Il Senegal, è sempre stato un Paese famoso per la sua stabilità democratica tra i fragili contesti istituzionali che predominano in Africa. Attualmente però, questa Nazione, si trova in una fase alquanto difficile della sua storia politica, a seguito della contesa decisione del presidente Macky Sall di rinviare le elezioni presidenziali, inizialmente previste per la fine di febbraio 2024, al 15 dicembre 2024. Ciò ha scatenato una serie di proteste di piazza che hanno evidenziato alcuni punti deboli della democrazia del paese e sollevato interrogativi a livello internazionale concernenti la stabilità dell’intera regione. Interris.it, in merito alla situazione attuale del Senegal e ai possibili scenari geopolitici futuri, ha intervistato il dott. Luca Mainoldi, africanista dell’Agenzia Fides.
L’intervista
Dottor Mainoldi, recentemente il Parlamento del Senegal ha approvato il rinvio delle elezioni presidenziali previste il 25 febbraio al 15 dicembre. Cosa significa questo per il Paese? Come ha influito sulla situazione interna?
“La decisione che è stata presa è un po’ complessa. È nata ufficialmente da un problema sollevato dalla Corte Costituzionale che ha respinto una serie di candidature per la presidenza in occasione delle elezioni che si sarebbero dovute tenere il 25 febbraio. A seguito di ciò e alla messa in stato di accusa di alcuni giudici per corruzione, il presidente, in un primo momento, ha deciso di rinviarle sine die ma, in seguito, c’è stato un voto del Parlamento, il quale ha deciso che si terranno il prossimo 15 dicembre. Questa è la versione ufficiale. L’opposizione però, dal canto suo, ha sostenuto una diversa ipotesi. Occorre considerare che, l’attuale presidente, non può ripresentarsi per un terzo mandato e, pur avendo egli il suo candidato di fiducia nell’attuale primo ministro, il quale appare molto debole. Da più parti pertanto, si ipotizza che Macky Sall abbia voluto fermare il processo elettorale per poi verificare in che modo sia possibile rafforzare la sua parte politica. Il sospetto più grande invece, è che il presidente voglia rimanere al potere. Il Parlamento ha prolungato il suo mandato, in scadenza il prossimo due aprile, fino ai primi giorni del 2025, ovvero nel momento in cui dovrebbe esserci il passaggio di poteri con il suo successore che sarà eletto il 15 dicembre. Tutto ciò ha innescato una serie di proteste molto forti, sia da parte dei partiti dell’opposizione, ma soprattutto dai giovani, i quali sono scesi in piazza e, in seguito a questo, ci sono stati vittime e arresti. In questo frangente, la polizia e la gendarmeria locale, sono state accusate di aver utilizzato il pugno duro per reprimere le manifestazioni di protesta. Ad oggi, quindi, il Senegal corre il rischio di entrare in una spirale molto lunga di violenze e di scontri di piazza”.
In che modo l’attuale crisi potrebbe minacciare la democrazia e l’economia del Paese?
“Se le proteste continuano c’è il rischio che, il Senegal, entri in una spirale di instabilità che, chiaramente, potrebbe avere delle conseguenze sull’economia. Al momento, si sta cercando di mediare ma, se dovesse essere stabilito che, la decisione di rimandare le elezioni, non ha un fondamento costituzionale, potrebbero venire imposte delle sanzioni economiche. Questi aspetti però sono ancora in divenire e non penso che accadranno perché, a mio avviso, aggraverebbero una situazione già di per sé molto precaria”.
Quale ruolo riveste e ha rivestito la Francia in questo contesto in qualità di ex potenza coloniale?
“La Francia ormai, ad oggi, è il capro espiatorio per tutte le crisi che si verificano in questi paesi. Parigi indubbiamente ha avuto un ruolo molto importante nelle ex colonie e non sempre positivo, soprattutto dal punto di vista della parte più giovane della popolazione di queste società africane. Il Senegal riveste certamente un ruolo molto importante. Basti pensare che, ancora adesso, sono stanziate in loco delle truppe militari di Parigi e, di conseguenza il paese, insieme alla Costa d’Avorio, rappresenta uno dei ridotti militari francesi per quanto riguarda l’Africa occidentale. A tal proposito, bisogna ricordare che, la Francia, ha dovuto evacuare i propri contingenti dal Mali, dal Burkina Faso e dal Niger, ovvero dai quei paesi sono susseguiti gli ultimi colpi di Stato. I francesi stanno seguendo molto da vicino ciò che sta accadendo in Senegal ma, al momento, quelle in corso, sembrano ancora dinamiche molto locali e strettamente incentrate su fatti circostanziati. La Francia però, può servire come fattore di mobilitazione per le piazze contro il presidente Macky Sall”.
In che modo, l’attuale situazione del Senegal, può influire su quella degli altri Paesi della regione?
“Il Senegal ha sempre costituito un faro per la democrazia in questa parte del mondo. Non si è mai verificato un golpe militare nel paese ed è chiaro che, le turbolenze in atto, rischiano di creare ulteriore instabilità nell’intera regione. In quest’area, si sono già verificati quattro colpi di Stato, ovvero in Mali, Burkina Faso, Niger e nella Guinea Conakry. Aggiungere instabilità in Senegal, da sempre considerato una democrazia solida che, tra l’altro, ha sempre mediato per la risoluzione di altre crisi locali, rischia di creare ulteriore caos e rappresenta un problema per tutti”.