Riduzione della povertà e tutela della salute: le richieste delle imprese all’Ue

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Ecco cosa chiede all’Ue chi lavora. La salute pubblica e il contrasto alla povertà sono considerati dalle imprese i settori fondamentali. Sui quali concentrare le risorse comunitarie (secondo il 43,8% delle aziende). In quanto precondizioni essenziali dello sviluppo. Tra gli altri ambiti di intervento segnalati dagli imprenditori figurano le politiche del lavoro (32,3%). L’istruzione di qualità (31,2%). Le azioni dirette alla riduzione del disagio sociale (24,4%). Il maggior utilizzo delle fonti rinnovabili (13,9%). La dotazione infrastrutturale del territorio (13,6%). La ricerca e l’innovazione tecnologica (10,4%). La giustizia (riduzione dei tempi: 10,2%). Una maggiore sicurezza e legalità (9,9%). Il tema della mobilità e dei trasporti (8,7%). Un’azienda su tre è pronta ad utilizzare risorse Ue, rivela un’indagine di Unioncamere.
(foto SIR/European Commission)

Risorse Ue

Il mondo del lavoro attende dall’Ue semplificazione. Linguaggio semplice. Assistenza. Un’impresa su tre ha intenzione di utilizzare i finanziamenti europei. E i fondi comunitari. Ma per avvalersi di queste risorse chiede soprattutto una netta semplificazione delle procedure amministrative. L’utilizzo di un linguaggio semplice nei bandi e nella modulistica. Assistenza tecnica. A mostrarlo è l’indagine effettuata da SiCamera e InfoCamere su oltre 32 mila imprese.

Effetto pandemia

In pandemia la discussione pubblica è incentrata sulle nuove risorse europee. All’origine della rinnovata attenzione delle imprese italiane verso l’Ue c’è l’utilizzo dei finanziamenti comunitari. Ma gli aspetti pratici riguardano già la scrittura e la presentazione delle domande. Una impresa su due, infatti. Lamenta la difficoltà di adempiere alle richieste. Oltre un quarto sottolinea l’eccessiva distanza di tempo tra richieste ed assistenza. Oltre alla modesta rispondenza degli strumenti alle esigenze delle imprese. Quote minori di imprese indicano tra le criticità soprattutto il fatto che i settori dei bandi non sono attinenti alle attività dell’impresa (17,8%). La contenuta assistenza da parte delle amministrazioni responsabili dei bandi (14%). Le dimensioni imprenditoriali troppo limitate (13,6%). La scarsa chiarezza degli istituti di credito (13,2%). E le difficoltà legate all’obbligo di presentare garanzie e/o fidejussioni (10,9%).

Le richieste all’Ue

Per ovviare a queste problematiche, per oltre la metà delle imprese sarebbe indispensabile una semplificazione delle procedure amministrative. L’utilizzo di un linguaggio semplice nei bandi e nella modulistica (33,9%). L’assistenza tecnica per l’accesso ai bandi e in itinere (19,9%). Una documentazione amministrativa standard (13,6%). Una comunicazione maggiormente mirata a target specifici (13%). Un’informazione più approfondita sulla tempistica di avvio dei bandi (12,6%). Tempi certi per la pubblicazione degli avvisi. La valutazione del progetto e i pagamenti (8,5%). Alla sfida del nuovo settennato di programmazione comunitaria, comunque, le imprese italiane si presentano relativamente preparate.

Coesione

Il 24,6% delle imprese è a conoscenza della politica di coesione territoriale dell’Ue. Con la Basilicata tra le regioni più informate (35,4%). Seguita dalla Campania e dalla Sardegna. Il 22,1% delle imprese manifatturiere conosce invece il Piano nazionale Transizione 4.0. Con quote più elevate a Bolzano, in Lombardia, Trento e Basilicata. Nel dettaglio, il 21,9% delle imprese manifatturiere ha già adottato tecnologie 4.0. Puntando soprattutto sul digital marketing (5,7%). Sulle tecnologie per la simulazione tra macchine interconnesse. Finalizzata all’ottimizzazione dei processi (5,2%). Sui robot collaborativi interconnessi (5%). Sulle stampanti 3D (3,9%). Sul big data analitics (3,7%). Per quanto concerne la Smart Specialisation Strategy, le imprese che ne sono a conoscenza si attestano al 5,4%. Con una percentuale più consistente in Basilicata, Molise, Bolzano, Sardegna.
Giacomo Galeazzi: