Qual è la situazione oggi dell’inclusione sociale per i non udenti e come potrebbe migliorare la loro qualità di vita?
“La sordità è una disabilità che non si vede, viene definita una disabilità invisibile, e proprio per questo motivo se ne sottovalutano spesso la gravità e le conseguenze socio-culturali e comunicative che possono condurre a discriminazione ed emarginazione”.
Interris.it racconta quotidianamente i disagi di persone con disabilità. Può farci degli esempi concreti di lacune del sistema Italia nel sostegno alla sordità?
“Pensiamo agli annunci in una stazione ferroviaria sui cambi last minute di un treno, alla mancanza di servizi di assistenza scolastica strutturati e continuativi (a scuola, ad esempio, la figura dell’assistente alla comunicazione non avuto ha ancora un riconoscimento giuridico) alle tante difficoltà a trovare un lavoro, fare carriera o frequentare un’università o all’assenza o scarsa qualità dei servizi di sottotitolazione in tv, al cinema, al teatro”.
Quali sono le maggiori difficoltà?
“Le persone sorde trovano difficoltà anche in luoghi fondamentali per garantire i diritti di ogni cittadino, come nei tribunali o nei pronto soccorso. Insomma, la situazione attuale per l’inclusione delle persone sorde non è buona, ma porre rimedio a tutte queste carenze è possibile, non solo aumentando la quantità e la qualità dei servizi di assistenza ma soprattutto sensibilizzando sempre di più le Istituzioni al fine di prevenire discriminazioni già nel momento in cui si avvia un servizio o si allestisce un ambiente, progettando con attenzione, in linea con principi e le buone prassi consolidate in altri paesi e rispettando i dettami della Convenzione Onu sui Diritti delle Persone con Disabilità (legge numero 18 del 3 marzo 2009).
Come si colloca l’Italia nel quadro internazionale della ricerca scientifica sul supporto ai non udenti e quali barriere pratiche e di mentalità vanno ancora abbattute?
“Abbiamo avuto modo di tracciare il quadro scientifico aggiornato sulla sordità e tutti gli aspetti (medici, psicologici, educativi e riabilitativi) correlati proprio qualche giorno fa a Napoli nella terza Conferenza nazionale sulla sordità. Si è parlato ad esempio, grazie ad esperti, professionisti, professori universitari, operatori sanitari e membri delle Istituzioni, di screening neonatale, diagnosi precoce, prevenzione, lingua dei segni, bilinguismo bimodale, prospettive riabilitative per i bambini sordi, cultura e identità sorda, ricerche genetiche sulla sordità, tecnologie necessarie all’assistenza, interventi e ausili, come l’impianto cocleare, le protesi impiantabili e le protesi acustiche, divenute veri e propri minicomputer auricolari, e della possibile e auspicabile convivenza e cooperazione tra Ic (il certificato di interpretazione) e la lingua dei segni”.
Qual è il modo più efficace per cooperare con le istituzioni ?
“Abbiamo provato a delineare le prospettive future della comunità sorda tra progresso scientifico e tutela sociale, cercando di far emergere tutta la complessità e multidimensionalità della sordità e la necessità di adottare un approccio integrato. Crediamo, infatti, che la reale inclusione non passi da pregiudizi o inutili antagonismi, ma da una corretta e continua informazione, dal mettere la persona e i suoi bisogni specifici al centro dell’attenzione e dal garantire alle cittadine e ai cittadini sordi tutti i percorsi, gli strumenti e le scelte comunicative per crescere in autonomia, autodeterminarsi e realizzare pienamente se stessi. Quest’ultimo punto per noi è particolarmente importante”.
Perché?
“Negli ultimi 18 mesi abbiamo girato l’Italia con AccessibItaly, progetto co-finanziato dal ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, che aveva proprio questo obiettivo, la partecipazione attiva delle persone sorde alla vita culturale e sociale del Paese attraverso una serie di visite guidate accessibili alla scoperta dei borghi più belli e dei quartieri multiculturali delle nostre città. Per realizzare questa ambizione è necessaria una nuova cultura dell’accessibilità, che non deve essere più vista come un’opzione ma come un diritto da garantire, e una nuova prospettiva sulla sordità e più in generale sulla diversità, da mancanza o limite a semplice condizione di vita”.
Quanto conta la capacità di fare rete a livello internazionale?
“Molto. L’Ens (Ente nazionale sordi) è membro della European Union of the Deaf, con cui sta per avviare il progetto “Famiglie al Centro” dedicato all’avvicinamento alla lettura per i bambini sordi, finanziato da Huawei, azienda molto attenta su questo tema. È anche membro della World Federation of the Deaf e dell’European Disability Forum, attivi nell’ambito del monitoraggio dell’attuazione delle politiche in tema di disabilità”.
Cosa chiedete alle istituzioni sotto il profilo del sostegno delle persone non udenti?
“Una delle battaglie che l’Ens porta avanti da anni è quella del riconoscimento a livello nazionale della Lingua dei Segni Italiana, con manifestazioni, convegni, cortei e iniziative di ogni genere. Sono passati 10 dalla ratifica da parte dell’Italia della Convenzione Onu sui Diritti delle persone con disabilità, un documento di grandissima importanza che nell’articolo 21 impegna gli Stati Parti a riconoscere e promuovere l’uso delle lingue dei segni”.
L’Italia è in ritardo?
“Sì. L’Italia è rimasto l’unico Paese in Europa a non aver riconosciuto la lingua dei segni, nonostante la Lis sia una vera e propria lingua con sue regole grammaticali, sintattiche, morfologiche e lessicali, utilizzata da più di 40mila persone sorde segnanti, migliaia di udenti che la imparano per ragioni di lavoro o personali e da tutte quelle persone con disturbi nel linguaggio che la usano per comunicare. Inoltre, due anni fa l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha decretato il 23 dicembre come la Giornata Internazionale delle lingue dei segni con l’obiettivo di ricordare al mondo la necessità di riconoscere, promuovere e proteggere le oltre 300 differenti lingue dei segni nel mondo”.
Perché è un passaggio così importante?
“Questa risoluzione promuove il riconoscimento legale delle lingue dei segni nazionali (equiparate alle lingue nazionali parlate e scritte) per proteggere la diversità linguistica ed evidenzia la necessità di prevedere servizi accessibili, un’esposizione precoce e stabile alla lingua dei segni nazionale e un’educazione di qualità in un’ottica bilingue (lingua dei segni e lingua nazionale) per garantire il pieno sviluppo e la piena realizzazione dei diritti umani delle persone sorde”.
Su cosa il nostro Paese deve ancora fare dei progressi?
“È arrivato il momento da parte dello Stato italiano di cancellare questo imperdonabile ritardo con una legge di civiltà e uguaglianza che garantirebbe finalmente i diritti di cittadinanza di tutte le persone sorde. il riconoscimento, infatti, non toglierebbe nulla a nessuno e certificherebbe l’esigenza di un approccio integrato alla sordità che metta al centro di tutto la persona nella sua unicità e globalità. Altre battaglie fondamentali sono l’aggiornamento sistematico e continuo dei Lea ( i livelli essenziali di assistenza), l’accessibilità dell’informazione nelle reti pubbliche e private, l’istruzione e il collocamento, tutti ambiti su cui c’è veramente tanto da fare”.