Il regime di non-proliferazione nucleare indica un complesso articolato di trattati e organizzazioni internazionali, intese multilaterali non vincolanti, azioni coordinate tra stati, leggi e politiche nazionali. Esso intende conseguire due obiettivi fondamentali: il contenimento del numero di stati in possesso di armi atomiche, la riduzione degli arsenali esistenti e il conseguente disarmo. Il pilastro di tutto ciò è costituito dal Trattato di non-proliferazione nucleare, meglio conosciuto con l’acronimo di Tnp, il quale è stato firmato nel luglio 1968 ed è entrato ufficialmente in vigore a partire dal 1970. Interris.it, in merito al significato del Tnp nel giorno dell’anniversario della sua firma e alle sue implicazioni nel momento storico che stiamo vivendo, ha intervistato l’Ing. Giuseppe Rotunno, presidente nazionale di Civiltà dell’Amore, una realtà da sempre operante nella promozione della pace e del disarmo nucleare.
L’intervista
Ing. Rotunno, nel luglio 1968 è stato firmato il Trattato di non proliferazione nucleare. Cos’ha significato quel momento storico?
“Quel momento storico ha rappresentato il frutto di un grande lavoro precedente svolto dalle superpotenze nucleari che, all’epoca, erano Stati Uniti, Urss e Regno Unito. Questi Paesi avevano compreso l’importanza di attuare dei meccanismi di controllo, riduzione delle armi e disarmo nucleare. Negli Usa, già dal 1946, grazie a Baruch, Einstein e Russel che avevano fondato il movimento per il disarmo nucleare, era stata vista la necessità della distruzione dell’arsenale atomico americano, a condizione che l’Onu avesse imposto controlli su questo sviluppo a tutti i livelli. Il presidente Eisenhower poi, l’8 dicembre del 1953, ha fatto avviare un apposito strumento per il controllo degli armamenti nucleari, ovvero l’Agenzia Atomica di Vienna, la quale poi sarebbe stata inserita come baluardo nel Trattato di non proliferazione nucleare. 191 Paesi su 195 del mondo hanno aderito al Tnp, che è un vero e proprio passaggio storico, il cui seme è stato gettato dopo Hiroshima e Nagasaki e tutt’ora, rappresenta il punto fondamentale in materia”.
Oggi, a più di mezzo secolo di distanza dall’approvazione del Tnp, ci troviamo in una situazione internazionale molto tesa. C’è il rischio di un escalation nucleare? Come si può scongiurare?
“Le escalation, anche quelle nucleari, hanno una fortissima componente politica, diplomatica e anche emotiva. Dal punto di vista numerico, il numero massimo di bombe atomiche, ammontante a quasi settantamila ordigni, è stato raggiunto nel 1986, alla vigilia dell’accordo Reagan – Gorbaciov. Ora si parla di cifre molto inferiori ma, per evitare l’escalation, occorre recuperare un maggior controllo da esercitare sulle armi atomiche, al fine di arginarne le minacce. Ciò va fatto non solamente al livello di dichiarazioni ufficiali da parte delle varie autorità, ma anche e soprattutto sul versante della diplomazia concreta, com’è stato fatto al recente G7, dove sono stati richiamati i trattati Start, attualmente sospesi ma, di fatto, ancora in vigore. Al fine di scongiurare questa eventualità serve però una scelta fondamentale di carattere politico”.
In che modo può essere incentivato l’uso pacifico del nucleare?
“Incrementare l’uso pacifico dell’energia nucleare era già un proposito di Baruch nel 1946 e del presidente Eisenhower nel 1953. Il loro obiettivo era la messa a disposizione di questa tipologia di energia per il progresso dell’umanità intera. Oggi, in particolare, con gli effetti dei cambiamenti climatici che stanno facendo vedere i loro effetti in maniera sempre più preponderante, è sempre più urgente trovare fonti energetiche che non emettano cO2. L’uso pacifico del nucleare rappresenta un’acquisizione storica ed è importante raddoppiarne le potenzialità”.
Qual è l’impegno di Civiltà dell’Amore su questo versante?
“Civiltà dell’Amore ha raccolto la fondamentale eredità consegnataci dal Tnp. Il nostro intento è quello di rendere disponibile questa energia di pace a sempre più persone, attraverso l’utilizzo di nuove tecnologie, gestite da molti laboratori sparsi nel mondo. Oggi, grazie all’insegnamento di queste discipline nelle università, abbiamo, ancora di più, la possibilità di applicare bene tale energia. Noi vogliamo però che, il primo criterio per percorrere questa strada, sia la totale distruzione degli arsenali atomici, già intrapresa con l’accordo Reagan – Gorbaciov”.
Guardiamo al futuro: che appello desidera rivolgere ai potenti della Terra in questo momento storico connotato da una crescente tensione sul piano internazionale?
“L’appello che desidero rivolgere ai leader delle grandi potenze è di non avere paura di fare la pace nucleare. La diplomazia deve mettere in campo tutti gli strumenti per conseguirla e garantire ai popoli un futuro di fraternità. Il Trattato di non proliferazione nucleare, ancora oggi, da loro tutto i mezzi necessari per arrivarci. Allo stato attuale però, manca la forza di volontà politica per mettersi all’altezza della situazione internazionale attuale. I leader del mondo devono crescere, applicando le norme e i trattati esistenti, per garantire alla nostra ‘Casa comune’ un avvenire di pace”.