“Io credo che la pandemia abbia cambiato radicalmente il mondo del lavoro. E ritengo che molti di questi cambiamenti siano irreversibili. Pensiamo al lavoro a distanza“, spiega a Interris.it la professoressa Silvia Profili ĆØ ordinario di Organizzazione Aziendale allāUniversitĆ Europea di Roma.
Lavorare in un mondo che cambia
La professoressa Profili coordina il corso di laurea magistrale in Economia e Management dellāInnovazione. Dopo la laurea in Economia e Commercio alla Sapienza di Roma e il dottorato di ricerca in direzione aziendale all’UniversitĆ di Bologna, ha approfondito i suoi studi negli Stati Uniti, in Spagna e in Olanda. Ha co-fondato e dirige la “Human Resource Management Track allāEuropean Academy of Management (Euram) Conference. Sulla gestione delle risorse umane e sul comportamento organizzativo ha pubblicato molti saggi su riviste scientifiche internazionali. Ed ĆØ docente in numerosi master tra cui quello della Luiss. In che modo il protrarsi della crisi Covid incide in Italia sulla gestione delle risorse umane?
“Fino a un anno fa a lavorare da remoto erano prevalentemente persone con disabilitĆ . Con problemi di salute. O con altre fragilitĆ . La gran parte delle organizzazioni e soprattutto la maggior parte dei manager non erano propensi a rendere flessibile il ‘tempo’ e lo ‘spazio’ del lavoro. Ad eccezione di poche aziende ‘illuminate’. Che giĆ vedevano nel ‘remote working’ uno strumento di flessibilitĆ . Per accrescere lāengagement dei collaboratori. il loro equilibrio vita-lavoro. E le loro performance”.Da cosa nasce questa resistenza?
“Come se lavorare fuori dallāufficio significasse per definizione lavorare meno. O lavorare peggio. Gli studi organizzativi in effetti hanno messo in luce giĆ da tempo la presenza nelle organizzazioni di un forte ‘presenteismo’.CioĆØ?
“I lavoratori cioĆØ tendono a restare in ufficio anche quando malati. A lavorare troppe ore. Sono riluttanti ad accedere a forme di flessibilitĆ . Quali il part time. lāorario flessibile. lo smart working. Una riluttanza che deriva dal timore di subire discriminazioni. E questo ovviamente genera costi enormi. Per gli individui. Per la societĆ . E per le aziende. Ma ciĆ² accadeva prima della pandemia”.E con la pandemia?
“Adesso sono in molti ad aver capito che la flessibilitĆ (intesa nelle sue diverse dimensioni legate sia al ‘quando’ si lavora sia al ‘dove’ si lavora) puĆ² avere tanti vantaggi. E soprattutto che le persone possono essere produttive, motivate, fedeli e āingaggiateā anche se non presenti a tempo pieno in ufficio. Credo che questo apprendimento collettivo non potrĆ che influire sullāorganizzazione del lavoro dei prossimi decenni. E quindi pone nuove sfide alle direzioni delle risorse umane”.Quali sono le difficoltĆ principali che unāimpresa si trova ad affrontare nellāamministrare la riduzione della presenza di personale in sede?
“Il lavoro a distanza crea tante opportunitĆ . Ma pone altrettante sfide. Per funzionare, infatti, richiede di sapere affrontare un cambiamento che ĆØ prima di tutto culturale. Faccio riferimento, in particolare, allo stile di leadership del ācapiā. La portata della trasformazione che stiamo vivendo ĆØ tale che i tradizionali modelli di leadership non tengono piĆ¹”. PuĆ² farci un esempio?
“Il leader ‘comando e controllo’, abituato ad uno stile direttivo, ad un approccio top-down deve cedere il passo ad una leadership che sappia guidare le persone. Attraverso la condivisione di un purpose chiaro e di valore. Lāindicazione del ‘perchĆ© siamo qui, quale ĆØ il senso della nostra impresa’. E dellāimpatto che possiamo avere, come individui e come team, per realizzare il fine ultimo dellāorganizzazione. C’ĆØ poi un’altra competenza chiave”.A cosa si riferisce?
“A una competenza che i manager devono sviluppare. Ossia la capacitĆ di creare un clima di fiducia e di sicurezza. Gli psicologi parlano di ‘psychological safety‘. Per indicare quella stato psicologico in cui prevale un senso di sicurezza. La consapevolezza che non si sarĆ puniti o umiliati per aver mostrato dei dubbi. Per aver messo in luce criticitĆ . O per aver fatto degli errori. Molte ricerche hanno dimostrato che i team piĆ¹ performanti sono proprio quelli caratterizzati da maggiore āsicurezza psicologicaā.PerchĆ©?
“PerchĆ© gli individui diventano piĆ¹ collaborativi. Open-minded. PiĆ¹ resilienti e motivati. E quindi piĆ¹ creativi. A far funzionare i team sono il significato condiviso, la chiarezza degli obiettivi. E il senso di sicurezza e la fiducia. Anche quando si lavora a distanza”.Lo smart working puĆ² essere utilizzato solo in determinati segmenti del mondo del lavoro?
“Dipende quale accezione diamo al concetto di smart working. Lavorare in maniera āsmartā, quindi in modo intelligente, non significa solo o necessariamente lavorare āda casaā. Lāesperienza che molti lavoratori stanno vivendo a causa della pandemia ĆØ solamente un home working ‘forzato’. Che non ha niente a che vedere con il lavoro āsmartā, o agile. Che invece implica una cultura del lavoro completamente nuova”.
In cosa differisce?
Ć ovvio che la possibilitĆ concreta di lavorare con tempi e spazi flessibili non ĆØ la stessa in tutti i settori. Ci sono alcuni lavori, ad esempio nel manifatturiero, che non possono essere svolti in smart working. Ma secondo alcuni studi il 35% dei lavoratori italiani potrebbe lavorare in maniera smart. Rispetto al 26% di lavoratori di fatto in smart working durante il lockdown. E allāesiguo 2% di lavoratori agili del 2019″.Si puĆ² trarre una lezione in termini di risorse del lavoro dalle innovazioni organizzative richieste dalla pandemia?
“Abbiamo capito che si puĆ² immaginare il lavoro in modo diverso e piĆ¹ flessibile. Che la tecnologia puĆ² abilitare modalitĆ di collaborazione. E processi di lavoro nuovi ed efficienti. E che non sono solo le nuove generazioni ādigitaliā ad apprezzare la flessibilitĆ . Adesso perĆ² bisogna far tesoro di questa esperienza. E reinventare nuovi spazi di socialitĆ . Per non disperdere quel tessuto relazionale che rappresenta la linfa vitale di tutte le organizzazioni”.
Ā
Ā