Sportiva di giorno e modella in carrozzina di sera: la storia di Roxana Dobrica

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24 anni in Romania e poi la decisione di mollare tutto e cambiare vita alla volta dell’Italia.
É la storia di Roxana Dobrica, una ragazza romena che ha visto nel bel Paese la speranza di un futuro migliore, lì dove però il sogno è durato troppo poco.
Dopo esattamente quindici giorni dal suo arrivo in Italia rimane coinvolta in un brutto incidente automobilistico.
“Erano le 18.00 del 3 novembre 2009. La ragazza che guidava perde il controllo dell’automobile. La macchina sbanda e veniamo travolte da un’altra automobile nel colpirci mi prende in pieno”.
Roxana è viva ma perderà l’uso delle gambe. “Sono stata ricoverata e operata più volte, le operazioni sembravano non finire mai” ha raccontato ad Interris.it “per sette anni sono caduta nel vortice della depressione. Non volevo più vivere, quella non era la mia vita e non accettavo la mia condizione. Ma le vie del Signore sono infinite e sono diventata una modella”.

Le persone giuste al momento giusto: la mia vita da modella

“Un giorno fortunato ho incontrato Fabrizio Bartoccini, presidente dell’associazione Vertical, una Fondazione che dal 2005 sostiene la ricerca sulle lesioni midollari attraverso l’assegnazione e l’erogazione di fondi per borse di studio e progetti di ricerca giudicati validi attraverso un meccanismo specifico, che vada a finanziare solo quelli eccellenti ed efficaci in termini di risultati. Fabrizio mi ha proposto subito di entrare a far parte dell’agenzia di Iulia Barton e di sfilare per lei. Era il mio momento. Ho colto l’occasione al volo. Sono diventata una modella. Per me ha rappresentato anche una sfida e sono andata sulla passerella di Milano per la fashion week. Da lì siamo partiti per altre sfilate in giro per l’Italia e non solo. Tra l’altro tutte le sfilate organizzate da Iulia Barton hanno scopi benefici, infatti il ricavato va per la ricerca sulle lesioni del midollo”.

 

Che ruolo ha avuto la moda nella tua vita?
“La moda per me ha rappresentato la ripartenza, ma soprattutto la riscoperta dell’amore verso me stessa. Un amore e una consapevolezza che avevo perso. Negli anni della depressione in cui ho raggiunto il fondo non mi amavo più, non mi curavo e di conseguenza non mi piacevo. La moda invece è femminilità, ora amo vestirmi, curarmi, il tacco mi aiuta a sentirmi donna e mi piaccio anche se sono seduta, in fondo siamo donne e siamo sempre belle basta amarci. Non è la carrozzina a fare la differenza, ma la voglia di reagire di fronte alle difficoltà è questo il messaggio più forte che voglio lanciare”.

La ripartenza e l’amore per la hand-bike

“Mi sentivo rinata. Dopo la sfilata ho deciso di prendermi cura di me. Sono tornata in ospedale per la riabilitazione perché ho capito che quello era il posto dal quale potevo ripartire per trovare qualcosa per me. Proprio lì ho conosciuto un gruppo di ragazzi che fanno sport e che mi hanno fatto conoscere l’hand-bike. Era un altro segnale che non mi sono fatta scappare. Sono partita alla grande.
Questa è stata la seconda fase della rinascita. Sono andata in America dove ho conosciuto una splendida famiglia che mi ha ospitata gratuitamente e tramite loro ho conosciuto la fondazione “Challenged Athletes Foundation di San Diego” che mi han aiutata tantissimo. Grazie alla fondazione ho partecipato a varie maratone ed un anno fa sempre l’associazione mi ha regalato una bicicletta in carbonio”.

La vittoria al giro d’Italia

“Nel frattempo anche qui in Italia ho partecipato nel 2017 all’8° edizione del Giro d’Italia di Handbike che si concluso con la vittoria di tappa e di categoria a Christian Giagnoni (Team Giletti). Roberta Amadeo, Roxana Dobrica Ionela e Silke Pan, le donne maglie rosa per le categorie WH2, WH3 e WH4. Ebbene si, c’ero anche io sul podio, e non è stata l’unica volta. Ho conquistato più podi ora invece voglio godermi la vita”.

Dopo quello che è successo ad Alex Zanardi non hai paura?
“Alex è un esempio per tutti noi. É una vera forza che ci incentiva ad andare avanti. Il suo ultimo incidente è stato davvero brutto. Sicuramente la paura c’è sempre anche perché siamo a livello strada quando guidiamo la hand-bike, ma nella vita ho imparato che non bisogna cercare il pericolo per rischiare. Ogni momento della nostra vita può essere l’ultimo, non sappiamo mai cosa può succedere per questo conviene seguire le proprie passioni e viverle al pieno senza temere il peggio, ovviamente mantenendo la dovuta attenzione a tutto ciò che si fa”.

Con la mente e con il cuore si va ovunque

“Ad oggi faccio tanti incontri con le persone, soprattutto nelle scuole ed il mio desiderio è quello di riuscire a lanciare un messaggio di speranza perché se ce l’ho fatta io ce la può fare chiunque. Non bisogna abbattersi e soprattutto non bisogna fossilizzarsi.
Purtroppo in Italia e nel mondo oggi ci sono più barriere mentali che barriere architettoniche e queste sono quelle che più fanno soffrire un disabile. Non c’è bisogno di trattare un disabile con compassione, noi siamo persone come tutti, capaci di gestire la nostra vita e spesso riusciamo a farlo anche in autonomia”.

Quali sono i tuoi progetti futuri?
“Ora attendo la pubblicazione del mio libro ‘Jungle of the Soul’. Uscirà a Novembre su Amazon e sarà il racconto della mia vita. Sono sicura che sarà da sprono a di aiuto a tutte quelle persone che non trovano la forza per reagire.
Per quanto riguarda lo sport e la moda continuerò ma senza allontanarmi dalla mia famiglia. Continuerò ad allenarmi con il mio Team EQUA, ma il podio più grande è mio figlio e tutte le persone che mi sono intorno ed il mio tempo lo vorrò dedicare principalmente a loro. Perché la vita è troppo breve e dev’essere goduta sempre”.

Rossella Avella: