Il 26 aprile 1986, il reattore numero quattro della centrale nucleare di Chernobyl, a circa cento chilometri a nord della capitale ucraina Kiev, è esploso durante un test di sicurezza. Questo è stato il più grande incidente avvenuto in una centrale nucleare, classificato come catastrofico con il livello sette e massimo della scala INES dell’IAEA, insieme a quello avvenuto nella centrale di Fukushima dopo il terremoto e lo tsunami del 2011, ma dieci volte più potente.
Le vittime dell’esplosione
L’esplosione del reattore ha ucciso due addetti della centrale, un terzo è deceduto in seguito ad una trombosi coronarica. Tra il personale e i primi soccorritori, 134 persone sono state ricoverate per gli effetti acuti delle radiazioni; 28 hanno perso la vita nelle prime settimane successive all’esplosione, altri 19 negli anni seguenti. Fra i civili, più di 4mila persone, in gran parte bambini e adolescenti, hanno contratto il cancro alla tiroide, che ha causato 15 vittime. In totale le vittime iniziali del disastro sono state 65. La sorveglianza epidemiologica si è però fermata al 2002, sebbene le persone continuino ad ammalarsi.
I danni all’ambiente
Le radiazioni hanno provocato inoltre numerosi effetti collaterali su piante e animali, con conseguenze su tutto l’ecosistema ambientale. Mentre la cosiddetta Foresta Rossa ubicata nelle adiacenze del reattore ha subito danni permanenti. Gli alberi presenti nella cosiddetta zona di esclusione, tuttavia, hanno mostrato una crescita molto più lenta. Ciò è accaduto perché gli organismi decompositori hanno contribuito al mancato degradamento della materia organica. Numerosi studi hanno messo in evidenza le ripercussioni che la contaminazione radioattiva ha avuto anche per la fauna che abitava le aree maggiormente colpite. Si è notato ad esempio come gli uccelli delle aree maggiormente lambite dalle radiazioni hanno una materia cerebrale notevolmente più piccola o becchi deformi rispetto ad altri esemplari delle stesse specie. Nel corso degli anni si è registrata anche una moria di cavalli e uno sviluppo ritardato su una mandria di bovini.
Le ripercussioni sulla salute
Molteplici studi effettuati hanno evidenziato il modo in cui la ricaduta radioattiva di Chernobyl ha provocato il cancro alla tiroide, una ghiandola a forma di farfalla che svolge un ruolo molto importante nel metabolismo umano. Attualmente il cancro alla tiroide è altamente trattabile con un tasso di sopravvivenza superiore al 90 %. Negli anni passati invece le ricerche hanno scoperto che le persone esposte al fallout di Chernobyl erano soggette a un rischio superiore di carcinoma papillare della tiroide, in modo particolare coloro che all’epoca erano bambini piccoli. Questo perché la ricaduta radioattiva includeva lo iodio-131, un tipo di iodio radioattivo, che ha contaminato le scorte alimentari locali dopo essersi depositato sui campi e sui pascoli degli animali. Lo iodio-131 che aveva contaminato il latte e le verdure si è accumulato nella tiroide delle persone. Successivamente le radiazioni rilasciate dallo iodio-131 hanno danneggiato il DNA delle cellule della ghiandola.
L’impegno di Legambiente
L’azione di Legambiente per aiutare la popolazione di queste aree, ed in particolare i bambini, è radicata nel tempo attraverso il Progetto Rugiada che, da molti anni, mediante una forma di sostegno a distanza, aiuta la popolazione della Bielorussia lambita dal fallout radioattivo e a Vilejka, sulle rive di un lago e in un territorio non contaminato, ha dato vita ad una struttura chiamata Centro Speranza dove vengono accolti bambini che vivono nelle zone a rischio, con problemi sanitari, che possono passare un periodo di decontaminazione, socializzazione e fare controlli sanitari. Il centro offre sia un supporto di tipo medico sia pedagogico. Interris.it ha intervistato in merito a questa esperienza il dottor Angelo Gentili responsabile nazionale agricoltura di Legambiente e coordinatore del centro nazionale per l’Agroecologia di Legambiente.
L’intervista
Qual è l’attuale situazione dei bambini bielorussi che vivono nelle vicinanze di Cernobyl?
“Purtroppo, è una situazione ancora complicata e difficile in quanto, nonostante siano passati molti anni dall’esplosione della centrale nucleare di Chernobyl, persiste un problema molto grande legato proprio alla contaminazione radioattiva e quindi c’è una presenza significativa di radionuclidi, ad esempio il Cesio-137 e lo Stronzio-90, che sono presenti nei terreni e poi si trasferiscono nella dieta di tutti i giorni. Quindi, gli ortaggi, la carne e il latte che vengono mangiati nelle zone contaminate hanno al loro interno una presenza di contaminazione radioattiva. Ciò provoca un abbassamento delle difese immunitarie e una serie di patologie tumorali innescate da una dieta contenente radionuclidi. L’elemento principale è questo a cui si aggiunge una situazione di povertà dal punto di vista sociale che persiste in queste aree. Il risultato di questo è che i bambini sono soggetti a tutta una serie di patologie e sono le vittime innocenti di questa esplosione nucleare che ha determinato per centinaia di anni l’inquinamento radioattivo di queste zone”.
In che cosa consiste il Progetto Rugiada e in che modo Legambiente sta aiutando questi bambini?
“Noi facciamo un progetto specifico che viene realizzato in una struttura denominata Centro Speranza presente in Bielorussia in un’area che abbiamo analizzato e risulta priva di radionuclidi e contaminazione radioattiva. A tal proposito, seppur la Bielorussia abbia il 70% del fallout radioattivo, la contaminazione risulta essere a macchia di leopardo e ci sono delle zone dov’è la stessa non è presente, questa è una di quelle. Qui è stato realizzato un centro, una struttura che ospita i bambini, attraverso una collaborazione che ha visto partecipare anche bielorussi, tedeschi, giapponesi e italiani, che ha permesso di ospitare per tre settimane i bambini, i quali vengono alimentati con cibo pulito – quindi non contaminato dalle radiazioni -, visitati per quanto riguarda l’eventuale presenza di patologie in atto e nello stesso tempo fanno un soggiorno nel quale possono svolgere attività fisica, attività ricreative svolte all’interno di un’area particolarmente suggestiva dal punto di vista naturalistico. Quindi, da una parte i bambini vengono ospitati, dall’altra – alimentandoli con cibo non radioattivo – riescono a perdere una quantità significativa, circa il 60%, dei radionuclidi che hanno nell’organismo e nello stesso tempo vengono visitati per altre eventuali patologie che possono essere presenti”.
In che modo si può aiutare il Progetto Rugiada?
“Il Progetto Rugiada può essere aiutato in modalità diverse. Noi in questo momento stiamo facendo appunto una campagna di raccolta fondi attraverso la realizzazione di pacchi e confezioni natalizie che possono essere prese come donazione dalle persone le regalate a chiunque ed i fondi raccolti andranno al Progetto Rugiada. Questo si può fare attraverso il nostro sito www.solidarietalegambiente.it oppure anche attraverso la nostra e-mail che è info@festambiente.it con la quale si possono chiedere informazioni e ci si può mettere in contatto con noi per questa operazione, oppure sostenere direttamente mediante una donazione il Progetto Rugiada. In questo momento i bambini e i ragazzi hanno molto bisogno del nostro aiuto perché purtroppo tra emergenza radioattività, presenza del Covid-19 e situazione generale della Bielorussia, non sono in una situazione fortunata. Per questo noi li aiutiamo e cerchiamo di dare loro sostegno a distanza proprio in un’ottica in cui i bambini diventino, da prime vittime della tragedia nucleare, i primi soggetti a cui rivolgere il nostro aiuto”.