I ragazzi diversamente abili di Juppiter alla conquista di Capo Nord

L'intervista di Interris.it a Salvatore Regoli, responsabile dell'Associazione Juppiter, che ha guidato una carovana di educatori, adolescenti e ragazzi diversamente abili fino a Capo Nord

La carovana all'arrivo a Capo Nord. Foto: Juppiter

Interris.it ha avuto il privilegio di intervistare un protagonista di un viaggio straordinario: Salvatore Regoli, responsabile dell’Associazione Juppiter che ha guidato una carovana composta anche da ragazzi diversamente abili fino a Capo Nord. Questo viaggio, nato da un sogno e reso realtà grazie alla determinazione e all’impegno di tutti i partecipanti, rappresenta un’esperienza unica di solidarietà, sfide superate e crescita personale. Attraverso le sue parole, è possibile scoprire l’ispirazione dietro questa impresa e il significato profondo dietro ogni chilometro percorso verso il confine del mondo.

L’intervista a Salvatore Regoli

Com’è nata l’idea di portare questo gruppo di ragazzi a Capo Nord?

“E’ stato un sogno che è diventato realtà partito dall’idea di uno dei ragazzi diversamente abili che vivono nelle comunità dell’Associazione Juppiter in provincia di Viterbo. L’idea di una carovana a Capo Nord ha così preso vita in occasione dei 40 anni di Exodus, l’opera fondata da don Antonio Mazzi. E così nel cuore dell’Europa, una carovana di adolescenti, ragazzi diversamente abili, educatori e giovani talenti all’insegna della bellezza e della fragilità hanno viaggiato per migliaia di chilometri determinati a raggiungere il confine del mondo: Capo Nord, in Norvegia. È stata un’esperienza bellissima, 5mila chilometri di viaggio suddiviso in 14 tappe”.

Come avete realizzato concretamente il viaggio?

“Noi li chiamiamo persone speciali, perché è quello che sono: speciali. Siamo partiti il 19 giugno a bordo di 8 mezzi Audi e un furgone Mercedes. In tutto eravamo in 33 persone: oltre a me, c’erano 5 ragazzi diversamente abili, 5 adolescenti talenti della musica e dello sport, 5 giovani esperti di comunicazione, insieme a 11 conducenti dell’Associazione Nazionale Autieri d’Italia, 5 educatori e 1 psicologo. Nelle diverse tappe del viaggio abbiamo dato valore agli strumenti chiave dell’educazione: la musica, lo sport, la comunicazione e la solidarietà. Siamo arrivati alla meta, stanchi ma felicissimi, il 30 giugno. Le condizioni meteo erano proibitive, ma tutti insieme abbiamo fatto un ultimo sforzo collettivo e abbiamo raggiunto a piedi, passo dopo passo, il grande globo, una scultura in ferro che rappresenta un mappamondo”.

Salvatore Regoli a Capo Nord. Foto: Ass. Juppiter

Come hanno vissuto i ragazzi diversamente abili questo lungo viaggio?

“L’approccio dei ragazzi è stato sempre quello di affrontare le sfide con impegno nonostante le grosse difficoltà. È stata davvero un’esperienza straordinaria. All’inizio c’erano molte questioni complicate, dai costi alle attrezzature necessarie. Ma le istituzioni ci hanno dato una mano e tutto è andato straordinariamente bene. Abbiamo affrontato anche difficoltà significative con ragazzi autistici e con altre problematiche importanti. Anche le piccole cose, come trovare un bagno, erano difficili in quelle lande poco abitate. Eppure i ragazzi hanno dimostrato di essere capaci di superare le difficoltà con grande forza d’animo e spirito di adattamento”.

Nel gruppo c’erano anche molti adolescenti. Come si sono comportati?

“Gli adolescenti sono stati di grandissimo aiuto, specie nei confronti dei ragazzi diversamente abili. Hanno quel fuoco dentro che li spinge a fare grandi cose; o a fare e farsi del male se non vengono indirizzati verso il bene. I giovani – come ha sempre detto don Mazzi – hanno bisogno di orizzonti infiniti davanti a sé, di compiere grandi imprese; per questo Capo Nord era l’avventura di cui avevano davvero bisogno”.

Qual è stato il contributo degli educatori?

“Gli educatori sono stati straordinari. Hanno aiutato i ragazzi a sentirsi protagonisti e a superare le loro difficoltà con semplicità. L’aiuto spontaneo degli adolescenti e la preparazione umana degli educatori è stata la cosa più bella e sorprendente del viaggio per me”.

Qual è il messaggio finale di questa grande avventura?

Il messaggio è che non bisogna fermarsi davanti alle difficoltà. Bisogna avere fiducia che sia possibile superarle, soprattutto se ci abbracciamo e lavoriamo insieme. Questa dimensione dell’abbraccio è ciò di cui abbiamo più bisogno, noi presunti ‘normali’, forse più dei ragazzi speciali. Perché loro sono già perfetti così come sono, come come dei bambini. Seguire la loro luce ci porta nella direzione giusta. Noi di Juppiter abbiamo consapevolmente scelto di fare questo percorso con dei ragazzi fragili consapevolmente, per dimostrare che con il giusto supporto tutti sono in grado di a superare le loro difficoltà. Nessuno escluso. E noi lo abbiamo dimostrato con i fatti”.