Il valore sociale della ricerca scientifica è stato illustrato da Francesco nell’udienza ai responsabili della Società Max Planck per la Promozione delle Scienze, guidati dal presidente Martin Stratmann. Il Papa ha ribadito “l’apprezzamento della Santa Sede per la ricerca scientifica”. E per il lavoro svolto dai ricercatori “al servizio di una conoscenza sempre più approfondita e precisa nelle diverse aree del sapere”. Il Pontefice ha esortato a conservare “gli standard più alti dell’integrità scientifica”. Affinché “essa resti libera da influenze inappropriate di natura sia politica sia economica”. Da qui l’importanza di “salvaguardare ma anche accrescere il sostegno alla scienza pura”. Infatti, senza nulla togliere alla scienza applicata, “occorre riconoscere la natura di bene pubblico della scienza pura“. I cui esiti, secondo Jorge Mario Bergoglio, “devono essere posti al servizio del bene comune”. Intanto il gotha degli scienziati esperti nel campo delle neurotrofine, scoperte negli anni ’50 e rese celebri dal premio Nobel per la Medicina a Rita Levi Montalcini con l’Ngf (fattore di crescita nervoso), si è riunito a Roma. Una “due giorni” dedicata proprio a discutere il futuro delle neurotrofine che si apprestano a fare un salto dal punto di vista delle applicazioni terapeutiche dall’occhio al cervello. Inclusi i traumi cranici pediatrici e dell’adulto, ma anche il Parkinson e la demenza. Sergio Dompé, a capo del gruppo farmaceutico Dompé, ha promosso a Roma l’evento “From the Eye to the Brain. Translational research on neurotrophins from corneal disease to the central nervous system“.
Valore della ricerca
“Le neurotrofine e l’Ngf in particolare sono un pianeta ancora inesplorato al 90% – aggiunge Dompé-. E’ nostro dovere, essendo oggi i portabandiera di questa proteina, fare molto di più. Abbiamo pensato di riunire i principali scienziati al mondo per fare il punto della situazione. Dopo di che vogliamo presentarci alle autorità internazionali regolatorie, Fda, Ema, Aifa, per condividere dei percorsi prioritari di sviluppo e offrire ai pazienti di tutto il mondo delle prospettive possibili, anche se in medicina non è mai vero fino a quando non l’hai dimostrato e validato da autorità regolatorie. Le persone devono sapere che la prospettiva non è per domani mattina. Ma c’è un enorme ottimismo”, spiega Dompé. Parlando di Rita Levi Montalcini, Dompé ricorda che “è stata una delle donne più intelligenti, affascianti, eleganti che siano mai esistite. Non solo nel modo di parlare e di correlarsi con gli altri o nel modo di vestire. Aveva una eleganza di pensiero e una dolcezza che non faceva comprendere l’incredibile determinazione della scienziata e della donna. Per noi è un orgoglio incredibile oggi, avendo dimostrato, per il momento unici al mondo, le possibilità terapeutiche che l’Ngf è in grado di dare. Ribadendo come ancora ci siano delle possibilità enormi dal lavoro” della Montalcini.
Scoperta
Le neurotrofine sono proteine coinvolte nello sviluppo, nella funzione e nella sopravvivenza dei neuroni. Sono state scoperte 70 anni fa da Rita Levi Montalcini con l’identificazione del Nerve growth factor o Ngf. La prima terapia basata sull’Ngf è arrivata con l’ok dell’americana Fda nel 2018 per il trattamento di una rara patologia oftalmica. “La scoperta delle neurotrofine negli anni ’50 è stata una scoperta davvero rivoluzionaria, che ha cambiato il paradigma. E’ stato un lavoro brillante che ha cambiato il modo in cui pensavamo al funzionamento del nostro cervello – spiega Thomas Sudhof, premio Nobel per la Fisiologia e la Medicina nel 2013 e tra i relatori dell’evento romano – Oggi si fa ancora troppa poca ricerca sulle neurotrofine, ma ci sono opportunità enormi. Queste opportunità si realizzeranno una volta che avremo una migliore comprensione di ciò che fanno le neurotrofine“. Secondo lo scienziato Marcello Allegretti “le neurotrofine giocano un ruolo fondamentale nella fisiologia del sistema nervoso. Modulare il segnale delle neurotrofine è importante per il trattamento di patologie acute e croniche dell’occhio e del sistema nervoso centrale. L’Ngf è stato per noi il primo esempio di una molecola che venendo dalla ricerca di base è stata trasformata in una terapia per una patologia rara oculare“.
Innovazione
Il titolo dell’evento “Dall’occhio al cervello” rimanda alla speranza che la vicinanza fra la ricerca e il mondo delle aziende – che sa come trasformare l’innovazione in prodotto – possa portare soluzione per altre patologie importante. Nel campo sia del sistema nervoso centrale che nella parte posteriore dell’occhio. E sul fronte delle patologie neurodegenerative cosa può fare l’Ngf? “Si parla molto di questo aspetto – chiarisce Allegretti – Chiaramente il percorso di sviluppo di un farmaco è complesso. Ed è tanto più complesso quando le patologie sono eterogenee. E’ un filone però per cui noi partiremo da condizioni acute. Come ad esempio dal trauma cranico. E in particolare studieremo quello acuto nella popolazione pediatrica. Ma il sogno è il Parkinson e l’Alzheimer. Se vediamo quanto tempo è passato dalla scoperta dell’Ngf e l’arrivo del primo farmaco registrato, capiamo bene che è un tempo lungo. Ma non dobbiamo rinunciare al potenziale dell’innovazione e l’unico modo è stare vicino a chi fa ricerca di base”. Intanto una nuovissima terapia infusionale, la foslevodopa/foscarbidopa sottocute, per il trattamento della malattia di Parkinson in fase avanzata. A questo lavora l’equipe diretta dal professore Marco D’Amelio, responsabile della struttura che fa parte dell’unita’ operativa di Neurologia diretta dal professore Giuseppe Salemi presso il Centro Parkinson e Parkinsonismi del Policlinico “Paolo Giaccone” di Palermo. E’ iniziata la cura dei primi quattro pazienti in uno dei cinque centri nazionali che si occupano del trattamento con ultrasuoni focalizzati dei tremori resistenti alla terapia medica con un’equipe multidisciplinare di cui fanno parte neuroradiologi e neurochirurghi.
Ricerca e cura
“Il nostro ospedale – afferma il commissario straordinario del Policlinico, Maria Grazia Furnari – continua a essere all’avanguardia nell’offerta delle migliori terapie per i pazienti affetti dalla malattia di Parkinson. Il nostro impegno costante nella ricerca e nell’implementazione di nuove cure riflette la nostra dedizione a migliorare la qualità della vita dei nostri pazienti. Ringraziamo tutti i nostri professionisti sanitari per il loro impegno e dedizione, e i nostri pazienti e le loro famiglie per la fiducia che ripongono in noi“. La Levodopa/carbidopa per infusione sottocutanea è disponibile in commercio in Italia solo da poche settimane. “La disponibilità di questi trattamenti innovativi a Palermo – spiega D’Amelio – consentirà di ridurre sempre più la migrazione dei pazienti verso altre regioni“. La malattia di Parkinson è una patologia degenerativa caratterizzata dal progressivo rallentamento dei movimenti volontari, legato ad una progressiva riduzione di un neurotrasmettitore cerebrale, la dopamina. La terapia attuale si basa principalmente sulla somministrazione di compresse assunte per via orale che ripristinano i livelli cerebrali di dopamina carenti. “Per superare i limiti della terapia orale – continua il neurologo – negli ultimi anni è stata introdotta una metodica che prevede la somministrazione “continua” di farmaci per la cura della malattia di Parkinson per via sottocutanea o direttamente nell’intestino attraverso una pompa di infusione. Garantendo in entrambi i casi il controllo stabile dei sintomi”.
Collaborazione
Negli ultimi anni D’Amelio, in collaborazione con il professore Francesco D’Arpa, del Servizio di Endoscopia Digestiva del Policlinico, ha selezionato e impiantato quest’ultimo dispositivo in oltre 30 pazienti “con risultati eccellenti in termini di miglioramento della qualità della vita del paziente e dei loro caregivers”. Tuttavia, spiega ancora il Policlinico, per il posizionamento del sistema di somministrazione del gel di levodopa/carbidopa è richiesto un piccolo intervento per via endoscopica e la necessità di controlli periodici. “Il nuovo sistema del farmaco sottocute – continua D’Amelio – si applica invece senza alcun intervento chirurgico, comprende solo una piccola pompa di infusione che può essere legata alla cintura. Ed è facile da usare, efficace e priva di particolari complicanze”. I trattamenti infusivi, che siano sottocute o per via digiunale, sono indicati per la malattia di Parkinson in fase avanzata con gravi fluttuazioni motorie poco controllabili con la terapia farmacologica orale o quella transdermica.