La salute scandita dall’orologio biologico. A Pisa si è svolto il workshop promosso dal Centro Interdisciplinare Health Science della Scuola Sant’Anna e dal Laboratorio di Biologia della Scuola Normale. Esperti dalle più importanti istituzioni a confronto sulle recenti scoperte dedicate ai ritmi biologici, in particolare ai ritmi circadiani. Scienza e salute: come cambia l’orologio biologico in salute e in malattia. Dalla ricerca arrivano indicazioni per regolarlo. In precedenza se ne erano occupati a Roma i ricercatori Simona Gaudi, Grigor Zoraqui, Vincenzo Falbo e Domenica Taruscio del Laboratorio di Ultrastrutture dell’Istituto Superiore di Sanità (Iss). “Il tempo rappresenta una dimensione essenziale negli esseri viventi- spiegano i ricercatori Iss-. Il tempo biologico è sia lineare (tempo cronologico) che ciclico (tempo periodico). La cronobiologia prende in considerazione gli eventi biologici ciclici, o periodici, che si ripetono con diverse frequenze e che vengono quindi definiti ritmi biologici”. L’attività ritmica è fondamentale per gli esseri viventi. Un organismo, così come tutte le sue componenti, non funziona costantemente. Ma presenta oscillazioni qualitative e quantitative nei suoi processi biologici. L’esistenza di ritmi biologici è una caratteristica peculiare di tutti gli organismi viventi. Da quelli unicellulari all’uomo. E sono presenti a tutti i livelli di organizzazione. Dall’organismo, ai tessuti, alle cellule e alle strutture subcellulari.
Valore funzionale
“Una distribuzione così generalizzata dei ritmi biologici giustifica l’interesse scientifico crescente per identificarne sia il valore funzionale che le basi cellulari e molecolari che ne garantiscono il mantenimento – puntualizzano Simona Gaudi, Grigor Zoraqui, Vincenzo Falbo e Domenica Taruscio– Tra i ritmi biologici più studiati, in quanto giocano un ruolo fondamentale nelle funzioni degli esseri viventi, vi sono quelli con periodicità di circa 24 ore, definiti ritmi circadiani (circa dies: quasi un giorno). Tali ritmi sono di estrema importanza in quanto consentono all’organismo di sincronizzarsi e reagire adeguatamente ai cambiamenti ambientali”. Una delle prime osservazioni riguardo l’esistenza di una ritmicità circadiana nelle funzioni biologiche fu fatta da Jacques De Mairan nel 1729. L’astronomo francese osservò che l’apertura e la chiusura delle foglie avveniva con periodicità giornaliera anche in condizioni sperimentali di buio assoluto e di temperatura costante. Ne concluse quindi che doveva esistere un meccanismo interno di misurazione del tempo. Un orologio biologico endogeno. Il ritmo biologico mantenuto dall’organismo anche in condizioni di temperatura e luce costanti viene definito “a corso libero” (free-running). Numerose evidenze sperimentali hanno portato alla conclusione che l’esistenza e la conservazione di una ritmicità circadiana free-running è dovuta alla presenza di meccanismi altamente specializzati, endogeni. In grado di autorigenerarsi durante le 24 ore. Definiti orologi biologici circadiani. Questi orologi, detti anche pacemaker, sono preposti alla coordinazione centrale della cadenza ritmica di alcune funzioni biologiche a livello dell’organismo. In quanto consentono sia alla singola cellula che all’organismo di sincronizzarsi in relazione alle diverse necessità del periodo giorno/notte. E di rispondere con estrema efficienza alle variazioni ambientali.
Orologio interno
Il corpo umano, dunque ha un orologio interno e il suo movimento cambia a seconda della condizione di salute o di malattia. Alle più recenti scoperte sui ritmi biologici, in particolare sui ritmi circadiani, fondamentali per la regolazione di numerosi processi fisiologici, è stato dedicato lo workshop “Rhythms of the body in health and disease: breaking news around the clock”. L’evento scientifico si è svolto nell’aula magna della Scuola Superiore Sant’Anna, a Pisa. La giornata di studio è stata organizzata dal Centro Interdisciplinare Health Science della Scuola Superiore Sant’Anna e dal Laboratorio di Biologia della Scuola Normale Superiore. E ha riunito esperti di fama internazionale provenienti da istituzioni prestigiose come l’Università di Cambridge, il Karolinska Institute di Stoccolma e l’Imperial College di Londra. Oltreché da numerose istituzioni universitarie italiane. L’incontro ha rappresentato un’opportunità unica per lo scambio di idee. Per la presentazione di nuove scoperte. E per la promozione di collaborazioni tra i maggiori esperti nel campo della cronobiologia e della medicina. Chi vi ha partecipato ha avuto la possibilità di approfondire la complessa influenza dei ritmi biologici sulla salute. E le strategie più recenti per mitigare gli effetti negativi delle alterazioni circadiane nella pratica clinica. Al centro del confronto anche gli ultimi sviluppi nella comprensione della biologia molecolare dei meccanismi dell’orologio circadiano. Nonché delle vie di segnalazione e delle interazioni tra gli orologi biologici interni presenti nei vari tessuti, che regolano fenomeni rilevanti per la vita come il metabolismo e l’omeostasi energetica, ovvero la capacità di autoregolazione degli esseri viventi.
Ritmi circadiani
“I ritmi circadiani sono cicli di 24 ore che influenzano una vasta gamma di funzioni essenziali per il mantenimento della salute umana – spiega la dottoressa Paola Tognini, ricercatrice della Scuola Superiore Sant’Anna -. Coordinando il metabolismo, le funzioni cerebrali, la regolazione cardiovascolare e la risposta immunitaria. Alterazioni di questi cicli possono portare a condizioni di salute gravi, tra cui disturbi metabolici, neuropsichiatrici, cardiovascolari e tumori”. I relatori hanno discusso anche del ruolo dei ritmi circadiani nella funzione cerebrale e nella salute cognitiva. Con un’attenzione particolare ai disturbi del neurosviluppo. Un altro tema di rilievo è stata “la funzione cardiovascolare e il rischio aumentato di malattie cardiache legato a interferenze dei ritmi giornalieri e infradiani”, come riferisce il professor Michele Emdin. Il coordinatore del Centro Health Science della Scuola Superiore Sant’Anna ha illustrato i principali argomenti dedicati agli aspetti clinici. “Oltre agli aspetti molecolari e cellulari, la giornata di studio ha esaminato anche i legami con le scoperte cliniche. Evidenziando come le ricerche di base possano tradursi in interventi terapeutici per i disturbi legati ai ritmi circadiani. Si è parlato anche di come lo stile di vita, in particolare l’alimentazione e i modelli di sonno, giochi un ruolo cruciale nel mantenimento dell’integrità dei ritmi biologici”, racconta il professore Tommaso Pizzorusso, docente del Laboratorio di Biologia della Scuola Normale Superiore.