Dal seme di un’amicizia è nato un albero che è cresciuto e ha allungato le sue radici in due continenti, dall’Europa all’America centrale. Un progetto che è un esempio di quella “ecologia integrale” di cui parla papa Francesco nella sua enciclica Laudato si’, poiché si pone l’obiettivo di salvaguardare l’ambiente mettendo le persone al centro di un cambiamento positivo. Questo è quello che fa ZeroCO2, la startup nata tre anni fa che si occupa di riforestazione ad alto impatto sociale: si creano sistemi agroforestali piantando alberi, forestali per l’assorbimento dell’anidride carbonica e da frutto per la produzione agricola, che vengono poi donati alle comunità contadine locali, spesso molto povere. L’obiettivo, insieme al contrasto dei cambiamenti climatici, è quello di fornire gli strumenti teorici e tecnici alle popolazioni locali per metterle al centro di un processo di cambiamento positivo per l’ambiente e per la comunità. Ad oggi, ZeroCO2 ha piantato oltre 600mila alberi, che hanno assorbito 336,4 milioni di chilogrammi di anidride carbonica, e ha supportato circa 12mila famiglie.
L’intervista
Andrea Pesce, co-founder della startup, ha raccontato a Interris.it com’è cominciata questa avventura e quali sono le sue attività.
Come nasce ZeroCO2?
“L’idea è nata quando ero in Guatemala, dove ho conosciuto Virgilio Galicia, co-founder di ZeroCO2 e mio grande amico. Insieme abbiamo deciso di creare una realtà che potesse supportare le comunità contadine e renderle promotrici di un cambiamento positivo in un territorio di monoculture dove degrado ambientale e sociale sono strettamente collegati. Riforestare è il nostro modo di creare impatto, unendo impatto ambientale e sociale”.
La vostra mission è salvaguardare la natura mettendo al centro le persone, un concetto che richiama quello di “ecologia integrale” di cui parla papa Francesco nella sua enciclica Laudato sì. Come si tengono insieme impatto ambientale e sociale?
“Non può esistere contrasto alla crisi climatica senza supporto alle persone. Il riscaldamento globale ha effetto sugli ecosistemi, soprattutto su quelli più fragili, e di conseguenza sulle persone. Se diamo alle comunità gli strumenti per resistere agli effetti della crisi climatica li rendiamo promotori di un cambiamento positivo. C’è differenza tra piantare un albero e lasciarlo lì, sperando che sopravviva, e affidarlo ad un contadino che se ne prende cura e giova dei frutti prodotti. Natura e società devono riavvicinarsi”.
Come la riforestazione e l’afforestazione consentono di contrastare la crisi climatica?
“Il principale beneficio è l’assorbimento di CO2. Le attività umane legate ai combustibili fossili continuano ad emettere in atmosfera gas clima-alteranti; ad oggi gli alberi sono la miglior tecnologia per catturare la CO2. Gli alberi hanno tantissimi altri benefici, ripuliscono l’aria, abbassano la temperatura circostante e rigenerano il suolo. Per fare ciò però bisogna piantarli con cognizione e studio. Nei nostri progetti ricreiamo sistemi agroforestali che simulano la complessità di una foresta, producendo anche benefici per le comunità”.
Dove operate?
“Il principale Paese è il Guatemala, dove tutto è partito, e dove gestiamo il loro più importante progetto di riforestazione.Abbiamo progetti anche nella Foresta amazzonica peruviana, nella Patagonia argentina, in Tanzania e in tutte le regioni d’Italia”.
Quali alberi piantate?
“Le quantità e le specie di alberi piantati vengono definite dai nostri agronomi in base alle caratteristiche del territorio. Ogni paese ha i suoi alberi autoctoni, ad esempio in Perù piantiamo specie in via d’estinzione da sementi raccolte direttamente nella Foresta amazzonica. Piantiamo sia alberi forestali, che crescono rapidamente assorbendo molta CO2 e ricreano habitat naturali, sia alberi da frutto che danno supporto alle comunità contadine”.
Come funziona il processo di riforestazione ad alto impatto sociale, come vi relazionate con le comunità locali?
“Il primo passo è individuare una comunità di contadini con appezzamenti di terreno adatti alla riforestazione. La comunità viene contattata spiegando il progetto e se lo accetta iniziano le formazioni sulla gestione sostenibile della terra. Successivamente arrivano gli alberi, che vengono piantati insieme al nostro team, lo stesso che periodicamente visiterà i progetti aiutando le comunità nella gestione degli alberi. I contadini cui doniamo gli alberi vivono in condizioni di povertà: pur avendo appezzamenti di terra, non hanno i mezzi per coltivarla e questo li costringe a lavorare per aziende o multinazionali straniere. Donando gli alberi a queste persone, gli restituiamo la dignità di essere contadini e la libertà di poter lavorare la propria terra”.
In che modo aiutate le aziende a diventare realmente più sostenibili?
“Supportiamo le aziende a migliorare la loro consapevolezza e a prendere scelte più responsabili. L’equazione “produco=guadagno” può trasformarsi in “produco responsabilmente=guadagno”. Spesso si parte da un calcolo LCA che serve a misurare l’impatto dell’azienda sul pianeta e ad individuare quali sono le variabili su cui si può intervenire. Alcune aree si possono ottimizzare, per altre c’è la necessità di compensare, in quel caso l’azienda può creare una propria foresta che, come dicevamo prima, genera tantissimi benefici, tra cui assorbire la CO2. Attraverso i nostri progetti di riforestazione ad alto impatto sociale un’azienda può sviluppare progetti di vario tipo, che vanno dalla CSR al coinvolgimento dei propri stakeholder”.
Quali saranno i vostri prossimi passi?
“Nel 2023 continueremo e rafforzeremo il percorso intrapreso, andando ad incrementare ulteriormente il numero di alberi, progetti e partnership. Sicuramente studieremo modi sempre innovativi di combattere il riscaldamento climatico, mettendo le persone al centro di ogni progettualità ed una ulteriore certificazione. Lanceremo cinque nuovi progetti in altrettanti luoghi del Pianeta continuando a generare impatto ambientale e sociale. Stiamo lavorando a nuove certificazioni per poter rafforzare ancora di più la nostra credibilità sul mercato”.
Recentemente avete lanciato una call for artists, per quale scopo?
“La nostra comunicazione è da sempre incentrata sulla divulgazione. Per questo Natale abbiamo scelto di utilizzare l’arte per portare la natura nelle case delle persone. Uno dei problemi della sostenibilità è che viene spesso percepita come troppo scientifica e noiosa; l’arte ci può aiutare ad amplificare il messaggio. Per questo abbiamo chiesto a sei artisti di reinterpretare sei dei nostri alberi, illustrando per ognuno un poster con un significato scelto dall’artista. È così nata la campagna ‘Lascia il segno con un albero’; poster che piantano alberi, arte per il pianeta”.