Professor Giorgi: “Safety intervention per il ritorno in classe degli studenti”

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Un aiuto psicologico per aiutare gli studenti a superare la ferita della “scuola chiusa” per Covid. “Il ritorno in classe degli studenti ha richiesto un grande impegno organizzativo di ‘Safety intervention’. Come purtroppo abbiamo potuto constatare si possono presentare pericoli legati al contagio da Covid-19. Ed è pertanto strategico che la scuola e l’università adottino in modo molto preciso tutti i meccanismi di prevenzione possibili“, afferma a Interris.it il professor Gabriele Giorgi, docente di Psicologia del Lavoro e delle Organizzazioni all’Università Europea di Roma.

Sos istruzione in pandemia

Lo psicologo Gabriele Giorgi ha lavorato e ha ottenuto riconoscimenti internazionali in numerose università italiane e straniere (Giappone, Regno Unito, Norvegia). Ha pubblicato studi scientifici sulla salute e la sicurezza nei posti di lavoro, sull’intelligenza organizzattiva, sullo stress nella aziende e sulla psicologia cross-culturale. “I giovani sono una delle categorie più colpite dagli effetti disfunzionali del Covid-19 dal punto di vista psicologico- evidenzia a Interris.it il docente dell’Università Europea di Roma-. Proprio perché la solitudine e l’isolamento ne hanno acuito l’insoddisfazione e la frustrazione”.Professore, quali difficoltà comporta il ritorno in classe per gli studenti?

“Anche i meccanismi di protezione individuali devono essere utilizzati. Con assoluto rigore. Senza abbassare l’attenzione. O, metaforicamente, potremmo dire la mascherina.  Importante anche il rispetto del distanziamento! Accanto a questo intervento sulla sicurezza è fondamentale anche creare un clima emotivo positivo. Gli studenti hanno trascorso periodi di ‘lontananza’ dalla socialità e dalla vita vera. Con il rischio da una parte di sviluppare quella che in letteratura si chiama ‘pandemic fatigue. Dall’altra di accrescere il senso incertezza per il proprio futuro”. E per i lavoratori in smart working quali sono le conseguenze?

“Lo scenario del mondo del lavoro si è modificato in maniera rapida. Soprattutto per quanto riguarda la crescente digitalizzazione. Lo smart working in questo periodo di Covid ha assunto sempre più la connotazione di ‘emergency working’. Tutte queste trasformazioni hanno anche permesso la nascita di nuove opportunità. Sia per i datori di lavoro. Sia per i dipendenti. Promuovendo un’accelerazione tecnologica. E una maggiore autonomia e libertà. Tuttavia, si riscontrano alcuni rischi”.Quali?

“Rischi legati soprattutto alla salute. I dispositivi tecnologici possono imporre una connessione permanente con l’attività lavorativa. E così si riduce la qualità delle esperienze di pieno riposo (recovery). Inoltre, favoriscono l’ipertecnologizzazione. Che può trasformarsi rapidamente in una vera e propria dipendenza. Si parla molto di internet addiction. La tecnologia può anche creare un maggior carico lavorativo. E può costringere i lavoratori ad utilizzare momenti del proprio tempo libero per far fronte ai compiti lavorativi. Che assumono, quindi, un’accezione più obbligante”.Può farci un esempio?

“Lo smart-working inibisce la sensazione che in psicologia del lavoro chiamiamo ‘Distacco psicologico’. Ovvero il sentirsi disimpegnati e fuori dalla situazione lavorativa. Questa esperienza è necessaria perché aiuta a liberarsi momentaneamente da tutti quei pensieri relativi al mondo lavorativo. Pensieri che, se invece sono troppo presenti e duraturi, potrebbero comportare effetti disfunzionali”.La didattica e il lavoro a distanza sono più una opportunità o una limitazione?

Ci sono sia opportunità che limitazioni. Luci e ombre, dunque. Dipende molto anche dai contenuti del lavoro e dalla tipologia della didattica. Sicuramente ci sono attività che possono essere virtualizzate più facilmente. Altre dove la distanza o il virtuale ha sicuramente un impatto inferiore. Difficile o impossibile sostituire mansioni lavorative o attività pratiche come quella di un operaio. Un altro elemento su cui riflettere è la preferenza individuale”.  A cosa si riferisce?

“Il ‘remote working’ può avvenire per libera scelta. O per rispondere a precisi vincoli organizzativi. Nel primo caso può essere visto come un’opportunità. Nel secondo caso come una costrizione. Sicuramente appare importante la percezione soggettiva di ciascun soggetto”.Quali conseguenze individuali e collettive sta producendo la pandemia sulla società?

“Il cigno nero del coronavirus, come previsto, ha eroso l’economia globale. Con un riverbero negativo sul business aziendale. Sulla salute psicologica dei lavoratori. E sulla vita di tutti. Abbiamo anche assistito a episodi aggressivi. Tumulti sociali. Proteste figlie spesso di meccanismo di contagio psicologico. O di eccessiva frustrazione che si trasforma inesorabilmente in aggressione sulle orme della teoria ìFrustration-Aggression'”.Cosa comporta?

“Purtroppo ci porteremo dietro un aumento ed una maggior diffusione dei problemi psicologici. Occorre pertanto fare prevenzione. E intervenire prontamente quando si riscontrano le prime difficoltà che ci appaiono insuperabili”.

 

 

Giacomo Galeazzi: