Radaelli (Fondazione Piatti): “Il valore della riabilitazione intensiva e precoce”

© Fondazione Renato Piatti

Ogni anno in Italia si registrano circa cinquemila nuovi casi di autismo, in media quattordici al giorno, e i tempi di attesa per accedere ai percorsi di cura sono mediamente di due anni. In particolare, come ha sottolineato il dottor Giorgio Seragni, all’interno dell’età evolutiva, negli ultimi dieci anni gli utenti con disturbi neuropsichici seguiti nelle UONPIA (Unità Operative di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza) sono raddoppiati, con un aumento medio del 5-6% all’anno. All’interno di questa tendenza l’aumento percentuale delle persone con disturbi dello spettro autistico è decisamente più̀ elevato della media, arrivando addirittura ad un aumento del 21% annuo.

L’opera della Fondazione Piatti

La Fondazione Piatti opera nell’ambito nell’età evolutiva, grazie all’azione di oltre 500 dipendenti, collaboratori, professionisti e volontari gestisce diciassette unità di offerta e si compone prevalentemente dei Centri Terapeutici-Riabilitativi Semi-residenziali (CTRS), strutture a carattere sanitario che offrono prestazioni di cura e riabilitazione a favore di minori con disturbi del neuro sviluppo e patologie neuromotorie. I CTRS sono presenti a Milano, Varese e Besozzo (VA). Per far fronte ai bisogni delle persone con disturbi psichici in età evolutiva Fondazione Piatti gestisce anche una Comunità Terapeutica (CT) a Fogliaro (VA), in cui la residenzialità temporanea viene utilizzata a fini terapeutico-riabilitativi ed educativi quando si rende necessario il temporaneo allontanamento del minore dal contesto familiare. Interris.it ha intervistato Franco Radaelli, direttore generale della Fondazione Renato Piatti.

Il centro Mafalda Luce (© Fondazione Renato Piatti)

L’intervista

Come nasce e che obiettivi si pone la Fondazione Renato Piatti?

“La Fondazione Renato Piatti nasce alla fine degli anni ’90, dopo un’esperienza di alcune famiglie che, avendo necessità di avere risposte ai bisogni dei loro figli con disabilità giovani e adulti, hanno deciso di associarsi e di inserirsi in un’associazione nazionale come Anffas. Da quel momento, hanno dato vita alle prime esperienze di servizio e di sostegno nei confronti delle persone con disabilità. La domanda principale che, in quel periodo, si pongono quelle famiglie e se dare risposte solamente ai bisogni dei propri figli oppure anche agli altri. Chiaramente, la risposta che si danno, è di provare a generale una soluzione anche per gli altri. Da qui è partita l’idea di realizzare una fondazione, con un modello più aderente alle possibilità di sviluppo e di crescita, snello sotto il profilo gestionale, con un giusto mix tra il codice delle famiglie e quello delle professionalità. Partendo da qui inizia uno sviluppo importante, prima sull’area della disabilità grave e gravissima e, dal 2001, sul versante dell’età evolutiva, quindi dai bambini con autismo, patologie neuromotorie gravi, come la prima esperienza in un centro di Besozzo. Dieci anni fa, si è poi giunti al centro ‘Mafalda Luce’ di cui, in questi giorni, si ha il ricordo dei dieci anni di attività, ma soprattutto il lancio ulteriore dello sviluppo di questo centro. La Fondazione pertanto, in questi vent’anni, è cresciuta molto e, al momento, si prende cura di oltre 600 persone, tra adulti con disabilità, minori con disturbi dello spettro autistico e patologie neuromotorie”.

Quali sono, in particolare, le attività che vengono svolte nel centro Mafalda Luce e quelle ulteriori che verranno aggiunte?

“Nel centro Mafalda Luce garantiamo servizi di riabilitazione intensiva e precoce. Ciò rappresenta un fattore fondamentale, il nostro obiettivo è prendere in carico i bambini in modo tempestivo, al fine di valorizzare le possibilità di efficacia degli interventi riabilitativi, che vanno nella direzione di garantire i migliori percorsi di vita per loro e le rispettive famiglie. Inoltre, le attività ambulatoriali si aggiungono a quelle di tipo semiresidenziale e riabilitativo. C’è poi l’attività di accoglienza, accompagnamento e presa in carico dei nuclei famigliari, sia in riguardo ai vari momenti di vita, a partire dalla notizia della diagnosi in cui, spesso, ci si trova in solitudine e catapultati in un mondo che non si conosce. Si accompagnano poi le famiglie nel processo di crescita, affinché prendano le scelte migliori per i loro figli, anche fornendo le conoscenze, gli strumenti e le competenze, e agiscano la responsabilità genitoriale nel modo più appropriato”.

Quali sono i vostri auspici per il futuro in riguardo alle persone con autismo? In che modo, chi lo desidera, può aiutare la vostra opera?

“Innanzitutto, la nostra ambizione, sia nel centro Mafalda Luce che negli altri servizi è il poter dare delle risposte a un numero maggiore di bimbi. In questo momento, ne abbiamo in carico 230 e, il nostro obiettivo è arrivare a 300 insieme alle famiglie. Vogliamo sviluppare gli interventi riabilitativi integrati, per essere in grado di rispondere ai bisogni delle diverse condizioni e disturbi dello spettro autistico. Da questo punto di vista vogliamo anche incrementare ulteriormente le nostre competenze, rafforzando le collaborazioni che abbiamo con le università e con gli enti di ricerca. Quest’ultima ci aiuta ad avere approcci più efficaci, creare condizioni e possibilità di percorsi di vita coerenti con l’intensità dei sostegni che, le persone con autismo nelle diverse condizioni, hanno bisogno. In questa chiave, sarà fondamentale avere la capacità di creare percorsi differenziati, uscendo da una logica di servizi standardizzati ed entrare in percorsi che garantiscano progetti di vita personalizzati. Ciò avviene sia per merito della stretta sinergia con le istituzioni, ma anche grazie al sostegno che la società civile potrà garantire. In questo senso, anche il centro Mafalda Luce, nasce per la generosità e per l’investimento fatto dalla famiglia Luce di Milano che ha reso possibile la realizzazione del centro. Chi vuole e desidera aiutare il percorso di risposta ai bisogni dei bambini con autismo e delle loro famiglie, lo può fare sia sostenendo la fondazione Piazzi sia con le donazioni che attraverso il coinvolgimento in attività di volontariato qualificato e formato al fianco dei percorsi di riabilitazione e delle famiglie”.

Christian Cabello: