Era il 22 dicembre 1992 quando l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite con la risoluzione 47/196 istituirono la giornata internazionale contro la povertà. L’idea è nata da Padre Joseph Wresinski e circa 100,000 difensori dei diritti umani riuniti il 17 ottobre 1987 sulla piazza del Trocadero a Parigi. In quell’occasione espressero il loro rifiuto nei confronti della povertà esortando l’umanità a unirsi per far rispettare i diritti umani.
La fragilità nella povertà
La povertà non indica solo una mancanza di reddito, è anche espressione di fragilità, insicurezza ed è alla base di alcuni problemi individuali e sociali. Lo scorso anno, Caritas ha rilevato dei dati che testimoniamo l’aumento di poveri che ha nella propria rete di persone che sostiene. C’è stato ed tutt’ora in corso un incremento di coloro che sperimentano contemporaneamente fragilità di diversa natura, mescolando povertà materiali e immateriali.
“Una povertà dalle mille sfaccettature con un preoccupante aumento dei problemi legati alla perdita del lavoro e delle fonti di reddito – ha dichiarato il presidente di Caritas Italia monsignor Carlo Roberto Maria Redaelli, arcivescovo di Gorizia -. Dalle due rilevazioni fatte nei mesi scorsi relativamente alle attività delle Caritas in questo periodo di pandemia emerge che sono molti i “nuovi poveri” che non si erano mai rivolti ai centri Caritas”.
I nuovi poveri
“Tra questi ci sono italiani e stranieri, giovani adulti ma anche anziani soli, famiglie con minori, nuclei con disabili, persone in difficoltà nel pagamento di affitto o mutuo, ma anche chi ha manifestato un disagio psicologico – relazionale, difficoltà scolastiche, solitudine, depressione, rinuncia o rinvio di cure e assistenza sanitaria. Si tratta per lo più di disoccupati in cerca di nuova occupazione, persone con impiego irregolare fermo a causa della pandemia, lavoratori precari o saltuari che non godono di ammortizzatori sociali, lavoratori dipendenti in attesa della cassa integrazione ordinaria o cassa integrazione in deroga, lavoratori autonomi o stagionali in attesa dei vari bonus, pensionati, inoccupati in cerca di prima occupazione, persone con impiego irregolare, casalinghe”.
Le iniziative di Caritas
“Di fronte ai nuovi, crescenti bisogni, il coinvolgimento delle comunità e l’attivazione solidale sono stati esemplari con un moltiplicarsi di iniziative. In particolare si sono attivati enti pubblici, enti privati, terzo settore, parrocchie, gruppi di volontariato, aziende, singoli. Con tutte queste realtà le Caritas diocesane hanno in questi mesi favorito e incrementato la collaborazione. Sono cambiati o si sono adattati anche i servizi e gli interventi, in particolare: i servizi di ascolto e accompagnamento telefonico o anche in presenza negli ospedali e nelle Rsa; la fornitura di pasti da asporto e consegne a domicilio; la fornitura di dispositivi di protezione individuale e di igienizzanti; le attività di sostegno per nomadi, giostrai e circensi costretti alla stanzialità; l’acquisto di farmaci e prodotti sanitari; la rimodulazione dei servizi per i senza dimora; i servizi di supporto psicologico; le iniziative di aiuto alle famiglie per smart working e didattica a distanza; gli interventi a sostegno delle piccole imprese; l’ accompagnamento all’ esperienza del lutto. A tutto questo si sono aggiunte le strutture edilizie che le Diocesi hanno destinato a tre categorie di soggetti: medici e infermieri, persone in quarantena e persone senza dimora”.
Emergenza fame
“Merita di essere sottolineato l’incremento di attività della rete degli Empori della solidarietà (sono 106 in tutta Italia quelli gestiti direttamente o cogestiti dalle Caritas diocesana o enti gestori ad esse collegati, o che rientrano nel coordinamento formale promosso dalle stesse) a favore dell ‘emergenza alimentare, come pure la nascita o il potenziamento in molte diocesi di “fondi” gestiti dalla Caritas destinati a venire incontro a chi per la pandemia ha perso il lavoro o non lo può trovare. In ogni caso anche in questa situazione è stata decisiva la rete dei Centri di ascolto delle Caritas diocesane e parrocchiali, che pure nelle limitazioni del confinamento, sono stati segno di una Chiesa attenta e accogliente verso i bisognosi”.
L’importante presenza dei giovani volontari
“Una vivacità di iniziative e opere realizzate grazie a decine di migliaia di volontari e operatori, con la disponibilità anche di molti giovani (vista anche la difficoltà dei volontari più anziani a operare con i rischi legati alla pandemia), a partire da quelli impegnati nel Servizio Civile Universale, che, da nord a sud del Paese, non hanno fatto mancare il loro impegno quotidiano, la loro prossimità e generosità verso i più poveri, anche durante questa pandemia. Il coinvolgimento generoso dei giovani è un dato molto confortante e promettente e spinge le Caritas diocesane a potenziare le iniziative e le proposte indirizzate a loro (in accordo con la pastorale giovanile delle varie diocesi) e, soprattutto, a dare spazio a un loro protagonismo nell’ambito della carità (senza che si sentano semplicemente “forza lavoro” a sostegno o sostituzione dei volontari più anziani)”.
L’attenzione per i migranti
“Non si è dimenticato l’impegno a favore dei rifugiati e dei migranti. In collaborazione con la Fondazione Migrantes la Caritas ha distribuito aiuti alimentari e avviato attività di sostegno per nomadi, giostrai e circensi costretti alla stanzialità; ci si è presi cura di quanti hanno visto interrotto il loro percorso di inserimento e una particolare attenzione è stata data ai lavoratori stagionali e a quanti svolgevano lavori informali con forme di impiego irregolare, anche con consulenze specifiche relative al “decreto emersione”.