Oggi, 14 novembre, si celebra in tutto il mondo la Giornata mondiale del diabete. Istituita nel 1991 dall’International Diabetes Federation e dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), la Giornata viene organizzata per sensibilizzare e informare l’opinione pubblica sul diabete, sulla sua prevenzione e gestione. Secondo l’OMS nel mondo sono 1 milione 500mila i decessi attribuiti ogni anno al diabete; il 9% degli adulti sono affetti da diabete; e il 90% delle persone diabetiche sono affette da diabete di tipo 2.
I dati sul diabete in Italia
Ieri, 13 novembre, si sono svolti a Roma gli “Stati Generali del Diabete” durante i quali è stata illustrata la situazione della patologia diabetica in Italia. L’incidenza del diabete di tipo 1 è in crescita a un tasso del 3-4% annuo e ha subito un’impennata nei due anni di pandemia. In aumento anche il diabete di tipo 2, una malattia che fino a qualche tempo fa era tipica dell’età adulta e che oggi – anche a causa di sovrappeso, obesità, stili di vita scorretti – cresce anche negli under-20.
Secondo la Società Italiana di Endocrinologia e Diabetologia Pediatrica (Siepd) , inoltre, il 40% delle diagnosi di diabete di tipo 1 nei bambini arriva in ritardo. Tale ritardo può incidere anche sull’aspettativa di vita, che può essere ridotta di 16 anni se la malattia insorge prima dei 10 anni e non è controllata opportunamente.
Nella Giornata Mondiale del Diabete, Interris.it ha intervistato sull’argomento il prof. Stefano Cianfarani, responsabile di Endocrinologia e diabetologia dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma (Opbg) e Presidente della Siepd dal 2017 al 2019.
L’intervista al prof. Cianfarani (Opbg)
Cosa è il diabete e quanti tipi se ne conoscono?
“Il diabete è l’eccesso di zucchero, quindi di glucosio, nel sangue. E’ dunque una iperglicemia che si verifica perché c’è una carenza della produzione di insulina da parte del pancreas. Esistono fondamentalmente due grandi tipologie di diabete: il diabete tipo 2 che è tipico dell’adulto (anche se ultimamente sono in crescita i casi in età adolescenziale). E il diabete di tipo 1 che è il diabete insulinodipendente e che si sviluppa in seguito a una risposta immunitaria proprio nei confronti delle cellule che producono l’insulina nel pancreas. Non è corretto però chiamarlo – come spesso accade – ‘diabete giovanile’, poiché in età pediatrica e adolescenziale possono verificarsi entrambi i tipi di diabete, tra l’altro molto diversi tra loro. Esistono anche il Maturity Onset Diabetes of the Young (Mody), forma genetica–familiare; e il diabete secondario ad altre malattie (fibrosi cistica, malattie endocrinologiche, etc.) o legato all’assunzione cronica di terapia cortisonica, alcune terapie oncologiche e post-trapianto”.
Che differenza corre tra il diabete di tipo 1 e 2?
“Il diabete di tipo 1 è dovuto a una risposta autoimmunitaria che distrugge le cellule del pancreas che producono l’insulina. In Italia, si verifica ogni anno in circa 12 bambini su 100.000, con maggior frequenza nei maschi rispetto alle femmine. Diversamente, il diabete di tipo 2 è spesso associato a una condizione di obesità e spessissimo a una predisposizione genetica. Infatti, nelle famiglie di questi adulti con diabete di tipo 2 c’è frequentemente una storia positiva per lo stesso tipo di malattia”.
Quali sono le cure attualmente disponibili per il diabete di tipo 1?
“La terapia ad oggi è una soltanto: l’insulina. Conseguentemente, un bambino o un ragazzo che ha un diabete di tipo 1 deve fare la terapia con insulina e portarla avanti per tutta la vita. Si stanno facendo degli studi, di trial, che usano cellule staminali; ma siamo ancora a livello sperimentale. Al momento perciò l’unica terapia possibile è l’insulina. Quello che cambia è il modo di somministrare l’insulina. Oggi esiste il pancreas artificiale ibrido: con questa tecnologia si può valutare momento per momento l’andamento del glucosio nel sangue e, attraverso un microinfusore – sostanzialmente una piccola pompa che si applica sulla cute del paziente – si regola la infusione di insulina a seconda delle informazioni che giungono dal sensore”.
Quanto il diabete influisce sulla vita di un bambino o di un ragazzo?
“In generale, tutti i dati disponibili per quanto riguarda la qualità di vita dei bambini, dei pazienti e delle famiglie sono molto rassicuranti, soprattutto se confrontati con bambini e famiglie che non hanno il diabete. Esistono però due momenti critici nella malattia”.
Quali?
“Il primo è quello della diagnosi. Specie i genitori di bambini molto piccoli (quelli ad esempio che vengono diagnosticati precocemente nei primi 5-6 anni di vita) hanno un primo impatto con la malattia molto complicato. Occorrono mesi sia perché metabolizzino psicologicamente la diagnosi, sia che prendano dimestichezza con la terapia e la gestione del bambino con diabete”.
Qual è il secondo momento critico?
“E’ quello adolescenziale. La tipica crisi adolescenziale che intacca tantissime certezze, intacca spesso anche la gestione del diabete da parte del ragazzo adolescente che comincia durante questa fase (per fortuna transitoria…) a rifiutare i controlli periodici. Non solo quelli ospedalieri, ma a volte anche quelli personali che vanno comunque fatti quotidianamente anche quando il bambino o il ragazzo ha il sensore o il microinfusore”.
C’è qualcosa nella quotidianità del bambino diabetico che rimane impedita a causa della malattia?
“Assolutamente nulla: il minore diabetico può fare qualunque cosa. Ci sono campioni olimpici che hanno il diabete tipo 1! Nessuna attività mentale o sportiva è preclusa a un bambino o ad un adolescente con diabete di tipo 1”.
Concludendo, perché è importante aver dedicato una giornata mondiale al diabete?
“Per diversi motivi. Il primo: il tema di questa giornata è l’ampliamento dell’accesso alle cure per il diabete. In Italia e nei paesi occidentali non è problematico procurare l’insulina né tutta la tecnologia necessaria ad oggi disponibile. Ma in molti Paesi del mondo purtroppo questo non avviene: non solo non hanno una tecnologia avanzata, ma mancano addirittura delle formulazioni più recenti di insulina. Un altro aspetto che fa di questa giornata un appuntamento importante è che mantiene alta l’attenzione non soltanto delle famiglie ma anche dei medici sul diabete. Infatti, la diagnosi di diabete di tipo 1 in età pediatrica è a volte ritardata perché non riconosciuta, nonostante esistano dei sintomi di allarme. Così i bambini arrivano al pronto soccorso con la chetoacidosi che è una condizione molto grave che può portare al coma e alla morte. Quindi, quella odierna è una giornata importante non soltanto per i media, non soltanto per le famiglie, ma anche per i medici e i pediatri affinché non abbassino la guardia sul diabete”.