Fari puntati sui risparmi degli italiani. Più sale l’incertezza finanziaria, più cresce la propensione al risparmio. A fotografare la situazione è una ricerca Bva-Doxa presentata all’Osservatorio “Change Lab” sui trend in Italia da qui al 2030. Il 42% degli italiani è preoccupato per le sue prospettive economiche. E a risentirne maggiormente sono i giovani tra i 18 e i 34 anni (51%). Questa incertezza spinge un italiano su tre a risparmiare di più. Con un tasso che sale al 40% negli adulti tra i 35 e i 54 anni.
Risparmi in famiglia
Oggi, per un italiano su due, famiglia e figli sono in vetta alla classifica dei beni più cari da proteggere. Segue la salute (41%). Poi il patrimonio e i risparmi (30%). Quattro italiani su 10 garantiscono una serenità economica ai propri familiari facendo fruttare i capitali messi da parte. Percentuale che sale al 54% nelle famiglie con figli piccoli. Un terzo della popolazione avrebbe voluto investire i propri risparmi, ma i pandemia lo ha fatto realmente solo un italiano su cinque. La metà degli italiani (soprattutto tra i giovani) o vorrebbe fare investimenti economici ma no può oppure ci ha proprio rinunciato.
Incertezza
L’incertezza di una navigazione a vista non è mai utile a fermare le ondate speculative. Il crollo del governo Draghi e le elezioni anticipate mettono sotto stress lo spread Btp-Bund. Secondo gli esperti il differenziale di rendimento fra titoli decennali italiani e tedeschi potrebbe arrivare nelle prossime settimane almeno a quota 300 punti. Senza l’autorevolezza dell’esecutivo, il Paese ora piomba in un periodo di incertezza politica. Nel momento peggiore possibile (pandemia, guerra, inflazione). “Con il serio rischio di un razionamento del gas nel corso dell’inverno. Con l’economia globale in rallentamento. E inflazione molto alta“, evidenzia Dario Angelino Aggiunge il senior strategist e Economics Analytics di Symphonia Sgr: “I mercati nelle prossime settimane cercheranno di testare la risolutezza delle decisioni della Banca centrale europea (Bce) sul meccanismo anti-frammentazione”.
Perturbazioni
Kaspar Hense è senior portfolio manager di Bluebay Asset Management. “Con lo scenario di nuove elezioni si prevedono ulteriori perturbazioni per i bilanci pubblici italiani. E uno screditamento per i bond governativi. Con lo spread in crescita verso quota 300 punti“, avverte. In questo senso la promessa di tagli alle tasse “attirerà voti, ma non avrà un vero impatto in un contesto di restrizioni all’offerta e alta inflazione“. Fabrizio Santin, senior investment manager di Pictet Asset Management, richiama l’approvazione dello scudo anti-spread. “Adesso il rischio è che, alla luce degli avvenimenti politici in Italia, i mercati finanziari si allertino. E vadano a testare la risolutezza della Bce a contenere l’allargamento degli spread. Una prima soglia di attenzione è fissata a 250 punti base. Tuttavia un giudizio importante verrà ricoperto anche dalla rapidità del movimento”. Inoltre, continua, “è probabile che in un contesto estivo caratterizzato da illiquidità, il Btp continui ad incorporare premi di rischio elevati”.
Spread Btp-Bund
Annalisa Piazza è analista Fixed-Income Research di Mfs Investment Management. “E’ probabile che nelle prossime settimane lo spread Btp-Bund si allarghi- sostiene-. Escludiamo che lo spread raggiunga i livelli visti durante la crisi finanziaria globale o nel 2018-19. Quando si discutevano le questioni esistenziali dell’Eurozona. Ma è certo che ulteriori incertezze saranno scontate nei prezzi“. Nel breve termine, poi, gli sviluppi politici potrebbero aumentare “ulteriormente la confusione sullo strumento anti-frammentazione della Bce, che non è chiaramente finalizzato a ridurre il rischio politico”. L’istituto di Francoforte nel frattempo “si troverà in una situazione molto scomoda“. Il riferimento è ai “rischi di rallentamento della crescita italiana”. Oltreché all’intensificarsi di condizioni di finanziamento più severe. Che si riverseranno su altre economie dell’Eurozona. Aumenterà anche il pericolo di un “deterioramento nella trasmissione delle politiche. Indipendentemente dai fattori che ne sono alla base”.
Attitudine per i risparmi
Dal dopoguerra l’Italia, come attesta il Censis, è tra i paesi al mondo con maggior attitudine al risparmio. Oggi, secondo il Rapporto Eurispes, il 45,3% delle famiglie è costretta a usare i risparmi per arrivare a fine mese e il 34,4% affronta con fatica il pagamento delle utenze di gas, luce. “Dati drammatici. Si tratta, purtroppo, di un film che abbiamo già visto durante la precedente crisi iniziata nel 2007. Con le famiglie che non ce la fanno più ad arrivare a fine mese. Che non riescono a pagare le bollette di luce e gas. Costrette a ridurre i consumi. E a indebitarsi per fronteggiare le spese obbligate“, afferma Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori. E prosegue: “Se non si interviene subito si arriverà a una recessione come in passato“. Il bonus di 200 euro per affrontare il caro vita andava “nella giusta direzione”. Ma è “solo una goccia nel mare”. Un “aiutino che non basta nemmeno a far fronte ai rincari della spesa alimentare“. Visto che una coppia con 2 figlie spende 479 euro solo per questa voce. 431 per una coppia con un figlio, in media 357 euro in più. “Figurarsi per chi non ce la fa a pagare le bollette o la rata del mutuo”, osserva Dona.
Livelli pre-crisi
Secondo il Censis Nel 2018 la ricchezza finanziaria delle famiglie italiane era di 4.200 miliardi di euro. -0,4% in termini reali rispetto al 2008. Dieci anni non sono stati sufficienti per tornare ai livelli di ricchezza finanziaria pre-crisi. Ma l’andamento delle singole voci rivela cosa è realmente accaduto. Ossia una potente crescita di biglietti, monete e depositi. Cioè il contante, la liquidità, che vale 1.300 miliardi di euro (il 33,0% del totale del portafoglio: +13,7% dal 2008) e delle riserve assicurative (il 23,7% del portafoglio, circa 1 miliardo di euro: +44,6% dal 2008). Si è asciugata la voce dei titoli obbligazionari (valgono il 6,9% del portafoglio finanziario familiare, mentre erano il 21% nel 2008) ed è significativa la riduzione delle azioni e altre partecipazioni (-12,4% dal 2008). Ancora una volta è il contante il più amato dagli italiani, a causa di rendimenti disincentivanti e per paura e incertezza. Per questo motivo gli italiani continuano a ripetersi: meglio non spendere e tenere i soldi fermi e pronti all’uso per ogni evenienza. Pertanto, l’Italia ha un elevato stock di ricchezza finanziaria delle famiglie come esito di un passato da grandi risparmiatori e investitori. Ma dal 2018 i flussi rallentano in linea con una economia reale che non riparte. Risparmiatori testardi, anche se in difficoltà, gli italiani difendono a denti stretti il proprio risparmio e aborrono la minaccia fiscale. Il 76,8% ritiene che il contante e i soldi tenuti fermi sui conti correnti bancari non debbano essere tassati di più delle risorse destinate all’economia reale.