Le sfide del futuro. Come sarà l’Italia

"L'Occidente si salva solo se scioglie i veri nodi del nostro tempo", spiega Roberto Arditti

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A sinistra: foto © Andrea Di Biagio

Le sfide dell’Italia di domani. Nel suo ultimo libro Roberto Arditti, giornalista di lungo corso, ex direttore del Tempo e attuale direttore editoriale di Formiche, affronta le questioni politico-economico-sociali che impatteranno su Italia ed Europa nei prossimi anni. Nel saggio “Rompere l’assedio”, Arditti analizza con attenzione temi attualissimi e di estrema rilevanza. Come l’importanza di un solido ricambio demografico. Della presenza di un Islam radicale che vuole imporre il Califfato. Del bisogno di indipendenza energetica e di relazioni internazionali sempre più difficili senza una difesa comune. Di chip e tecnologia perché solo restando in prima fila nelle produzioni strategiche si può esistere nella competizione globale. E inoltre di una democrazia sempre più in bilico, senza la quale sarà difficile reggere le sfide attuali.  Che cos’hanno in comune i figli, la politica e le armi? Insieme, rappresentano le sfide che abbiamo davanti, sia come Italia sia come Unione europea. Ma fino a che punto abbiamo consapevolezza della reale complessità di tali sfide? Conosciamo le forze che stanno cambiando lo scenario internazionale con una rapidità mai vista nella Storia? Sappiamo quali sono i fattori decisivi di uno scontro su più livelli che prefigura un secolo assai diverso da quello che avevamo immaginato? Ecco allora il senso del libro di Roberto Arditti, che guarda con occhi italiani (quindi europei, quindi occidentali, quindi “democratici”) al divenire della scena internazionale, cercando di trovare un filo logico tra fatti sempre nuovi e sempre diversi. Per agganciare il futuro, per non farci trovare impreparati.

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Foto di beasternchen da Pixabay

Senso smarrito

“Il nostro è un mondo molto complesso, nel quale succedono cose di grande rilevanza che, a mio avviso, in Occidente vengono percepite in modo troppo attutito, quasi come fossimo un po’ anestetizzati da alcuni decenni di una vita tutto sommato pacifica e priva di grandi rischi -spiega Roberto Arditti-. È un po’ come se avessimo smarrito il senso di una dimensione molto spesso ‘violenta’ della storia e del delirio di certe situazioni internazionali che, fuori dal nostro continente, mantengono quelle caratteristiche”. Nel libro “Rompere l’assedio” (Paesi Edizioni) il direttore editoriale di Formiche analizza le più urgenti e delicate sfide geopolitiche, economiche e sociali da cui dipende il futuro dell’Italia e dell’Europa. “Bisogna fare i conti con le grandi sfide del nostro tempo. Denatalità, immigrazione, depauperamento energetico, costruzione di una difesa comune, nuove istituzioni politiche, spazio e tecnologia”. Tutte questioni politico-economico-sociali che impatteranno su Italia ed Europa nei prossimi anni. “Questo – prosegue il giornalista – è un mondo attraversato da vicende forti, da contrapposizioni dure. Basti vedere cosa è successo dopo il 7 ottobre, con Israele e Palestina. Penso sia arrivato il momento di guardare le cose in giro per il mondo per quello che sono”. Al momento, invece, “manca la consapevolezza sui grandi temi perché abbiamo sviluppato una forma di ‘distanza’ dalle vicende dolorose che, invece, l’orologio della storia sta per riportarci sotto gli occhi”.

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Foto di Paskvi da Pixabay

Sfide e orizzonti

Gli italiani diminuiscono di anno in anno. La popolazione residente è in calo costante. E nel 2023 – anno in cui si sono registrate soltanto 379mila nascita – la popolazione è scesa sotto i 59 milioni di abitanti. Il cosiddetto inverno demografico pesa come un macigno sul futuro del Paese. Occorre invertire la rotta perché “la situazione non può reggere”. Sfide per l’Italia e, più in generale per l’Europa. Il giornalista Roberto Arditti si interroga su temi-chiave del futuro nek saggio “Rompere l’assedio”. L’Occidente “si salva solo se capisce le vere sfide del nostro tempo”, avverte l’autore. La questione demografica, in Italia e non solo, rappresenta il primo grande tema sul quale il giornalista riflette. “Rimane lampante – sostiene – come un pacchetto di aiuti è strumento inevitabile, persino doveroso, per ogni governo, indipendentemente dall’appartenenza politica di chi è al potere”. L’Occidente, però, oltre alla sfida demografica, deve fare i conti con altri due importanti due fronti aperti. Quello delle armi e quello della politica. “E’ arrivato il momento di dire le cose come stanno. La corsa alle armi – osserva Arditti – è, innanzitutto, un progetto di controllo della situazione interna e di proiezione di potenza all’esterno delle numerose autocrazie del mondo che hanno capito un concetto molto semplice. Meglio investire miliardi nella repressione e nell’organizzazione militare dell’uso della forza anziché indire libere elezioni“. Un punto essenziale, questo, alla luce della guerra in Ucraina sferrata dalla Russia e della corsa agli armamenti messa in atto da numerosi Paesi nel mondo.

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A sinistra: la copertina del libro. A destra: Roberto Arditti. Foto: entrambe Paesi Edizioni

Fattori-sfide

Non a caso un capitolo del saggio è intitolato “L’esercito del Modi” e un altro “I tamburi di guerra degli Ayatollah“. “Abbiamo consapevolezza della reale complessità della sfida che abbiamo di fronte? Conosciamo – si chiede Arditti – le forze che stanno cambiando lo scenario internazionale con una rapidità mai vista nella storia? Sappiamo, almeno nei tratti essenziali, quali sono i fattori decisivi di una scontro su più livelli che prefigura un secolo assai diverso da quello che avevamo immaginato?”. Domande che aprono la strada a un’osservazione che mette in evidenza, in fondo, i tanti problemi con cui l’Occidente deve misurarsi in questa fase storica. “La verità – afferma infatti Arditti – è che il quadro non è chiaro nemmeno per gli esperti che spesso riescono a ragionare con lucidità solo per il proprio settore di conoscenza. Ancor meno puntuale è, spesso, la capacità delle classi dirigenti di avere una visione completa o, quantomeno, sufficientemente articolata”. Il volume è stato presentato anche all’aula magna della John Cabot University di Roma dal professor Federigo Argentieri e dalla giornalista Maria Cristina Vicario.