I rischi per il Sahel dopo il golpe in Burkina Faso

Pace

Folla in Burkina Faso dopo l'annuncio del golpe (immagine di EPA/Lambert Ouedraogo)

Il Burkina Faso – precedentemente conosciuto con il nome di Alto Volta – è un Paese dell’Africa Occidentale con una popolazione di oltre 20 milioni di abitanti con capitale Ouagadougou, lo stesso è una ex colonia francese che ha acquisito l’indipendenza della stessa il 5 agosto 1960 e dal 1984 dopo l’inizio della presidenza di Thomas Sankara, che diede inizio a numerose riforme istituzionali e programmi di sviluppo sanitario, assunse il nome attuale che letteralmente significa Terra degli Uomini Integri.

Gli ultimi anni

Negli ultimi anni – in particolare dal 2015 – il Paese si trova in una condizione di instabilità politica e carestia che hanno provocato un tasso di povertà e malnutrizione che coinvolge oltre il 40% della popolazione che è costretta a vivere con poco più di 1 dollaro al giorno. In particolare, negli scorsi 23 e 24 gennaio, dei militari guidati dal colonnello Paul-Henri Sandaogo Damiba, hanno deposto e arrestato il presidente Roch Marc Christian Kaboré con l’accusa di non dotare le forze di sicurezza di armamenti e mezzi sufficienti al fine di reprimere il terrorismo di matrice jihadista. Interris.it ha intervistato, in merito alla situazione nel paese, il Dottor Luca Mainoldi dell’Agenzia Fides.

Colonnello Damiba, leader dei militari golpisti

L’intervista

Qual è l’attuale situazione in Burkina Faso dopo il golpe avvenuto a fine gennaio?

“Sul piano interno la situazione sembra tranquilla, la giunta militare ha assunto un atteggiamento dialogante sia verso l’interno del paese che verso l’esterno. Proprio in questi giorni ha incontrato i principali partiti politici del paese nonché una delegazione della Comunità di Sviluppo Economico dell’Africa Occidentale (CEDEAO/ECOWAS), della quale fa parte anche il Burkina Faso. Il regime ha detto che intende rispettare la libertà delle persone e vuole avviare una fase transitoria per il ritorno della democrazia, a quanto pare – queste aperture del regime – sembra che siano state ben accolte sul fronte interno e forse anche sul piano internazionale. Quello avvenuto è stato un golpe parzialmente incruento, ad esempio il presidente è stato arrestato dai militari ma in questo momento si trova agli arresti domiciliari e non in carcere, sembra quindi che al momento i golpisti abbiano voluto cercare di limitare l’uso della violenza. La CEDEAO ha al momento rinunciato a imporre sanzioni contro la giunta golpista, ingiungendole però di elaborare un calendario per il ripristino della democrazia”.

Qual è la situazione della popolazione civile attualmente?

“La situazione della popolazione civile è abbastanza drammatica, soprattutto nelle zone colpite dalla violenza jihadista – soprattutto nel nord est del paese – dove le stesse hanno provocato un trasferimento interno di circa un milione e mezzo di abitanti, questo ha determinato una situazione di emergenza umanitaria perché comunque – le persone sfollate – hanno bisogno di essere assistite, rifocillate e di trovare un alloggio. Il problema della sicurezza ha un forte impatto politico dato che i militari affermano che sia all’origine del golpe, in quanto accusavano il presidente rovesciato di essere incapace di delineare una strategia per far fronte all’emergenza jihadista”.

In che modo la situazione in Burkina Faso può influire sulla stabilità dell’area del Sahel?

“Il Burkina Faso è inserito nel cosiddetto G5 del Sahel, che è un gruppo di cinque paesi che, sotto l’egida soprattutto occidentale – quindi della Francia, dell’Unione Europea e parzialmente anche degli Stati Uniti – avevano deciso di coordinarsi per affrontare al meglio la sfida lanciata dai diversi gruppi jihadisti che operano in questa fascia che va dalla Mauritania, al Mali, al Burkina Faso, al Niger e al Ciad. Se si tiene conto che – in questi paesi che fanno parte dell’accordo – ben tre sono stati coinvolti da un colpo si stato, il Mali già due volte, nel 2020 e nel 2021, il Ciad nel 2021 e adesso il Burkina Faso. A tal proposito ci si rende conto che, le operazioni di contrasto ai jihadisti, risultano particolarmente indebolite dalla perdita di legittimità dei governi che dovrebbero condurre queste operazioni. C’ è quindi il rischio che, dopo il Mali, nel quale adesso si è venuta a creare una frattura tra le autorità golpiste del paese e la Francia, rischia di coinvolgere anche gli altri paesi dell’unione Europea, tra cui l’Italia, che hanno inviato forze militari in supporto a quelle del Mali per cercare di contenere la minaccia jihadista. Ora appunto abbiamo il golpe in Burkina Faso che insieme al Mali, confina con la Costa d’Avorio, quindi – allo stato attuale, vista la situazione – potrebbero aprire delle porte ai jihadisti per andare verso le coste dell’Africa occidentale che si affacciano sull’Oceano Atlantico e creare quindi una serie di ulteriori problematiche. Rispetto a ciò, si tenga presente che, tutta questa vasta area, è attraversata da traffici illeciti di varia natura, i quali chiaramente si intersecano con i vari gruppi di matrice jihadista che traggono profitto da questi traffici per poi finanziare le loro operazioni”.

Come stanno intervenendo le istituzioni internazionali? Quali potrebbero essere i futuri sviluppi in questa delicata area?

“Finora le reazioni internazionali si sono concentrare soprattutto sul Mali che è stato sospeso dalla Comunità di Sviluppo Economico dell’Africa Occidentale, che ha imposto delle sanzioni alla giunta militare, tra l’altro, i paesi limitrofi hanno chiuso lo spazio aereo al Mali, di conseguenza, tutti gli aerei provenienti da questo paese, non possono attraversare lo spazio aereo dei paesi confinanti. Questa fase oltretutto viene complicata dal fatto che, altre potenze extra africane, possano approfittare della situazione che si è venuta a creare – ossia dello scontro tra la giunta militare del Mali a cui si aggiunge quella del Burkina Faso – per cercare di scalzare la Francia da quest’area. A tal proposito si parla ad esempio della presenza di mercenari russi in Mali ma anche nella Repubblica Centrafricana dove le autorità francesi sono un po’ in rotta con il governo locale, la quale è un’altra zona che confina con il Ciad – un altro paese del G5 Sahel– e si è riscontrata la presenza di mercenari russi a supporto del governo locale. Un altro attore che si è affacciato in quest’area è la Turchia, oltre alla Cina che è presente in maniera più soft, senza un contingente militare, ma con interessi di tipo economico. Quindi, da una parte, si hanno delle questioni di carattere strettamente locale, sulle quali però si innestano delle questioni geopolitiche globali. Sussiste ad esempio un tentativo da parte di potenze politiche straniere di scalzare la Francia nei paesi che sono stati appunto ex colonie francesi ed in cui la stessa, per anni, ha mantenuto una sua influenza e adesso – approfittando di questi fatti e della situazione che si è venuta a creare – alcune potenze straniere cercano di introdursi e, se non di scalzarla, almeno di creare ulteriori problemi alla Francia in quest’area”.

Christian Cabello: