti straordinari ricostruisce le varie tappe evolutive degli spazi di culto ebraici.
Alla Mole
Tra le opere in mostra un mahazor (formulario di preghiere) della seconda metà del XV secolo di area emiliano-romagnola esposto per la prima volta, l’Aron ha-Qodesh di Vercelli, armadio sacro per i rotoli della Torah prodotto in area piemontese nel XVII secolo all’epoca dei ghetti. E ancora, dopo l’Unità d’Italia, i progetti per la costruzione di nuove monumentali sinagoghe nelle principali città italiane, di cui la più celebre è sicuramente quella di Torino, la Mole Antonelliana, che doveva originariamente ospitare il tempio israelitico. Anche la vicenda dei cimiteri ebraici in Italia è complessa e travagliata e il suo percorso evolutivo fornisce una chiave di lettura utile a capire il rapporto tra gli ebrei italiani e i detentori del potere nelle diverse epoche: dalle antiche catacombe ebraiche di Roma e Venosa, ai prati o “ortacci” fuori dalle mura cittadine nel Medioevo, fino ad arrivare ai cimiteri israelitici realizzati a seguito dell’Emancipazione. I riti di sepoltura ebraici non smettono di incuriosire la società, tanto che il pittore Alessandro Magnasco, tra i massimi esponenti dello stile fantastico e grottesco, nel 1720 dipinge un Funerale ebraico, oggi al Musée d’art et d’historie du Judaïsme e in deposito permanente al Musèe du Louvre, che ha concesso l’opera in prestito per la mostra.
Shoah e storia
Tra le opere esposte anche la colonna funeraria di Yehudah Leon Briel del 1772, fra i più illustri maestri dell’Italia ebraica tra Seicento e Settecento proveniente da Mantova, una delle culle della vita culturale, artistica e religiosa ebraica, e un prezioso seggio ligneo rivestito in bronzo che il banchiere e senatore Ugo Pisa commissionò nel 1887 allo scultore Mario Quadrelli per il reparto Israelitico del Cimitero Monumentale di Milano. “Il nostro auspicio – sostiene il presidente del MEIS Dario Disegni – è che attraverso questa mostra i visitatori possano riscoprire le città italiane sotto una nuova luce, apprezzare luoghi dalla bellezza ancora nascosta ai più, aprire nuove porte della conoscenza. E ritrovare ancora una volta (e più vicino di quanto si creda) un pezzo della propria storia”.
Architettura ed ebraismo
L’iniziativa “Case di vita. Sinagoghe e cimiteri in Italia” è accompagnata da un programma di iniziative che coinvolgono tutta la città di Ferrara. Grazie alla collaborazione con la Comunità Ebraica sarà infatti possibile, in via eccezionale, visitare le tre sinagoghe della città – destinate ai riti tedesco, italiano e fanese – attualmente chiuse al pubblico, ospitate all’interno dell’edificio in via Mazzini donato alla fine del Quattrocento da Ser Melli agli ebrei ferraresi. Il MEIS offrirà inoltre la possibilità di visitare il cimitero ebraico di via delle Vigne. “Locus amoenus” la cui atmosfera unica è stata catturata da Giorgio Bassani nell’immortale Il giardino dei Finzi-Contini. La mostra è arricchita da un catalogo in italiano e inglese, edito da Sagep con contributi dei più importanti storici dell’architettura e dell’ebraismo.