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RIS.OS: un’opportunità di sviluppo per la Costa d’Avorio

L'intervista di Interris.it alla dott.ssa Francesca Costero, responsabile del servizio di cooperazione internazionale di Enaip Piemonte, in merito al progetto "RIS.OS" attuato in Costa d'Avorio

La Costa d’Avorio è uno Stato dell’Africa occidentale. È una repubblica semipresidenziale con capitale amministrativa a Yamoussoukro, mentre la sua capitale economica e governativa, nonché città più estesa e popolata, è ad Abidjan. In passato è stata una colonia francese ed ha acquisito l’indipendenza nell’agosto 1960.

La situazione attuale

La Costa d’Avorio attualmente, pur essendo in una fase di forte crescita economica che ha visto diventare il paese il primo esportatore mondiale di semi di cacao, è prevalentemente rurale. Inoltre, a causa l’instabilità del settore agricolo e del galoppare dell’inflazione, quasi il 40% dei cittadini ivoriani vive sotto la soglia della povertà, e ad oggi il 4,3% della popolazione si trova in una situazione di insicurezza alimentare.

L’opera di Enaip Piemonte

L’Enaip è un ente di formazione fondato nel 1951, su iniziativa delle Acli, che opera per fornire formazione professionale ed assistenza tecnica, sia in Italia che all’estero. In particolare, Enaip Piemonte, in considerazione dell’importanza del trasferimento delle cosiddette “buone pratiche” nell’ambito della promozione della cooperazione internazionale e della sostenibilità ambientale e sociale, ha dato il via al progetto “RIS.OS: riso opportunità di sviluppo”, cofinanziato dalla Regione Piemonte di cui Enaip Piemonte è partner, con la finalità di mettere in produzione diversi ettari di risaie in Costa d’Avorio, generando una nuova forma di inclusione e crescita economica.  Interris.it, in merito a questa esperienza di inclusione lavorativa e sociale, ha intervistato la dott.ssa Francesca Costero, responsabile del servizio coesione sociale e cooperazione internazionale di Enaip Piemonte.

La dott.ssa Francesca Costero (© Christian Cabello)

L’intervista

Dott.ssa Costero, come nasce e che obiettivi ha il progetto “RIS.OS”?

“Il progetto nasce da una richiesta del sindaco del comune di Guiglo in Costa d’Avorio che chiedeva possibili strategie per migliorare l’occupabilità giovanile e come poter utilizzare terreni ormai incolti di quell’area. Ci si è quindi chiesti quali potessero essere le competenze da mettere a disposizione e, diversi soggetti, con esperienze e competenze diverse, hanno deciso di mettersi a disposizione di questa comunità attraverso il loro know-how. A quel punto, si è costruito un progetto legato alla trasformazione dei campi incolti in coltivazioni di riso, attraverso la formazione di giovani tecnici che avrebbero lavorato in loco a cui ha fatto seguito un ulteriore step formativo riguardante la creazione di impresa, con l’obiettivo di creare una cooperativa agricola per gestire la produzione del riso nonché la parte di stoccaggio e commercializzazione. In parallelo, considerato il fatto che si lavora con le comunità, si è deciso di far conoscere meglio in Italia la Costa d’Avorio e viceversa, attraverso il racconto delle reciproche realtà, mettendo a confronto le persone che hanno esperienze negli stessi ambiti, facendo il modo che, ciascuno, riesca a parlare con chi ha le stesse esperienze e ci possa essere una crescita reciproca da entrambe le parti. Molte volte si pensa che sia di più ciò che si porta dall’Italia a un paese africano ma, in realtà, parlando con tutte le persone convolte nel viaggio in Costa d’Avorio, è emerso che, ognuno, torna più ricco umanamente e dal punto di vista delle competenze”.

In che modo, secondo lei, questo progetto sta favorendo la sussistenza alimentare e l’inclusione lavorativa delle persone in Costa d’Avorio?

“C’è un miglioramento nella produzione del riso in Costa d’Avorio. Abbiamo constatato con i nostri tecnici che, nel paese, sono possibili tre raccolti l’anno e in Italia uno. Il miglioramento delle tecniche di coltivazione, inoltre, può portare ad un aumento di produzione, pari a oltre il 60%, all’interno di ogni singola coltivazione. L’innovazione sarà molto ampia, con il 70 – 80% in più di prodotto su tre coltivazioni che, di conseguenza, potrebbe essere superiore alle quantità italiane. Non si utilizzano pesticidi o altri prodotti chimici ma solo di origine naturale, andando ad intervallare tipologie differenti di coltivazione, in modo da concimare reciprocamente, tra una specie e l’altra, il terreno. Ciò viene fatto anche attraverso altre coltivazioni base nell’ottica di aiutare la produzione alimentare. I tecnici agronomi, ad esempio, ci dicevano che è possibile alternare la produzione di un fagiolo locale con quella del riso. Questo consentirebbe un utilizzo maggiore di entrambi. In riguardo all’occupazione invece, con l’utilizzo di un maggior numero di ettari di terreno coltivati, può aumentare il numero di giovani impiegati nella coltivazione. Inoltre, l’utilizzo di tecniche innovative, può incrementare il livello delle competenze e, di conseguenza, abbiamo pensato che, la cooperativa costituita, tramite le strumentazioni basiche che porteremo, potrà offrire servizi ad altri produttori locali, nell’ottica di ridurre i tempi di produzione e avere più tempo per altre attività lavorative”.

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