Una chiamata all’azione in favore della salute del pianeta, la nostra “casa comune”, come l’ha definita papa Francesco, che mette al centro le nuove generazioni, vere protagoniste del presente e del futuro della Terra. In occasione della cinquantaduesima edizione della Giornata mondiale della Terra, infatti, il 22 aprile, si svolge a Roma, nella “Nuvola” progettata dall’architetto Massimilano Fuksas, la terza edizione della maratona multimediale #OnePeopleOnePlanet, preparata da Earth Day Italia, sede italiana dell’organizzazione non governativa statunitense Earth Day, e dal Movimento dei Focolari. Un evento che, dalle 8:30 del mattino fino alle 22:30, sarà trasmesso in diretta streaming su Raiplay, in cui si susseguiranno e si alterneranno panel tematici, incentrati sui giovani, la scienza e la divulgazione, il dialogo interculturale e la partnership tra i popoli, lo sport e l’arte, lo sviluppo sostenibile, e ospiti come il presidente della Comunità di Sant’Egidio Marco Impagliazzo, il giornalista, inviato ed esperto di esteri, Alberto Negri, l’attore e Ambassador Earth Day per la mobilità Raul Bova, l’ex pallavolista azzurro Andrea Lucchetta, il fondatore di Libera don Luigi Ciotti, l’ex ministra della Cultura Giovanna Melandri e i ministri Enrico Giovannini, del dicastero delle Infrastrutture e della Mobilità sostenibili, e Roberto Cingolani, titolare di quello della Transizione ecologica. Questi ultimi tre interverranno all’interno di Futura Talk, moderato dal giornalista Riccardo Luna.
Quadro generale
Non da oggi, i dati scientifici lo dimostrano, il nostro pianeta subisce gli effetti di tre crisi tra loro strettamente interconnesse, ovvero il cambiamento climatico, l’inquinamento, la perdita della biodiversità. Tra le cause scatenanti ci sono l’uso di combustibili fossili e le conseguenti emissioni di anidride carbonica, la deforestazione, il consumo del suolo, l’agricoltura e la zootecnia intensive. Gli effetti sono gli eventi climatici estremi, la desertificazione, gli oceani più inquinati, più caldi e più acidi, il rischio di estinzione delle specie viventi. Le Nazioni unite hanno osservato che, in un pianeta che già oggi perde ogni anno una superficie di foreste più grande dell’intera Danimarca, circa un milione di specie di esseri viventi, tra animali e piante, siano a rischio estinzione. Secondo il report del Programma ambientale dell’Onu (Unep) Making Peace with Nature l’inquinamento uccide prematuramente circa 9 milioni di persone ogni anno. Un altro risultato dei danni agli ecosistemi è la maggior diffusione degli agenti patogeni, che rappresentano un rischio per la nostra salute. In questo quadro, negli anni si sono susseguiti incontri, conferenze e vertici in cui i capi di Stato e di governo si impegnavano a correre ai ripari, fissando tappe e obiettivi nel contrasto al cambiamento climatico. Sette anni fa, con gli Accordi di Parigi, si raggiunse l’intesa sull’obiettivo di mantenere il riscaldamento ben al di sotto dei 2° e cercare di limitare l’aumento a 1,5°. L’Unione europea ha poi presentato la sua strategia di riduzione delle emissioni del 55% entro 2030, rispetto ai livelli del 1990. Ma la recente Cop26, tenutasi a Glasgow nell’autunno del 2021, non ha rappresentato un significativo passo in avanti su questo fronte.
L’intervista
Per conoscere meglio l’iniziativa #OnePeopleOnePlanet, Interris ha intervistato il presidente di Earth Day Italia Pierluigi Sassi.
Presidente, qual è lo “stato di salute” del nostro pianeta?
“La definirei una situazione degenerativa. A livello internazionale abbiamo cominciato a ragionare su temi come la sostenibilità nel 1992 al Summit della Terra di Rio de Janeiro, la prima conferenza mondiale dei capi di Stato sull’ambiente. All’epoca le evidenze scientifiche ci dicevano che l’obiettivo per il contrasto al cambiamento climatico era quello non superare le 400 parti per milione, invece siamo a 420, superando così la soglia di sostenibilità. Per questioni climatiche l’ambiente si desertifica, le persone emigrano, gli esseri viventi muoiono, ma nonostante si siano tenute 26 conferenze sul clima, le emissioni non son diminuite ma anzi aumentate. Questo accade perché c’è un problema di ‘sistema’: ci riuniamo come Onu, ma l’organizzazione non ha potere bensì lo hanno i singoli Paesi. Per cui, quando ci si riunisce per stabilire di diminuire le emissioni di CO2, singoli Stati cercano di far sì le soluzioni individuate non impattino sulla loro economia. La nostra speranza risiede allora nel cambiamento che parte dal basso”.
Cosa possono fare allora i cittadini?
“La differenza la possiamo essendo consapevoli dell’importanza che ha ogni singola nostra azione. Dobbiamo cambiare il nostro stile di vita, consumando beni stagionali, locali, prodotti in modo sostenibile, o facendo scelte di responsabilità sociale come l’autoproduzione o gli orti urbani. Anche la grande distribuzione organizzata sta attuando politiche di sostenibilità rigorose, che devono essere rafforzate dalle nostre scelte. Nel 2015 papa Francesco ha promulgato la sua seconda enciclica, la Laudato Si’ e sulla base di quei temi sono stati posti i 17 Obiettivi di Sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 delle Nazioni unite e raggiunto l’accordo a Parigi, sul clima, nel 2016. Oggi, di fronte ai risultati dei negoziati sul clima, il Papa invita anche le persone ad agire, non da sole ma insieme, a formare una massa critica capace di imprimere un’accelerazione esponenziale alla transizione ecologica.
Lei ritiene che l’“ecologia integrale” sia la nostra “bussola”?
“Il termine, coniato dal pontefice nella tradizione della dottrina sociale dello sviluppo umano integrale, rende la questione ambientale concretamente connessa con quella economica e quella sociale. Osservando i 17 obiettivi dell’Agenda 2030 capiamo che ogni problema è legato a un altro, per via del sistema tecnocratico imperante che si riverbera su quelli sociale e ambientale”.
La “maratona multimediale” per la Terra è stata declinata sotto diversi aspetti. Per cominciare, ci può illustrare quello legato ai giovani?
“SI tratta senza dubbio categoria protagonista transizione ecologica, noi gli stiamo dando in ‘regalo’ un pianeta disastrato mentre loro rivendicano il diritto di avere un futuro. I giovani sono innocenti rispetto alla questione climatica, possono guardare negli occhi i genitori e dire loro di smettere di produrre come se le risorse del pianeta fossero infinite. I giovani sono inoltre naturali innovatori intergenerazionali e possono diventare dei decision maker. Dobbiamo per questo formarli come dei nativi ecologisti. A questo proposito, lo scorso anno si è tenuta anche la prima Cop dei giovani e noi abbiamo accompagnato circa 30 organizzazioni. Abbiamo anche lanciato ‘Call for Earth’, invitiamo cioè i giovani a presentare dei progetti e A provare a immaginare delle soluzioni per la questione ambientale, sociale e lavorativa. Noi da parte nostra noi cercheremo di accompagnare, finanziare, questi progetti e abbiamo stretto accordi con delle realtà, tra cui il Mit di Boston, per aiutare la nascita di una trentina di giovani start up da accompagnare alla prossima conferenza che si terrà in Egitto”.
Un altro dei moduli dell’evento è dedicato alla scienza, un ambito molto “tecnico” eppure fondamentale nella lotta al cambiamento climatico. Come pensa che la scienza possa riuscire ad ampliare il suo pubblico?
“In Italia la divulgazione scientifica non è mai stata nella comunicazione mainstream, ma sta imparando a comunicare in una maniera più pop. L’atteggiamento scienza è quello della ricerca, del porsi domande le cui risposte si possono interpretare. Nel nostro panel cerchiamo di entrare nel mondo dell’informazione per capire come la divulgazione scientifica possa conquistare il cuore della gente”.
Strettamente connesso al discorso scientifico, c’è quello tecnologico. Quale punto di vista offrite sul tema dello sviluppo?
“Oggi osserviamo che, mentre la transizione ecologica viaggia lentamente, la transizione digitale va veloce, persino troppo veloce, e perde contatto con la natura. Ritengo che abbiamo invece bisogno di uno spazio mentale per riflettere sull’innovazione, per elaborare le novità tecnologiche in modo da adattarle a migliorare la nostra vita piuttosto che a peggiorarla. Il nostro panel è un momento per fare cultura sull’innovazione, per poter scegliere la buona innovazione e accelerare la transizione ecologica”.
Qual è invece il legame tra lo sport e l’ambiente, uno altro dei temi della maratona multimediale?
“Lo sport è un grande veicolo dei valori sostenibilità e di quella della pace e della vita contro la guerra. Lo sport e l’ambiente, così come l’arte, possono ridare senso alla vita. Basti pensare ai parchi urbani: un luogo in cui si possono recuperare le pratiche sportive e i valori ambientali nel in un contesto cittadino”.
A proposito di pace, nel vostro evento non manca uno spazio dedicato al dialogo interculturale. Presenterete infatti il documentario “Mediterraneo frontiera di pace”, prodotto da Entopan e da #OnePeopleOnePlanet in collaborazione con la Conferenza episcopale italiana. Di cosa parla?
“Ci siamo ispirati all’evento tenutosi a Firenze lo scorso febbraio, che ha interessato 60 sindaci e 60 vescovi dei paesi dell’area mediterranea e li fatti incontrare e parlare di pace. Abbiamo deciso di realizzare questo documentario per mettere in evidenza, attraverso tante testimonianze, l’impegno di chi ogni giorno cerca di difendere la pace e di ‘far crescere la foresta’.