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Scampia: dare dignità a chi ha perso la propria casa

Ida Nunziante di Croce Rossa racconta ad Interris.it i suoi giorni tra gli abitanti della Vela Celeste

I cittadini di Scampia non potranno facilmente dimenticare il boato del crollo del ballatoio nella Vela Celeste, avvenuto lo scorso 24 luglio. Una tragedia che ha causato la morte di tre persone, la perdita della casa per molti cittadini e lo spavento di tutti coloro che vivono all’interno dell’edificio

La Croce Rossa

La Croce Rossa Italiana, attraverso i comitati di Napoli, Napoli Nord, Maddaloni e Vairano è subito scesa in campo per aiutare la popolazione coinvolta. Il presidente Rosario Valastro ha detto “Siamo a disposizione, qualora necessario, per incrementare la nostra presenza sul territorio ed aiutare la popolazione ad affrontare le paure e le conseguenze di questo momento”.

L’intervista

Interris.it ne ha parlato con Ida Nunziante, delegata all’inclusione sociale del comitato Croce Rossa di Napoli, che sta coordinando le attività, anche di tipo psicologico, a favore dei tanti sfollati della vela.

Ida, che sentimenti vivono queste persone?

“L’incertezza di non sapere che cosa accadrà domani e come cambierà la loro vita. Stiamo parlando di abitazioni che, anche se nella maggior parte dei casi avevano dei problemi strutturali, rappresentavano la loro comfort zone. Il distacco dalla propria storia fa male e provoca stress e momenti di tensione”.

Molti sfollati si trovano nei locali della vicina Università Federico II. Qui sono riusciti a trovare un luogo sereno in cui trascorrere queste settimane?

“Sicuramente si tratta di un aiuto per ripartire, ma non è facile condividere lo spazio per molti giorni con altre persone mai viste prima. A questa difficoltà si somma poi il peso di non sapere che cosa ne sarà del proprio futuro. Quando accadono avvenimenti come questi, non è solo importante avere un tetto sotto cui trascorrere la notte, ma anche trovare qualcuno disposto ad ascoltare le proprie paure e necessità”.

Come stanno i bambini e i ragazzi?

“All’improvviso sono stati catapultati in una quotidianità diversa da quella che sono solitamente abituati a vivere. Il tempo ha il sapore della monotonia e per questo una delle prima azioni che abbiamo intrapreso è quello di riempire le loro giornate con attività di vario genere. In questo modo aiutiamo anche i genitori a trovare del tempo per se stessi e per metabolizzare quanto è accaduto”.

Quando pensiamo a Scampia si pensa sopratutto alla malavita. Qual è l’immagine che lei si è fatta?

“Si tratta di una realtà che io non conoscevo affatto e che mi ha sorpreso positivamente. In queste settimane le donazioni, anche di privati cittadini, sono state molte, ma le persone di Scampia non hanno voluto per se qualsiasi cosa. Molti dei beni donati infatti, erano alimenti freschi e per questo, quando erano troppi sono stati suddivisi anche tra le case famiglia, le parrocchie o tra i clochard della città. Questo gesto di condivisione mette in risalto l’umanità di queste persone”.

Che augurio fa ai tanti sfollati che sta incontrando in questi difficili giorni?

“Noi stiamo lavorando molto per dare loro dignità e speranza. Alcuni di loro, ci hanno chiesto di aiutarci e si sono iscritti a Croce Rossa. Io mi auguro che questa esperienza, dopo essere stata totalmente metabolizzata, possa portare a un cambio totale di vita, dedita all’altro. Tutto dipende se con queste macerie si intende costruire qualcosa di utile, oppure si preferisce lasciarle a terra. Il mio più grande augurio è che venga presa in considerazione la prima opzione e che molti di loro abbiano una rinascita”.

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