La tratta di esseri umani è una piaga che affligge l’umanità da sempre. Anche oggi che ci vantiamo di vivere in una società evoluta, questo triste fenomeno è invece largamente diffuso. Avviene in molti casi sotto i nostri occhi. Nelle nostre città. E noi spesso ci giriamo dall’altra parte.
Ma fortunatamente non tutti sono indifferenti alla tragedia della tratta di esseri umani. C’è una rete internazionale di donne, donne consacrate, che si spende silenziosamente per aiutare le persone intrappolate nelle maglie della schiavitù. Si tratta della rete Talithà Kum, presente anche in Italia grazie all’azione di USMI/Italia.
Ne parliamo con Sr. Maria Rosa Venturelli, una delle responsabili.
Un mosaico di donne consacrate contro la tratta di persone
Come funziona la vostra rete anti tratta? Come agisce in Italia?
“La nostra rete Antitratta USMI Italia/Roma/Lazio esiste da diversi anni. Innanzitutto si occupa della formazione delle Suore che lavorano in questo ambito di ministerialità sociale, la vicinanza a ragazze e donne con bambini vittime di tratta e violenza. A livello Italia, cioè a livello nazionale, svolgiamo due incontri/seminari di formazione all’anno di un paio di giorni ciascuno. Vi partecipano suore, e laici impegnati in questo settore che lavorano con noi. Questi incontri sona una esperienza forte di comunione tra tutte le nostre case famiglia.
Siamo suore di diverse Congregazioni, etnie e paesi di provenienza diversi, anche con ministeri qualificati e differenti.
In questi ultimi tre anni abbiamo collaborato con altri organismi, come per esempio la Caritas, mettendo insieme sinergie e competenze. Le nostre sessioni formative sono di qualità e molto apprezzate dai partecipanti.
Partecipiamo poi attivamente alla giornata mondiale di preghiera e riflessione contro la tratta che si svolge ogni anno l’8 febbraio. Insieme a Talitha Kum si sta già preparando quella del 2022.La nostra Rete Italia fa parte della Rete mondiale Talitha Kum.
A livello di Roma e Lazio, siamo un gruppo di sorelle e alcune persone laiche, che gestiamo alcune iniziative concrete sul territorio locale. Un incontro annuale di formazione specifica per noi. Per esempio abbiamo curato un incontro sul tema del ‘come curare le ferite delle persone vittime di violenza’. Metodologie di aiuto e conforto e rigenerazione. Quest’anno a metà ottobre 2021 cureremo un incontro sulla ‘spiritualità’ che deve animare noi donne consacrate nello svolgere questo ministero. Ancora: collaboriamo con due case famiglia, per un aiuto di condivisione in tante loro necessità. Una sorella guida un corso di sport, altre sorelle insegnano italiano, altre accompagnano le ragazze o donne nel loro iter per documenti o visite mediche. Partecipiamo pure ai corsi formativi che in una di queste casa famiglia si organizzano per i volontari. Noi siamo come volontarie.
E con questi piccoli gesti, desideriamo ‘toccare la carne di queste ragazze’ dal vivo.
Diciamo che La Rete Roma/Lazio è un po’ il paradigma o la forza motrice di quella nazionale.
Naturalmente il gruppo Roma e Lazio, collabora fattivamente nella preparazione della giornata dell’8 febbraio. Nel 2021 abbiamo partecipato alla maratona mondiale on online con una serie di video delle nostre case famiglia.
Infine, nel centro USMI a Roma, gestiamo le diverse necessità che di giorno in giorno ci giungono: cercare una casa famiglia per una ragazza uscita dalla tratta, aiutare nel dare consigli per documenti presso le ambasciate, e altro ancora.
La nostra è una Rete che si unisce a tante altre persone, che sono sensibili al fenomeno della lotta contro la tratta, soprattutto persone o gruppi laici.
PICCOLE GOCCE di umanità che si spargono sulle vite di donne vittime di traffico”.
Impotenza e tenerezza di madre
Potete raccontarci una storia particolare che vi è rimasta nel cuore?
“Un giorno in un CAS (Centro di Accoglienza Straordinaria) che frequentavo in una periferia della città, incontrai una ragazza eritrea. Era molto giovane, secondo noi ancora minorenne. Parlava solo la sua lingua locale e qualche parola di inglese. Lei desiderava uscire dalla situazione difficile del suo paese, senza libertà e senza diritti umani riconosciuti. Conobbe un giovane straniero del quale si innamorò subito, il quale invece la portò sulla strada. Poi le propose di raggiungere la Svezia per un lavoro. Lei accettò. Con mezzi di fortuna raggiunsero Khartoum in Sudan e qui, con documenti falsi per la ragazza, si imbarcarono su un volo per Roma. Ma all’aeroporto la polizia subdorò qualcosa e fermò la giovane che venne trattenuta per i documenti falsi. Il ragazzo invece era in regola e dovette essere rilasciato. La ragazza venne portata n questo CAS…io e lei parlammo soprattutto con i gesti, con gli occhi, con le poche parole di inglese che lei sapeva. Come donna consacrata provai una infinita tenerezza. Come madre di popoli vissi una emozione profonda e di impotenza ad aiutare”.
Parole chiave di impegno
Che messaggio possiamo diffondere alla società contro l’abominio della tratta?
“Nella lotta contro la tratta tre sono le parole chiave, che vedo importanti per noi donne consacrate:
- Preghiera – implorare da Dio la forza per affrontare questa grande schiavitù moderna.
Non tutte le sorelle si sentono di lavorare in questo ministero. Deve essere una passione che nasce dal profondo del cuore. Avere una sensibilità particolare.
- Riflessione – invitare le persone a riflettere con il passa parola. Sarebbe bello fare qualcosa nelle parrocchie, per far conoscere questa realtà, ma è quasi impossibile. Mentre invece facciamo delle attività con i licei, durante la prevista settimana di alternanza.
- Impegno – Piccoli passi, piccoli impegni di sostegno, dando fiducia e ascolto.
Avere le antenne del cuore aperte e sensibili, per cogliere nelle persone che avviciniamo problematiche di questo tipo, agendo insieme con altri, come una RETE.
Piccole gocce di umanità
Come possiamo aiutare anche noi le persone vittime di tratta?
“Interessandosi a queste realtà, per conoscerla meglio, evitando giudizi avventati e non motivati. Leggere e informarsi e formarsi. Sostenere le persone che già svolgono attività di questo genere. Affiancarle con simpatia.
Sensibilizzare le parrocchie, i sacerdoti e parroci, i laici impegnati a diffondere una cultura del rispetto e di attenzione al diverso e alla persona sofferente, senza giudicarla a priori.
Sensibilizzare i giovani attraverso interventi mirati e qualificati nella scuola.
Donare un po’ del proprio tempo, qualche ora settimanale per una presenza di volontariato in strutture organizzate per il recupero e a rigenerazione di vite distrutte. Ma questo ministero non si improvvisa, ci si deve preparare con cura e disponibilità e generosità.
Una sola vita rigenerata aiuta il mondo ad essere migliore!”.