“Policrisi” è il termine (uno dei più utilizzati, a livello mondiale, nel 2023) per intendere la presenza contemporanea di più calamità: quella bellica (sempre più estesa e con teatri di guerra in rapido aumento), ambientale, economica, sanitaria, occupazionale e demografica. Le crisi producono reazioni a catena poiché fra loro strettamente legate, a esempio, la calamità bellica con quella economica e viceversa. In un’ottica olistica, la policrisi diviene quasi un unico, un tutto a se stante, non scomponibile nelle varie crisi che ne fanno parte e che sono intessute fra loro.
Ogni settore sembra essere attraversato da problematicità: convivenza pacifica, costo dell’energia, diritto alla salute, ambiente, ambito scolastico, occupazionale, sicurezza, disastri naturali, stravolgimenti demografici, grandi migrazioni, trasporti. L’umanità ha sempre vissuto periodi di criticità, caratterizzati da guerre, epidemie e carestie. Quello che contraddistingue la fase attuale è la notevole e forte compresenza di più squilibri. Mai forse, nella storia umana, si erano concentrate così tante problematiche insieme, di portata immane.
La policrisi è nata nel XXI secolo: la sua prima conseguenza è stata quella di non far respirare, di non dare tregua, di non “raccogliere i feriti”. Il “fatto nuovo” è che ciò che è compiuto oggi, ha il carattere dell’irreversibilità: difficile tornare indietro e riparare. Il 17 gennaio scorso, il Messaggio del Santo Padre Francesco al presidente esecutivo del World Economic Forum, in occasione del meeting annuale a Davos-Klosters (Svizzera), esortava “I successi raggiunti, pur avendo ridotto la povertà per un grande numero di persone, non di rado hanno portato anche a una diffusa esclusione sociale. Infatti, la maggior parte degli uomini e delle donne del nostro tempo continua a vivere ancora una quotidiana precarietà, con conseguenze spesso drammatiche. […] In questa sede, desidero richiamare l’importanza che hanno le diverse istanze politiche ed economiche nella promozione di un approccio inclusivo, che tenga in considerazione la dignità di ogni persona umana e il bene comune. Si tratta di una preoccupazione che dovrebbe improntare ogni scelta politica ed economica, ma a volte sembra solo un’aggiunta per completare un discorso. Coloro che hanno incombenze in tali ambiti hanno una precisa responsabilità nei confronti degli altri, particolarmente di coloro che sono più fragili, deboli e indifesi. […] Tuttavia, la crescita in equità esige qualcosa di più della crescita economica, benché la presupponga. Essa esige anzitutto ‘una visione trascendente della persona’”.
Giorgio Arfaras, economista, è l’autore di “Le regole del caos” (sottotitolo “Riflessioni sul disordine economico mondiale”), pubblicato da “Paesi Edizioni” nel febbraio 2023. Parte dell’estratto recita “In Occidente si assiste al ritorno dello Stato in campo economico e a un’impennata dei lavori ad alta e bassa qualificazione, che però hanno messo in crisi il ceto medio […] Intanto a Oriente, Russia e Cina hanno consolidato modelli autocratici e spinto lo Stato a controllare l’economia. Lo scontro economico tra Ovest ed Est si gioca così sulle loro peculiarità: con l’Ovest che domina nella tecnologia e nei mercati finanziari, e l’Est che possiede le materie prime”.
La Fondazione CESVI ha pubblicato, al link https://www.cesvi.org/approfondimenti/indice-globale-della-fame/, il rapporto 2023 del GHI. Fra i numerosi dati, si legge “L’Indice Globale della Fame (o GHI, Global Hunger Index) è uno strumento statistico per la raccolta di dati sulla fame nel mondo e sulla malnutrizione nei diversi Paesi. […] Dopo diversi anni di avanzamenti, a partire dal 2015 i passi avanti nella lotta alla fame a livello mondiale si sono in gran parte arenati. A soli sette anni dalla data prevista per il raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDG), le conseguenze negative dei cambiamenti climatici, dei conflitti, delle crisi economiche, della pandemia globale e della guerra russo-ucraina hanno accresciuto le disuguaglianze sociali ed economiche e rallentato – se non fermato del tutto – i precedenti progressi nella riduzione della fame in molti Paesi. […] Il punteggio di GHI 2023 per il mondo è 18,3, considerato moderato, meno di un punto al di sotto del punteggio mondiale di GHI 2015, che era 19,1. Inoltre, dal 2017 […] il numero di persone denutrite è passato da 572 milioni a circa 735 milioni”.
Il Rapporto “Prospects for children Global Outlook 2024”, pubblicato dall’Unicef il 5 gennaio scorso, visibile al link https://www.unicef.org/globalinsight/media/3406/file/UNICEF-Innocenti-Prospects-for-Children-Global-Outlook-2024.pdf, individua le 8 catastrofi globali, in atto. Si tratta di: cambiamenti geopolitici e il rischio di conflitti, frammentazione economica, sistema multilaterale frammentato, economie in via di sviluppo che devono ancora far fronte a disuguaglianze strutturali nell’architettura finanziaria internazionale, disinformazione e livelli più elevati di disinformazione della violenza politica, transizione verso l’energia verde, El Niño e le malattie trasmesse dalle zanzare e la scarsità d’acqua, i potenziali impatti delle tecnologie incontrollate.
La policrisi cambia nel corso del tempo: nel Rapporto dello scorso anno, a esempio, si citava ancora l’influenza nefasta del Covid, i rischi dell’inflazione, l’insicurezza alimentare, il problema energetico e la disparità di accesso a internet. Quattro enormi sventure hanno squassato il pianeta negli ultimissimi anni e hanno posto a dura prova anche la tenuta psicologica di chi non ne è stato coinvolto direttamente: quella pandemica, economica e i due gravi conflitti in Ucraina e in Medio Oriente.
A rincarare la dose si pongono gli interrogativi un po’ inquietanti relativi all’intelligenza artificiale. Non si tratta di crisi bensì di incertezza: l’opinione pubblica non conosce bene i futuri sviluppi e il timore è che la situazione possa sfuggire al controllo e spersonalizzare, ancora di più, l’individuo.
La policrisi ha una potenza scatenante nei rapporti umani, producendo lacerazioni gravissime a livello sociale e con ripercussioni sul benessere personale, sia dal punto di vista fisico sia da quello mentale. Implica la divisione più totale, spinge sull’indifferenza, sulla superficialità, sulla prepotenza e sul soddisfacimento materiale immediato e a tutti costi. Emargina e tutte le fasce d’età ne sono coinvolte, in particolare le due estremità: giovani e anziani.
I giovani, nel precariato esistenziale che li coinvolge sotto il profilo umano, sociale e lavorativo, trovano, tra presente e futuro, uno scenario negativo. Alcuni hanno rinunciato a preoccuparsi (ritiro sociale), sotto i colpi dei problemi, altri hanno scelto battaglie soprattutto di tipo ambientale, pochi si interessano alla politica in senso stretto, sia del proprio Paese sia a livello internazionale. Ai bambini, in particolare, guerra, povertà ed esclusione, portano lutti, ferite, privazione dei diritti, violenza, lesioni mentali insanabili: un’infanzia negata sotto tutti i punti di vista.
Proprio per la contingenza, molti esperti preferiscono definire i giovani come la “generazione della policrisi”, anziché utilizzare le classiche distinzioni fra quella “millennials”, “Z” o “Alpha”. Le scelte dei ragazzi sono compromesse, poco intenzionali, vissute sulla circostanza, spesso con successivi rimorsi. I fenomeni di emarginazione ed esclusione sono evidenti.
A fatalismo, allarmismo e tiepidismo è necessario, tuttavia, contrapporre una reazione culturale, spirituale e sociale. La policrisi non concede alternative né opportunità: non si può scendere a patti, occorre rifiutarla e “combatterla”. È talmente magmatica e onnicomprensiva che non lascia spazi: chi pensa di ottenerne chance e vantaggio, è uno speculatore che lucra sulle sofferenze altrui. La policrisi implica, come antidoto, una risposta di condivisione, di collaborazione e compassione.
È davvero il momento di considerare ciò che è “piccolo”, vedere, osservare e ascoltare davvero la persona vicina per una resilienza più compatta, molecolare ma poderosa rispetto alla maestosità dei problemi mondiali. Una sciagura deve far riflettere e indurre a una svolta, a un cambio di programma e azione: vista la situazione in cui si è precipitati, occorre trarre insegnamento ed effettuare un passo indietro, affinché l’essere umano tenda a specchiarsi nel dolore, a capire i suoi limiti, senza pretendere di andare oltre, di godere di un’onnipotenza terrena.
Nessuno è escluso ed estraneo alla policrisi, neanche chi si dovesse sentire una semidivinità. La persona comune reagisce, come può, alle avversità che la attanagliano da più fronti e cerca di limitare i danni. Nel mezzo del caos, l’epicentro della policrisi è rappresentato da coloro che già erano indifesi, deboli e poveri. Policrisi è “polipovertà”, quella che conduce al baratro. Non è una questione di retorica, moralismo, belle parole e utopie: è realtà, l’abisso è stato toccato, l’umanità attuale, intera, non può reggere il peso di tante avversità poste insieme.
O si cambia o l’intelligenza artificiale rimarrà sola, a raccontare di un’umanità così “progredita”, tanto da essere composta di individui ridotti ad ammazzarsi l’un con l’altro, fino alla fine. Le crisi attuali, senza limiti, sono incontrastate. Non si tratta, quindi, di sfide del mondo contemporaneo, articolato e complesso, verso nuovi e importanti traguardi, come qualcuno le vuol presentare, bensì di un ripiego verso una bandiera bianca unanime.