Nell’ultimo giorno di ottobre cade la Giornata mondiale delle città, istituita dall’Assemblea generale delle Nazioni unite per sensibilizzare la comunità internazionale sulle sfide dell’urbanizzazione e della sostenibilità, tra loro strettamente interconnesse. La sostenibilità, in un contesto urbano, è sia ambientale, ovvero la riduzione delle emissioni, le aree verdi, una migliore qualità dell’aria, rispetto della biodiversità, il ciclo dei rifiuti, che sociale, la mobilità e trasporti, i servizi, la sicurezza e il risparmio energetico, e riguarda tutti, da chi risiede in centro fino a chi abita nelle periferie.
Città (in)sostenibili
Le città italiane non se la passano tanto bene, in quanto a sostenibilità. Le metropoli del Belpaese, nonostante alcuni progressi, registrano ancora ritardi per quanto riguarda lo smog, il traffico, i rifiuti, il trasporto pubblico locale, il consumo di suolo, lo spreco idrico e la scarsa diffusione dell’utilizzo di fonti “verdi” di energia come solare e fotovoltaico. E’ quanto emerge da “Ecosistema urbano”, il report di Legambiente realizzato in collaborazione con Ambiente Italia e Il Sole 24 ORE, sulle performance ambientali di 105 Comuni capoluogo. Nei trent’anni di rilevazioni – la prima edizione dello studio risale al 1994 – ci sono stati dei miglioramenti come l’aumento della percentuale di raccolta differenziata (dal 4,4% in media del ‘94 al 62,7% nel 2022 ma solo in alcuni capoluoghi) e della diffusione della ciclabilità, ma il tasso medio di motorizzazione resta a livelli tra i più alti d’Europa – oltre 66 auto ogni 100 abitanti -, col trasporto pubblico ancora lontano dalle medie europee e in diminuzione, ed è cresciuta la produzione complessiva di rifiuti, salita da 455 chilogrammi a testa all’anno nel 1994 a 516 kg/anno nel 2022. In aggiunta, il consumo del suolo continua la sua corsa. Secondo l’edizione 2023 del rapporto dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra)“Consumo di suolo, dinamiche territoriali e servizi ecosistemici”, nel 2022 le nuove coperture artificiali hanno interessato oltre 21 ettari al giorno, segnando un +10,2% rispetto al 2021. Negli ultimi undici anni non si erano mai superati i 20 ettari.
L’intervista
L’intervista di Interris.it al professore di progettazione e di tecnica urbanistica Antonio Cappuccitti, docente dell’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”.
Le città, tra un centro “vetrina” commerciale e per eventi, posti per l’aggregazione, gentrificazione, stanno andando in direzione di centri abitati fatti a “zone”? E queste comunicano tra loro?
“È vero, talvolta le nostre città sembrano divise in zone profondamente differenti, che riflettono qualità e identità molto diverse, e i cittadini in esse spesso vivono male e si muovono con difficoltà. Una risposta positiva a questa situazione viene offerta, negli ultimi anni, dal progressivo affermarsi nella società civile di quella che potremmo chiamare ‘cultura della rigenerazione urbana’, che va delineandosi coma un’autentica e progressiva assunzione di coscienza collettiva. Rigenerazione urbana vuol dire costruzione di nuove positive qualità della città sulla base di una visione strategica di futuro che sappia coniugare sinergicamente aspetti ecologico-ambientali, sociali ed economici, urbanistico-architettonici. In questa direzione hanno compiuto passi concreti, tra l’altro, alcune leggi ed esperienze regionali significative, ed una serie di disegni di legge nazionali attualmente in discussione, ma molta è la strada da percorrere, in particolare nel coordinamento e operatività delle diverse istituzioni interessate. I centri delle città devono vedere rivalutati e valorizzati i propri caratteri identitari e sociali e la qualità dei propri spazi collettivi, ma nel contempo la questione delle periferie richiede che nuove qualità e funzioni ‘centrali’ possano rigenerare efficacemente i luoghi dove più si avvertono i problemi della marginalità urbana, con interventi che sappiano rigenerare lo spazio della città generando nel contempo efficaci ricadute socioeconomiche”.
Cresce l’urbanizzazione, dovuta anche al fatto che sempre più persone lasciano i borghi e si trasferiscono nei grandi centri, insieme al consumo del suolo. Come rendere allora una città sostenibile, dal punto di vista ambientale e sociale?
“In realtà molte importanti città italiane non crescono ormai più da diversi anni, almeno sotto il profilo demografico, e una di queste è proprio Roma. Eppure il fenomeno del consumo di suolo continua ad assumere dimensioni imponenti in molte aree del Paese, verificandosi sulla base di motivazioni e processi differenti. Il concetto di rigenerazione urbana è inscindibilmente legato alla mitigazione del consumo di suolo, e proprio in quanto consistente in una strategia complessiva richiede azioni che si articolino in campi differenti e complementari: dalla qualità dello spazio pubblico alla valorizzazione dell’ambiente e del verde urbano, dal progetto sociale alla costruzione di nuove identità, da una efficiente politica del trasporto collettivo al contrasto nei confronti degli inquinamenti. In sostanza: una strategia di rigenerazione urbana per essere efficace e vincente ha bisogno di articolarsi in molteplici azioni interrelate e complementari tra di loro, riguardanti complessivamente tutti i diversi e complessi aspetti della sostenibilità ambientale e della qualità urbana”.
Roma, che da un lato è 89esima nell’ultimo rapporto di Legambiente sulle performance ambientali, dall’altro sperimenterà un ecoquartiere, “Città Verde Smart District”. Può essere un tipo di soluzione da adottare a larga scala o è meglio capire come rendere sostenibili le sue diverse parti in base alle caratteristiche di ciascuna?
“Il riferimento a ‘buone pratiche’, e il perseguimento alla scala locale di modelli progettuali virtuosi, è senz’altro importante e determinante. Ma nel particolare caso di Roma va rimarcato, anche, che questa città gode di una qualità molto peculiare e in certo senso ‘genetica’: il suo essere dotata di una rete ecologico-ambientale che presenta eccezionali caratteri di continuità e di qualità, benché talvolta poco conosciuta dagli stessi cittadini romani. Con le sue vocazioni a costituire un sistema di aree di elevata qualità ambientale coeso e ramificato, questa rete possiede le potenzialità a diventare progressivamente una vera e propria struttura verde in grado di caratterizzare vigorosamente la futura immagine della città e di costituirne il principale e centrale riferimento di valorizzazione ecologica: un sistema coeso di parchi, aree per l’agricoltura urbana, aree verdi pregiate di diverso rango e natura, zone fluviali, aree verdi attrezzate e non, zone di valore storico-testimoniale, centralità locali verdi”.
Nelle città c’è il problema delle isole urbane di calore dovute al maggior assorbimento di energia solare da parte del cemento delle costruzioni e delle superfici asfaltate. Come le città possono affrontare gli effetti del cambiamento climatico?
“Una serie di semplici princìpi può essere ben documentante di un atteggiamento progettuale virtuoso: recuperare funzioni e suoli dismessi, adottare conformazioni dello spazio urbano che contrastino l’isola di calore e assecondino il flusso dei venti dominanti, tendere al bilancio nullo del consumo di suolo effettivo, riutilizzare e rigenerare il patrimonio insediativo, tendere al tessuto insediativo compatto e alla conformazione strutturante e centrale dello spazio pubblico, adottare densità insediative tese all’‘effetto città’ e al risparmio di suolo, valorizzare i margini dell’edificato rispetto al territorio naturale contermine, conferire rilevanza primaria, strutturazione e continuità alle reti verdi, valorizzare al massimo la ‘mobilità dolce’ ciclopedonale e il trasporto collettivo, ottimizzazione e cicli virtuosi delle risorse, invarianza di permeabilità e idraulica dei suoli, accessibilità e prossimità degli spazi pubblici urbani e periurbani, coperture a verde naturale seminaturale e agricolo”.
Come si può rendere sostenibile l’esistente e il nuovo, quando non se ne può fare a meno?
“Un atteggiamento progettuale veramente sostenibile nella rigenerazione urbana si dispiega in azioni diverse e articolate, in quanto la qualità urbana richiede attenzione verso aspetti molteplici. Ma soprattutto, se parliamo di rapporto tra l’esistente e il nuovo, una delle chiavi risolutive è la rigenerazione dell’estesissimo patrimonio di aree dismesse che contraddistingue il paesaggio delle nostre città: costruire sul costruito, recuperando e riutilizzando l’esistente, conferendo nuovi significati urbani e funzioni al suolo dismesso, minimizzando nel contempo il consumo di nuovo suolo”.