Alla scoperta dell’Armenia: una perla tra i mondi del Caucaso

Khor Virap - Foto di Giorgio Arconte

L’Armenia è una piccola nazione che ha raggiunto la sua indipendenza appena trent’anni fa dopo epoche di varie dominazioni straniere, l’ultima quella sovietica. Ma l’Armenia è anche un popolo atavico, una civiltà millenaria di origine indoeuropea e dall’identità forgiata su secoli di espressione culturale e di lotta per la sopravvivenza. Benché incastrata fra i monti del Caucaso e geograficamente non vicina, questa terra ha molti legami con l’Italia e può essere considerata a tutti gli effetti come la frontiera più orientale di un’Europa dei Popoli.

Parco della Vittoria in Armenia – Foto di Giorgio Arconte

Primo popolo cristiano della storia

Mentre nei primi secoli il Cristianesimo si diffondeva lentamente attraverso il sangue dei martiri, nel 301 d.C. Tiridate III, sovrano del regno di Armenia, a seguito di un evento miracoloso per intercessione di San Gregorio l’Illuminatore, abbraccia il Vangelo e ne fa diventare per la prima volta nell’umanità la religione di Stato. Questo evento segnerà profondamente l’anima e la storia del popolo armeno che ha assunto il Cristianesimo come fosse lo stesso colore della sua pelle e che nemmeno le persecuzioni ottomane né quelle sovietiche sono riuscite a sbiadire.

Fra Khachkar e monasteri qui le pietre parlano

Il rapporto Armenia e Cristianesimo non è scandito semplicemente dalla striscia di sangue lasciata dai tanti martiri ma si è manifestato anche con la presenza di due elementi artistici, monumentali e spirituali. Il primo sono i khachkar, ovvero croci votive scolpite dentro la pietra con ricche decorazione. Questo forma artistica è unica di questa nazione e la si trova in ogni angolo che se ne percorre a perenne esortazione della propria religiosità e identità. Il secondo sono i tanti e suggestivi monasteri (alcuni patrimonio Unesco) disseminati su tutto il territorio, espressione di un’anima profondamente mistica ma anche della ricchezza culturale di questo popolo.

L’attraente natura del Caucaso

Girare l’Armenia significa fare un’affascinante immersione nella storia ma anche attraversare altipiani, gole e canyon di carismatica bellezza. I monti del Caucaso si aprono a scenari che lasciano incantati per la rigogliosa varietà paesaggistica presente in ogni diversa provincia e che insieme alla copiosa presenza di acqua (che alimenta fontane disseminate ovunque) offrono spettacoli meravigliosi come quello delle cascate di Shaki, anche queste avvolte dalla leggenda.

Le cascate di Shaki – Foto di Giorgio Arconte

La tragedia del genocidio armeno

Una drammatica pagina di storia che ancora viene negata, ma che ha ferito terribilmente questo popolo, è l’opera di pulizia etnica perpetrata fra il 1915 e il 1918 a opera dei turchi-ottomani e che ha portato allo sterminio di ben un milione e mezzo di armeni. Chiunque voglia davvero immergersi in questo dolore e voglia esprimere la propria solidarietà, deve visitare il Tsitsernakaberd, la “collina delle rondini” dove nel silenzio si alza l’urlo doloroso del monumento ai martiri del genocidio.  La memoria è giustizia, si spera possa essere presto anche fonte di conciliazione e di pace.

Il Tsitsernakaberd – Foto di Giorgio Arconte

L’Artsakh (Nagorno Karabakh) e la guerra che continua

L’Armenia è stretta a tenaglia a Occidente dalle ostilità turche mentre a Oriente dalle aggressioni azere. L’origine di questo perenne conflitto è sicuramente storico-etnico, si trascina dall’Impero ottomano, passa per il genocidio, fino ad alimentarsi ai giorni nostri per il controllo dell’Artsakh. Questa regione dove ogni singola pietra parla armeno, negli anni ’20 è stata arbitrariamente ceduta da Stalin all’Azerbaijan per normalizzare i rapporti con la Turchia ma facendone di fatto una turbolenta enclave armena in terra straniera. Con lo scioglimento dell’Unione Sovietica, l’Artsakh (intanto divenuto oblast autonomo nell’URSS) ha proclamato la propria indipendenza raggiunta con il sacrificio di una guerra che ha animato i primi anni ’90 e che si concluse con una schiacciante vittoria armena benché la comunità internazionale non riconobbe mai il nuovo Stato. Nell’autunno scorso le forze militari azere, con una pesante offensiva hanno rioccupato 2/3 della regione rovesciandone completamente gli equilibri. Nonostante il cessate il fuoco mediato dalla Russia, questo conflitto è destinato a riaccendersi presto nell’indifferenza di un Occidente molto attento ai diritti umani ma solo quando non disturbano i suoi interessi legati al petrolio e al gas, nella fattispecie quelli azeri che fruttano l’uso di armi non convenzionali, il dispiegamento di mercenari jihadisti e soprattutto il silenzio della comunità internazionale.

Armenia, sorella d’Italia

Una piccola curiosità è sapere che Casa Savoia, seppur formalmente, detiene ancora il titolo di sovrana dell’Armenia e fa pensare quanto questo popolo così lontano sia in realtà profondamente legato con l’Italia. Ci sarebbe tanto da scrivere in merito, dalle comunità della diaspora arrivate sulla nostra penisola per sfuggire al genocidio armeno, dall’isola di San Lazzaro a Venezia che ospita l’ordine dei mechitaristi, dalle testimonianze archeologiche, monumentali e linguistiche che hanno lasciato gli armeni durante il medioevo quando difendevano le coste dell’Italia bizantina dalle incursioni saracene, dalle oltre cento aziende italiane che continuano a investire in questa terra. Un rapporto così ricco che di fatto rende l’Armenia una storica sorella del Belpaese, benché trascurata.

Trincea nella guerra del sangue contro l’oro

La civiltà armena è millenaria, ha affrontato secoli di prepotenze straniere senza mai lasciarsi assorbire (e così morire), è rinata dopo un genocidio che ne aveva decimato la popolazione, ha resistito alla violenza sovietica. L’Armenia sa che da sempre deve sopravvivere e anche oggi è così. La sua forza risiede in una profonda coscienza nazionale forgiata dalla lotta e maturata dall’amore per la propria identità. Lo spirito armeno è espressione di una spiccata sensibilità artistica e culturale, rafforzato da un’autentica religiosità, che ha consentito a questo popolo di avvinghiarsi al proprio patrimonio identitario per affacciarsi sul terzo millennio ancora integro. Ma le nuove sfide sono ancora più impegnative perché oggi il nemico è immateriale, si presenta con i volti affascinanti e menzogneri di “progresso” e “globalizzazione”. Ma per i nuovi sacerdoti arcobaleno non sarà facile travolgere e livellare ai grigi canoni del consumismo questa terra che si regge ancora sulla solidità delle proprie famiglie, focolari di amore, baluardo della tradizione, eredità per le generazioni.

Giorgio Arconte: