“Apprezziamo l’approccio del premier Giorgia Meloni ad una problematica seria e delicata come lo è la giustizia e la situazione delle carceri. Senza la certezza della pena non si va da nessuna parte, è un principio fondamentale su cui si regge la credibilità dello Stato nei confronti dei cittadini. Una volta rispettato questo principio, bisogna occuparsi delle carceri e della detenzione delle persone in maniera seria, senza ammiccamenti alla popolazione reclusa”. A parlare è Federico Pilagatti, responsabile per la Regione Puglia del SAPPE (Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria), intervistato da Interris.it in seguito al discorso del Presidente del Consiglio Giorgia Meloni nell’Aula della Camera per le dichiarazioni programmatiche del Governo.
Il passaggio del discorso della Meloni su giustizia e carceri
“Legalità vuol dire anche una giustizia che funzioni, con una effettiva parità tra accusa e difesa e una durata ragionevole dei processi, che non è solo una questione di civiltà giuridica e di rispetto dei diritti fondamentali dei cittadini, ma anche di crescita economica: la lentezza della giustizia ci costa almeno un punto di Pil l’anno secondo le stime di Bankitalia – ha detto la Meloni nel corso del suo discorso –. Lavoreremo per restituire ai cittadini la garanzia di vivere in una Nazione sicura, rimettendo al centro il principio fondamentale della certezza della pena, grazie anche a un nuovo piano carceri. Dall’inizio di quest’anno sono stati 71 i suicidi in carcere. E’ indegno di una nazione civile, come indegne sono spesso le condizioni di lavoro degli agenti di polizia penitenziaria”.
L’intervista
Dott. Pilagatti, cosa intende quando parla di “ammiccamenti alla popolazione detenuta”?
“La gestione dei DAP (Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria) è da tempo affidata a gente che non è all’altezza del gravoso compito: invece di sforzarsi di ovviare alle difficoltà che non consentono il raggiungimento dei fini previsto dall’art.27 della Costituzione, inventano improbabili patti od altro per tenere buona la popolazione detenuta. Dequalificando ancora di più il ruolo degli operatori penitenziari a partire dalla polizia e dagli educatori”.
Cosa dovrebbe impegnarsi a fare il nuovo esecutivo per i detenuti?
“Il governo si deve impegnare a garantire ai detenuti una minima assistenza sanitaria poiché in carcere la stragrande maggioranza è composta da tossicodipendenti, malati cronici, malati psichiatrici. Inoltre, non si deve dimenticare l’edilizia penitenziaria, non tanto per aumentare i posti, ma per dare a poliziotti e detenuti la possibilità di poter vivere e lavorare in ambienti salubri e non fatiscenti come quelli attuali”.
Cosa pensa delle pene alternative al carcere?
“Crediamo che in carcere debbano rimanere quei detenuti refrattari a qualsiasi trattamento, mentre quanti hanno voglia di mettere la testa a posto e con un residuo pena non importante, dovrebbero avere la possibilità di uscire dal carcere. Per le persone con problemi di tossicodipendenza dovrebbero essere previsti dei percorsi per la loro riabilitazione e recupero”.
Come Sappe, cosa volete chiedere al nuovo Governo?
“Un impegno preciso in termini di risorse e uomini: mancano 5000 poliziotti dall’organico già falcidiato dalla legge Madia. Le carceri sono diventati luoghi senza sicurezza e questo va a penalizzare principalmente la stragrande maggioranza di detenuti corretti che vogliono scontare la pena in maniera tranquilla, ma che non possono poiché la carenza dei controlli li sottomette ai detenuti più violenti e prepotenti. Inoltre, deve aumentare il numero degli educatori e degli assistenti sociali altrimenti la rieducazione diventa molto difficile da perseguire. Infine, e non per importanza, chiediamo di eliminare la figura dei garanti dei detenuti. Questo perché la legge ha già previsto a garanzia dei detenuti i magistrati di sorveglianza che dovrebbero essere di più: saranno chiamati a lavorare sodo per decidere di ammettere alle pena alternative, semilibertà, affidamento servizi sociali, sempre più detenuti”.