C’è una povertà che corrode il presente e insidia il futuro. Contro la povertà educativa che in Italia interessa un minore su 4 si è svolto a Napoli il congresso Siped. Con focus sulla dispersione scolastica e il ruolo dell’Intelligenza artificiale. L’Ia, quindi, a supporto di programmi integrati volti a contrastare la piaga della povertà educativa. I lavori del convegno nazionale della Società italiana di Pedagogia si sono conclusi nel capoluogo campano con l’intervento del sindaco, Gaetano Manfredi. Nel corso delle trenta sessioni di dibattito scientifico è stato analizzato, sotto varie angolazioni, proprio il tema del contrasto alla povertà educativa e alla dispersione scolastica. La prima sessione è stata introdotta dall’assessora all’Istruzione e alle Famiglie del Comune di Napoli Maura Striano. E’ emerso appunto come in Italia un minore su quattro viva in condizioni di povertà educativa. Molte famiglie non sono in grado di provvedere ai bisogni primari di studio, sport, divertimento, sana alimentazione. Allo stesso tempo, i modelli devianti trovano facili consensi. Anche perché amplificati da un uso distorto e compulsivo dei social. Cresce, infatti, la percentuale di minori che girano armati e si moltiplicano gli episodi di violenza, di bullismo e di cyberbullismo.
Lotta alla povertà
La Siped, sottolinea il suo presidente Pierluigi Malavasi, ha fatto incontrare a Napoli esperti italiani e stranieri. Si è trattato di un confronto scientifico e programmatico in merito alla drammatica situazione della povertà educativa. A 100 anni dalla nascita di Alberto Manzi, gli studiosi che si sono riuniti a Napoli hanno affrontato il fenomeno che colpisce i minori. Partendo dalla ricerca e progettazione pedagogica per contrastare povertà educative e dispersione scolastica. Il convegno si è chiuso con la consegna del Premio Italiano di Pedagogia a docenti e ricercatori. Dunque, secondo la Siped, la sfida scientifica, didattica e sociale è quella di mettere in campo le migliori energie pedagogiche. Solo così è possibile salvare una generazione di bambini e giovanissimi. Specialmente nel Sud Italia dove l’abbandono degli studi coinvolge il 17 per cento degli allievi mentre la dispersione scolastica sfiora il 10 per cento. Il convegno della Società italiana di Pedagogia è stato dedicato al maestro Alberto Manzi. Una figura-simbolo della lotta alla povertà educativa. Il docente e pedagogista, negli anni Sessanta del secolo scorso, contribuì ad insegnare lettura e scrittura agli italiani fuori età scolare. Attraverso la storica trasmissione televisiva “Non è mai troppo tardi”. Dal 1946 al 1947 Manzi insegna nel carcere minorile “Aristide Gabelli” di Roma dove condusse la prima esperienza come educatore. Manzi deve insegnare a circa 90 ragazzi fra i 9 e i 17 anni (perché appena maggiorenni passavano al Regina Coeli) con alfabetizzazioni e storie differenti, in un’enorme “aula” senza banchi, sedie, libri. Senza niente. L’ambiente è durissimo. Quattro insegnanti prima di lui avevano rinunciato.
Il maestro Manzi
Il gruppo è difficile, però Manzi riesce a guadagnarsi l’attenzione dei ragazzi iniziando a raccontare la storia di un gruppo di castori che lottano per salvare la propria libertà. I giovani carcerati scrivono insieme la storia e la portano in scena. Funziona. Il gruppo è ormai coeso. Anche grazie alla fiducia del direttore del carcere e del sacerdote, i ragazzi pubblicano un giornale, La Tradotta. È il primo giornale fatto in un carcere. Dal lavoro svolto coi ragazzi Manzi rielaborerà in seguito il suo primo romanzo, Grogh, storia di un castoro, premiato nel 1948 con il “Collodi” per le opere inedite, due anni dopo pubblicato dalla Bompiani e poi tradotto in 28 lingue. Nel 1953 ne fu ricavata una riduzione radiofonica dalla Rai.
“Di tutti quei ragazzi, quando sono usciti dal carcere, solo 2 su 94, così mi fu detto, sono rientrati in prigione”.
Il suo primo stipendio è di novemila lire al mese. Nel 1950 Domenico Volpi lo chiama a collaborare con la casa editrice Ave per la quale pubblicherà numerosi testi scolastici. E farà parte della redazione de “il Vittorioso”, rivista per ragazzi, lavorando con Gianni Rodari, Jacovitti, Giacomo Cives.
Minaccia globale
La povertà che minaccia le nuove generazioni è un problema globale. “E’ tra le nostre priorità per la presidenza brasiliana del G20. Assieme a disuguaglianze, cambiamento climatico e riforma della governance globale. Serve una task force contro la fame e la povertà aperta a tutti i Paesi, compresi quelli non membri del G20″, sostiene il presidente brasiliano Luiz Inacio Lula da Silva. E aggiunge: “Abbiamo anche lanciato una task force per la mobilitazione contro il cambiamento climatico. L’obiettivo è quello di incentivare l’attuazione dell’accordo di Parigi. Il Brasile ha ridotto la deforestazione. E ha invitato i Paesi più ricchi a mantenere il sostegno promesso dalla COP-15 in Danimarca di 100 miliardi di dollari per la conservazione dell’ambiente”. Prosegue il presidente brasiliano: “Sosteniamo la tassazione dei super-ricchi. Un gruppo di soli 3.000 individui concentra la ricchezza del pianeta. Se mettessimo una tassa del 2 per cento, si aiuterebbe a eliminare la fame nel mondo. Tremila miliardari possiedono quasi 15 mila miliardi di dollari. Il Brasile sostiene le misure per far fronte al debito delle economie in via di sviluppo”.