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Rinascere si può: una possibilità per le donne vittime di maltrattamenti

La realtà di ControVento ad Assisi, che aiuta donne con figli provenienti da situazioni di maltrattamento a ritrovare una vita in autonomia

In una società che si definisce “civile”, sono ancora troppe le donne che subiscono ingiustizie o che sono vittima di violenze. Violenze che in molti casi sono psicologiche, ma spesso sfociano in veri maltrattamenti fisici.

Il risultato è un numero crescente di donne, di tutte le età, che allontanate in prima battuta da situazioni di disagio sociale e familiare, si ritrovano poi nel bisogno di un aiuto ben più importante: crearsi quell’indipendenza psicologica ed economica che le può rendere veramente libere ed autonome nelle proprie scelte.

Una realtà che accoglie e rimette in cammino

È questo uno degli obbiettivi che la cooperativa ControVento Assisi promuove e porta avanti. L’obiettivo è quello di aiutare donne e madri in difficoltà allontanate dal loro nucleo familiare e sociale di origine. Un servizio di accoglienza, sostegno e reinserimento sociale per nuclei mamma-bambino con figli di età compresa tra 0 e 12 anni o in stato di gravidanza, anche minorenni, in stato di grave disagio sociale e in situazioni di particolare degrado e abbandono. ControVento le aiuta ad acquisire consapevolezza delle proprie capacità, a metterle in pratica, per raggiungere quell’indipendenza necessaria a recuperare la loro dignità e libertà, oltre che per creare opportunità di reddito, di percorso scolastico, di soluzioni abitative autonome e di gestione del proprio tempo in concreta autonomia.

“Tutto parte dalla volontà della nostra cooperativa di emancipare le donne ospiti della nostra casa di accoglienza e di aiutarle a trovare un’occupazione – afferma una delle responsabili della Cooperativa, Antonella Romansi  Psicologa e psicoterapeuta  – “il nostro obiettivo va ben oltre il mero, seppur necessario, supporto psicologico e di primo aiuto alle vittime; si identifica anche con la necessità di innescare un cambiamento culturale. Spesso dobbiamo scontrarci con i muri di gomma della burocrazia, che non facilita un’integrazione sociale di queste donne, ma che anzi le priva di diritti a causa di cavilli burocratici. Ci troviamo di fronte a casi in cui queste donne subivano passivamente prepotenze e violenze perché non avevano alternative di vita. Ecco, noi vogliamo dare la forza e gli strumenti necessari per trovare quelle alternative, offrendo loro la possibilità di apprendere anche le basi di un mestiere, per collocarsi nel mondo del lavoro e rifarsi una nuova vita”.

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