Anziani e disabili, ecco cosa cambia con il salario minimo alle badanti

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Le badanti in Italia oggi sono 774mila (dati Irs). Di cui 700mila straniere e 74mila italiane. Un quarto delle immigrate è arrivato nel nostro Paese negli ultimi tre anni. E’ in discussione una riforma in grado di incidere in profondità. Sulla vita degli italiani e delle badanti straniere. Cambiando la situazione per milioni di famiglie con disabili e anziani in casa. Stiamo parlando del lavoro domestico e del salario minimo. Il cui effetto sarebbe l’ aumento del 91,5% per le convivenze con persone non autosufficienti.

L’importanza delle badanti

Nelle ultime settimane è tornato al centro del dibattito il tema del salario minimo. Una misura valutata favorevolmente dal presidente dell’INPS Pasquale Tridico. La questione era già stata proposta nel 2019 dall’allora ministro del Lavoro, Nunzia Catalfo. Per poi decadere con la fine del primo governo Conte. A livello europeo, in effetti, in molti Paesi è previsto un minimo salariale orario. Mentre in altre realtà (tra cui l’Italia) la tutela dei lavoratori è garantita dai contratti collettivi. Già nel 2019 l’INAPP (Istituto Nazionale per l’Analisi delle Politiche Pubbliche) ne aveva calcolato gli effetti. Stimando in 6,7 miliardi di euro il costo per le imprese. Ciò a seguito dell’introduzione del salario minimo a 9 euro. Ora la Cgia di Mestre rileva che la soglia dei 9 euro è già superata dalla maggior parte dei contratti collettivi nazionali. Queste stime si riferiscono prevalentemente all’industria e all’artigianato. Ma non va sottovalutato l’impatto che un simile provvedimento avrebbe sulle famiglie dei datori di lavoro domestico.

Contratto collettivo

Il lavoro domestico in Italia è disciplinato e tutelato dal contratto collettivo nazionale del lavoro domestico. Le famiglie assumono per necessità. A volte addirittura per emergenza. L’Osservatorio Domina sul lavoro domestico analizza l’introduzione di un salario minimo. E ritiene che ciò renderebbe ancora più gravoso il peso dell’assistenza alle famiglie. Rendendo di fatto ancora più appetibile il ricorso al lavoro nero. A partire da questa constatazione, l’Osservatorio Domina stima l’impatto dell’assistenza familiare. Sul bilancio familiare di un pensionato o di una famiglia italiana tipo. Confrontando lo scenario attuale. E quello ipotetico con l’introduzione del salario minimo. In base ai dati dell’Istat si può affermare che gli anziani mediamente non sono poveri. Ovvero possono permettersi i beni primari come cibo e casa. Inoltre, in caso di totale invalidità, è prevista l’indennità di accompagnamento. Però la situazione potrebbe rapidamente cambiare. In peggio.

Capacità di spesa

I dati delle dichiarazioni dei redditi fotografano la condizione dei contribuenti. Per i quali la pensione è la principale fonte di reddito. Si tratta di 13,5 milioni di persone. Per loro si può calcolare il reddito netto. In modo da rilevare la capacità di spesa per l’assistenza. Dunque, oltre il 60% degli anziani ha un reddito complessivo al di sotto dei 20 mila euro annui. Cioè al di sotto di circa 14.600 euro annui spendibili (al netto delle tasse). E oltre un quarto è addirittura sotto i 10 mila euro annui. E’ utile rendersi conto a quale costo vadano incontro le famiglie che necessitano di un aiuto supplementare. Perciò l’Osservatorio Domina ha analizzato tre casi specifici. Utilizzando i livelli retributivi relativi all’assistenza a persone. L’introduzione del salario minimo aumenterebbe i costi annui. Del +41,1% nei casi di utilizzo solo per 25 a settimana. fino ad un +91,5% nel caso di 54 ore settimanali con convivenza.

 

Giacomo Galeazzi: