“Non stancatevi di rivolgervi verso il Cielo: il mondo ha bisogno della preghiera”. Parole di mandato, di augurio, di affetto paterno. Era il 26 maggio del 2012 ma è come fosse ieri l’altro. Benedetto XVI incontrava il Rinnovamento nello Spirito Santo sotto il sole di Piazza San Pietro, abbracciando un popolo in lode. Pronto ad accogliere l’invito del Pontefice a farsi testimoni della gioia dell’evangelizzazione ma anche “della fede in Cristo”, della “bellezza di essere discepoli di Cristo” e della “potenza d’amore che il suo Vangelo sprigiona nella storia”. Senza cedere “alla tentazione della mediocrità e dell’abitudine”. Perché il papa Benedetto XVI, da uomo di fede ma anche di cultura, ha lasciato un mandato preciso all’uomo del nostro tempo: guardarsi dalla tentazione di lasciarsi trasportare dai cambiamenti epocali, rammentando costantemente la centralità dell’uomo nel Creato. Rendendosi aperto all’azione di per sé “rinnovatrice” dello Spirito Santo.
Un mandato consegnato tanto alla Chiesa quanto ai laici, la cui azione non mancò mai di sostenere. Nella convinzione che la grazia abbia bisogno di “cristiani con le braccia alzate verso Dio nel gesto della preghiera”. Salvatore Martinez, Presidente del Rinnovamento nello Spirito Santo, per nomina di Benedetto XVI è stato Consultore del Pontificio Consiglio per i Laici, del Pontificio Consiglio per la Famiglia, del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione e Presidente della Fondazione Vaticana “Centro Internazionale Famiglia di Nazareth”. E, a Interris.it, ricorda la figura del Pontefice come quella di “un uomo buono, di un vero discepolo e apostolo del Cristo”.
Benedetto XVI, da profondo e brillante uomo di sapienza, ha istituito un magistero fondato sull’umiltà, la discrezione ma anche la forza della parola, utilizzata per ricordare anche l’importanza delle tradizioni secolari della Chiesa. Il tutto senza mai improntare la sua dottrina sul conservatorismo. Di fatto richiamando alla centralità di alcuni aspetti teologici e liturgici, invitando al contempo a tenere uno sguardo attento sui cambiamenti. In questo senso, il suo Pontificato può essere definito quello di effettivo passaggio nell’era della contemporaneità e del mondo nuovo?
“‘La fede in Dio amore’ Riassumerei con questo motto il Magistero del teologo e pastore Joseph Ratzinger, certamente tra le personalità di massimo rilievo del Novecento cristiano. Un gigante nel pensare la fede alla fine di un Millennio, che nelle vesti di Successore di Pietro si ritroverà inaspettatamente a introdurre la Chiesa nel nuovo Millennio. Un uomo che, superati i 75 anni, si preparava a entrare nei panni di ‘cardinale emerito’, pensando di poter dedicare gli ultimi anni della sua vita a ‘rassettare le reti’ della sua sconfinata produzione letteraria, in vista di un’opera omnia dei suoi scritti. La Provvidenza aveva altri piani su di lui, così che nei circa otto anni del suo Pontificato, Benedetto XVI proporrà una ‘sintesi teologica’ di un Magistero complesso e chiaro al contempo, articolato e dinamico insieme, che affonda le Sue radici nello spirito e nella lettera del Concilio Ecumenico Vaticano II; un Magistero che ha interpretato e riproposto con rara intelligenza e coerenza le istanze di rinnovamento e di riforma chiaramente poste dai pontefici Giovanni XXIII e Paolo VI”.
Ne è nata una riflessione importante, non solo sulla Chiesa ma anche sulla fede…
“Modernità e tradizione si sposano in Benedetto XVI ancor più che nel suo predecessore Giovanni Paolo II, di cui seppe essere fedele consigliere, esegeta e interprete. Se Paolo VI aveva posto ai credenti la domanda fondamentale ‘Chiesa, cosa dici di te stessa?’ e Giovanni Paolo II ‘Chiesa, cosa dici dell’uomo?’, l’assunto chiave di Benedetto XVI è stato: ‘Chiesa, cosa dici della tua fede?’. Benedetto XVI coglie prima di altri e più di altri la profonda crisi spirituale che il Cristianesimo di fine millennio vive e si preoccupa di ri-declinare la fede in dialogo, senza trascurare alcun ambito dello scibile, alcun contesto religioso, umano e sociale di riferimento, con una ecclesiologia non più soltanto ‘cristologica’, ma ‘pneumatologica’, come Paolo VI aveva raccomandato – inascoltato – a conclusione del Concilio. Trovo qui l’originalità del ministero petrino di Ratzinger, il quale si preoccuperà di testimoniare una vera apertura allo Spirito nell’interpretare i ‘segni dei tempi’, ispirandosi alla tradizione dei Padri della Chiesa. Per averne contezza, basterebbe rileggere ‘il testo improvvisato’ con il quale Benedetto XVI apre la prima sessione del Sinodo sulla Nuova Evangelizzazione, nel 2012, mettendo da parte il testo ‘ufficiale’ già preparato. Partecipavo a quel Sinodo come uditore invitato dal Pontefice e fu una straordinaria lezione di umiltà e di sottomissione allo Spirito quella che ricevemmo dal Papa. Del resto, non è un caso che le sue encicliche – l’ultima sulla fede, di fatto, scritta a ‘due mani’ con Papa Francesco – riguardino le 3 virtù teologali. In definitiva: la fede in Gesù, che spera le realtà celesti e che si incarna in una meravigliosa esperienza d’amore e di carità che nessuno esclude e che tutti salva. Ho sempre sostenuto, e mi fa piacere che qualcuno in queste ore lo sottolinei, che bisognerebbe ascrivere Benedetto XVI al rango di ‘padre della Chiesa’”.
Sulla scia del Concilio Vaticano II, Benedetto XVI ha incentrato il suo Pontificato su aspetti molteplici, consegnando al mondo l’immagine di una Chiesa sempre più aperta al dialogo, all’ascolto, all’interazione diretta. Senza dimenticare di lasciare un monito perenne sul rischio che i cambiamenti sociali sviino l’uomo dalla sua centralità nel Creato, in luogo di un’eccessiva “affezione” al materialismo. L’enciclica Caritas in Veritate fornisce una guida sulla necessità di conciliare lo sviluppo umano con una visione focale sulla propria libertà, tenendo sempre aperta la porta della fede. Si può affermare che, in un mondo mutevole, il Santo Padre abbia ribadito non solo l’importanza imprescindibile dell’azione dello Spirito ma anche sue nuove forme di manifestazione?
“Non si possono comprendere le due encicliche sociali di Papa Francesco, Laudato si’ e Fratelli tutti, senza prima approfondire Caritas in Veritate. ‘Caritas’, ricorda alla Chiesa Benedetto XVI, urge alla storia come un nuovo e irrinunciabile servizio alla verità di Dio sull’uomo. Un uomo travolto da una modernità insensata e sempre più atea, le cui relazioni vanno tutte ‘rifondate’ con una nuova intelligenza spirituale del reale. Nasce così il neologismo ‘ecologia integrale’, con tutte le declinazioni di cui oggi Papa Francesco è capace. Si badi ‘l’audacia’ di Benedetto XVI, il quale riprende l’espressione di san Paolo ‘veritas in caritate‘ (Ef 4, 15) invertendola in ‘caritas in veritate‘, per fare dell’amore di accoglienza e di donazione il vero elemento di autenticità del vivere umano, il solo e autentico ‘vincolo sociale’. Così facendo, nell’enciclica il logos (la verità) si fa dia-logos (comunione) con tutti gli uomini. Benedetto XVI, con Caritas in veritate, riafferma e rilancia profeticamente la dottrina sociale della Chiesa, perché lo sviluppo abbia un fondamento antropologico non disumano e disumanizzante nei processi di globalizzazione, uno sviluppo ‘giusto’, capace di riaffermare la libertà umana che discende dalla verità sul bene comune. L’imprescindibile azione della grazia – che presuppone una ‘libertà educata’ e una ‘fede manifesta’ e che sono proprie dello Spirito Santo – è richiamata dal Pontefice proprio nell’ultimo paragrafo dell’enciclica, nella chiusa che Egli propone. Vale la pena di riportare le sue parole: “Lo sviluppo ha bisogno di cristiani con le braccia alzate verso Dio nel gesto della preghiera, cristiani mossi dalla consapevolezza che l’amore pieno di verità, caritas in veritate, da cui procede l’autentico sviluppo, non è da noi prodotto ma ci viene donato. Perciò anche nei momenti più difficili e complessi, oltre a reagire con consapevolezza, dobbiamo soprattutto riferirci al suo amore. Lo sviluppo implica attenzione alla vita spirituale, seria considerazione delle esperienze di fiducia in Dio, di fraternità spirituale in Cristo, di affidamento alla Provvidenza e alla Misericordia divine, di amore e di perdono, di rinuncia a se stessi, di accoglienza del prossimo, di giustizia e di pace” (n. 79). È questo, in fondo, ‘il metodo cristiano’, il solo approccio che il cristianesimo che vive nella storia può avere, se non vuole perdere la sua inesauribile trascendenza e la sua originalità nell’incarnarsi nella storia.
L’attenzione ai Movimenti ha sempre accompagnato il Pontificato di Benedetto XVI. La sua morte coincide con il 50esimo anniversario del Rinnovamento in Italia, traguardo che ha contribuito a far raggiungere, collaborando anche alla stesura del primo documento teologico-pastorale. Come teologo prima e Pontefice poi, quanto hanno inciso gli insegnamenti di Joseph Ratzinger nella maturazione del Rinnovamento?
“La vicinanza del teologo Ratzinger al Rinnovamento si deve al cardinale Leo J. Suenens, che fu uno dei 4 moderatori del Concilio e un grande sostenitore di quell’istanza di ‘rinnovamento carismatico’ segnalato dalla costituzione Lumen Gentium. Siamo nel 1974 e il cardinale Suenens, che dialogava permanentemente su questo tema con Papa Paolo VI, dopo la chiusura del Concilio, volle coinvolgere alcuni teologi – tra questi Ratzinger, Kasper, De Lubac, che gravitavano intorno a Communio, una rivista che in quegli anni spiccava nell’orizzonte del pensiero teologico cattolico contemporaneo – per la stesura del primo dei sei ‘Documenti di Malines’, di fatto gli orientamenti teologico-pastorali del Rinnovamento Carismatico Cattolico”.
Orientamenti ai quali l’allora cardinal Ratzinger contribuisce in modo diretto…
“Non si può trascurare la prefazione scritta dal card. Ratzinger a un altro di questi documenti, intitolato ‘Rinnovamento e potenza delle tenebre’, nel quale Egli sottolinea il grande contributo dato dal Movimento alla riproposizione del tema della ‘liberazione’ nella vita della Chiesa; non solo in termini dottrinali e pastorali, ma soprattutto nella prassi comunitaria della preghiera. Elogio che lo stesso Ratzinger ripeterà nel fondamentale e coevo libro-intervista ‘Rapporto sulla fede’ con Vittorio Messori, nel quale troviamo una ‘apologia dei Movimenti’ e della loro opera. Papa Benedetto XVI, in perfetta continuità con Giovanni Paolo II, fu sostenitore della ‘coessenzialità’ del profilo carismatico della Chiesa assieme a quello istituzionale-gerarchico. Dunque, di una Chiesa che respira a pieni polmoni, nell’incessante osmosi di ‘sacramentale e carismatico’; una Chiesa che trova nel ‘laicato associato’, in forza dei carismi e dei ministeri laicali, una forza espressiva irrinunciabile per la nuova evangelizzazione e per la missio ad gentes”.
Come Pontefice, Benedetto XVI ha sostenuto e incoraggiato il RnS ma anche tutta l’azione dei laici nella Chiesa…
“Il Rinnovamento nello Spirito è stato fortemente sostenuto e incoraggiato da Papa Benedetto XVI, che non mancava di sottolineare la maturità ecclesiale raggiunta dal Movimento nell’equilibrio tra ‘cultuale e culturale’, dunque nell’azione di rinnovamento della liturgia e della catechesi proposte dal RnS all’interno della Chiesa e nella testimonianza di vita nuova offerta soprattutto alle famiglie, ai giovani, alle persone sofferenti. Ho avuto il privilegio di essere stato nominato da Papa Ratzinger consultore di tre Dicasteri Vaticani: il Pontificio Consiglio per i Laici, il Pontificio Consiglio per la Famiglia e il Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione; oltre che essere stato il presidente della Fondazione Vaticana ‘Centro Internazionale Famiglia di Nazareth’, eretta dal Pontefice e affidata al Rinnovamento nello Spirito, per dare concretezza al sogno di Giovanni Paolo II di una ‘casa del Papa’ per tutte le famiglie del mondo. Ho avuto così modo di apprezzare da vicino la sua incrollabile fiducia, la sua paternità mai dubitativa, il suo slancio in avanti, la sua gioia pacificata da uomo interiorizzato, il suo desiderio di promuovere i laici e la loro azione”.
In che modo?
“Certamente sono state per noi capitali le sue Lettere autografe e le Sue Udienze private, nei momenti più significativi della nostra storia. Ne ricordo solo quattro: nel 2005, la rilettura del Novecento in chiave pneumatologica con il Convegno Internazionale organizzato a Lucca, sotto lo sguardo della Beata Elena Guerra, presenti 60 testimoni provenienti da tutto il mondo; nel 2009 il Convegno Internazionale per il 50esimo della morte del servo di Dio don Luigi Sturzo, tra Catania e Caltagirone, con il varo del Polo di Eccellenza della promozione umana e della solidarietà “Mario e Luigi Sturzo”, dedicato alle povertà sociali del nostro tempo; nel 2012-2013, Anno della fede, il Progetto “10 Piazze per 10 Comandamenti”, una carovana di personaggi del nostro tempo che si impegnarono a rileggere insieme, con una cifra laica, il portato universale del Decalogo nelle piazze più prestigiose delle nostre citta metropolitane; e nel 2012, 40esimo del RnS, la grande festa in Piazza san Pietro con 35.000 persone in rappresentanza dei nostri Gruppi e Comunità, all’indomani di uno dei momenti più dolorosi della vita del Papa che fu l’arresto del suo maggiordomo. Il Papa emerito Benedetto XVI nasce al Cielo alla chiusura del Giubileo d’Oro del RnS, consegnandoci una eredità spirituale viva, che deve ancora essere trafficata, che è provvidenziale per il nostro tempo animato da tante, troppe tristezze e delusioni. Il sorriso del Papa, di un uomo buono, di un vero discepolo e apostolo del Cristo, che ha amato fino al momento in cui spira il suo Signore e che Gesù ci ha insegnato ad amare, non saranno dimenticati”.