Nei prossimi anni e decenni aree sempre più vaste e spesso poverissime del Pianeta saranno colpite da una sempre maggiore carenza d’acqua. Una crisi idrica di portata epocale che diverrà sempre di più conseguenza diretta della crisi climatica, poiché causata in gran parte dal riscaldamento globale accelerato dalle emissioni di gas serra, con conseguenze drammatiche sull’aumento di fame, malattie e migrazioni forzate di massa.
Già oggi 2 miliardi di persone nel mondo non hanno accesso adeguato all’acqua e potrebbero salire a 3 miliardi entro il 2050.
È l’allarme lanciato da Oxfam in occasione della Settimana mondiale dell’acqua con il primo di una serie di rapporti, che fotograferanno una crisi che determinerà il futuro del pianeta.
Il dossier – prendendo in esame 20 dei principali Paesi colpiti dalla crisi idrica e climatica in 4 aree del mondo – denuncia infatti un’emergenza che già oggi colpisce 2 miliardi persone nel mondo che non hanno accesso adeguato all’acqua e che entro il 2050 potrebbe colpire 1 miliardo di persone in più. Una data entro la quale si potrebbero registrare fino a 216 milioni di migranti climatici interni a livello globale, tra cui 86 milioni solo in Africa sub-sahariana.
Per comprendere le cause e le conseguenze della crisi idrica che sta colpendo milioni di persone, Interris.it ha intervistato Paolo Pezzati, policy advisor sulle emergenze umanitarie di Oxfam Italia.
L’intervista a Paolo Pezzati (OXFAM Italia)
Qual è l’aspetto più grave evidenziato dal lavoro Oxfam?
“L’aspetto più grave è che nel dibattito mondiale sugli effetti del cambiamento climatico non si parla mai a sufficienza né con la dovuta gravità della crisi idrica innescata da tali cambiamenti. Una crisi idrica – come ben evidenzia il rapporto Water dilemmas: the cascading impacts of water insecurity in a heating world – che non ha precedenti nella storia dell’umanità e che Oxam vuole portate all’attenzione di tutti”.
Dove la crisi idrica impatterà maggiormente?
“Il rapporto fotografa l’impatto devastante del cambiamento climatico sulla disponibilità d’acqua in aree sempre più vaste e vulnerabili in Africa, Medio Oriente a Asia. Dunque, nella capacità di sussistenza di una larga fascia della popolazione mondiale: circa 2 miliardi in zone dove è sempre più difficile trovare dell’acqua”.
Avete già delle difficoltà nel trovare acqua?
“Sì. I nostri ingegneri sono costretti a scavare pozzi sempre più profondi, più costosi e più difficili da mantenere in funzione, spesso solo per trovare falde già esaurite o inquinate. Ad esempio, in Africa orientale, alle prese con la peggiore siccità degli ultimi 40 anni, in media 1 pozzo su 5 che scaviamo oggi è già asciutto. I terreni sono aridi e dobbiamo scavare sempre più a fondo o impiegare tecnologie di desalinizzazione che a volte non funzionano, con costi sempre maggiori, proprio mentre gli aiuti internazionali per fronteggiare l’emergenza idrica stanno calando. La carenza o assenza d’acqua ha poi una ricaduta catastrofica su molteplici aspetti della vita quotidiana delle persone impattando negativamente sulla produzione agricola, sull’allevamento e sulla capacità di produrre cibo. Pensiamo che la carestia causata dalla carenza idrica scatenerà maggiori flussi migratori: le persone che non possono più produrre e sopravvivere, si sposteranno in altre aree con possibili conflitti”.
Africa, Medio Oriente e Asia: quali tra questi tre Continenti critici soffre di più la carenza idrica oggi?
“L’Africa nella zona sub sahariana. In questa area si stanno verificando già adesso episodi gravi che in futuro vedremo anche in altre zone del Globo. Crisi idrica infatti non significa solo carenza d’acqua, ma anche troppa acqua in un lasso di tempo troppo breve perché il terreno riesca ad assorbirla. Già oggi in Africa vediamo periodi di siccità sempre più prolungato seguiti da piogge e inondazioni estreme: il terreno riarso da mesi di siccità non riesce ad assorbire l’elevata quantità di pioggia che cade in poche ore. In Sud Sudan le inondazioni stanno spazzando via le strutture igienico-sanitarie, inquinando e quindi rendendo inservibili le fonti d’acqua dolce disponibili”.
Qual è la situazione in Medio Oriente?
“In Medio Oriente e Asia la situazione non è critica come in Africa ma abbiamo già i primi segnali. L’Iraq, (uno degli stati al mondo più vulnerabili agli effetti della crisi climatica) sta affrontando una delle più gravi siccità di sempre, che ha colpito un’area vastissima del Paese. Al momento 7 milioni di persone sono senz’acqua, cibo ed elettricità e tanti agricoltori sono costretti ad abbandonare terreni e animali per migrare verso città e centri urbani. Nella provincia di Diyala, nel nord dell’Iraq, ad esempio, le alte temperature hanno prosciugato le riserve d’acqua da cui dipende la sussistenza della popolazione, compreso il lago artificiale Hamrin, che in buona parte è diventato una pianura desertica”.
Quali pericoli per l’Asia?
“In Asia vastissime aree saranno colpite dall’innalzamento del livello del mare, che potrebbe superare il mezzo metro entro il 2100 e dallo scioglimento dei giacchiai. Questo provocherà inondazioni e renderà inservibili molte delle falde acquifere da cui dipendono centinaia di milioni di persone, lungo le zone costiere”.
C’è rapporto tra crisi idrica e malattie?
“Certamente. Secondo lo scenario evidenziato dal rapporto Oxfam, le malattie come la malaria e la dengue potrebbero crescere del 183%. Quella che abbiamo di fronte è una delle più gravi minacce che l’umanità si trova ad affrontare e a pagarne il prezzo più alto sono paradossalmente i Paesi meno responsabili delle emissioni inquinanti. Ma al contempo sono quelli più poveri e dunque meno preparati a contrastare e prevenire i disastri naturali prodotti dai cambiamenti climatici”.
Quali conclusioni trarre?
“La crisi idrica porterà ad un mondo sempre meno sicuro, con milioni di persone che non saranno in grado di raggiungere la sussistenza e che saranno costrette a lasciare la propria terra per non morire di fame, di sete, di malattia o a causa dei conflitti armati per il controllo delle risorse. Le nazioni ricche, che sono al contempo le più inquinanti, non possono continuare a far finta di nulla; al contrario è cruciale che riducano immediatamente e drasticamente le loro emissioni e che aumentino gli aiuti ai Paesi più poveri e a rischio. Altrimenti, le conseguenze della crisi idrica colpiranno anche l’Occidente con effetti disastrosi, come abbiamo visto in Italia tra siccità e alluvioni. Siamo ancora in tempo per correggere la rotta, ma dobbiamo agire in fretta prima che sia troppo tardi”.