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Piccole botteghe d’Italia in crisi (VIDEO)

150 anni di tradizioni. Solo durante la guerra la festa è stata sospesa ed ora, quando nessuno se lo aspettava, è di nuovo tutto fermo

Il 22 giugno Nola si sarebbe colorata con gli odori e le canzoni della Festa dei Gigli che avrebbero esaltato la bellezza di una storia millenaria. Il busto del Santo Patrono Paolino avrebbe sfilato per le strade della città ed una settimana di festa sarebbe iniziata per i nolani. ‘Sarebbe’, appunto, perché il Covid-19 quest’anno ha spazzato tutto via, rompendo le tradizioni.

Nola 2018 – Passaggio di Tutti i Gigli Nel Vico Piciocchi ©Gigli Nel Mondo

La crisi della carta pesta

Non solo tradizioni però, non sono le uniche a mancare, c’è una grande fetta di economia che non gira. La festa che salta vuol dire lasciare a casa tante persone che lavorano dietro le quinte e soprattutto vuol dire la crisi di uno dei settori cardine della Festa Dei Gigli: la carta pesta. Per ricordare questo importante momento che non si potrà vivere a 360° Nola ha deciso di posizionare nei luoghi storici della festa, alcune parti dei rivestimenti dei gigli, che sono proprio in carta pesta. Questa è un materiale storico con cui, da sempre, sono stati rivestiti i gigli e InTerris ha incontrato Giuseppe Tudisco, maestro cartapestaio, appartenente ad una delle famiglie più antiche di Nola che da sempre ha lavorato nel mondo dell’arte, per scoprire un mondo fatto di storia e tradizioni, ma che quest’anno è in forte crisi economica.

Come nasce questa tradizione a Nola?
“La carta pesta si associa alla festa dei gigli a partire dalla fine del 1800. Nel corso dei secoli ci sono stati vari grande maestri cartapestai, uno di questi fu proprio il mio bisnonno Gaetano Tudisco, che ha dato il via ad una lunga generazione di figli e nipoti che hanno scelto di dedicarsi a quest’arte. Un viaggio molto lungo che oggi con me ha raggiunto la quinta generazione. In tutto sono 150 anni che la mia famiglia appartiene al mondo giglistico”.

Il coronavirus come ha cambiato la vostra realtà lavorativa?
“Purtroppo questo è un anno di grandi sacrifici perché la mia attività non è legata solo alla Festa dei Gigli, ma a tutte le feste che si svolgono durante l’anno, al carnevale dei vari paesi che festeggiano questa ricorrenza con la sfilate dei carri, ad altre feste patronali, alle scenografie teatrale. Ora tutto è fermo e ancora non si sa quando ci sarà una vera ripresa, per ora ci sono sprazzi di luce, sembrano quasi finte illusioni perché il ritorno alla normalità, almeno nel mondo dell’arte, è ancora troppo lontana”.

Come nasce la carta pesta?
“La cartapesta è detta arte povera. Nasce dall’unione della carta da imballaggio e del foglio di giornale. Il tutto viene lavorato con una colla naturale fatta di acqua e farina. Ovviamente prima di procedere bisogna sempre fare un calco in gesso, poi il resto vien da se, si procede sulla base di un progetto che viene definito già precedentemente. É un procedimento lungo e complesso, che richiede molta attenzione, ma in generale ogni opera artistica ha bisogno di cura e attenzione affinché esca una vera opera d’arte”.

Cosa cambia di anno in anno?
“Ogni tempo ha le sue incongruenze e le sue difficoltà. Rispetto agli anni 70, 80 oggi c’è una mentalità completamente diversa. Io sono cresciuto con mio nonno e ho vissuto l’epoca in cui tutti amavano la carta pesta ed il Giglio era il vero protagonista della festa. Oggi invece la situazione è cambiata. Sempre più rivestimenti vengono fatti in polistirolo, per un fattore economico e di tempo. Per fare una forma di carta pesta ci vogliono 2 giorni per la stessa in polistirolo solo 3 ore, e ovviamente c’è anche una netta differenza di prezzo. Ovviamente servono meno persone che ci lavorino, e tutto costa meno, ma è triste perché è così che le tradizioni lentamente vengono perse“.

Come fare per tramandare la tradizione alle future generazioni?
“C’è un ingrediente base che serve per riuscire in tutto nella vita: la passione. Se non hai passione non puoi portare avanti questa attività. Io sono laureato in legge, ma a 10 anni già lavoravo con mio nonno e ho deciso di portare avanti io la bottega. Se c’è volontà, passione e amore per questo lavoro si potrà continuare altrimenti credo che finirà con me purtroppo”.

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