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Perché studiare non è soltanto un dovere ma anche un piacere

Lo studio e la scuola non devono essere presentati solo come un dovere agli studenti. Ecco perché

Prima il dovere e poi il piacere, questa è stata la frase che forse ho più sentito durante tutto il mio percorso scolastico. Sono sempre cresciuta con l’idea che prima di potermi svagare e uscire con i miei amici dovessi per forza studiare e finire tutti i compiti. E’ una cosa giusta, per carità, ma credo che la scuola non debba essere mostrata ai ragazzi solo come se fosse un dovere da osservare. Per questo motivo ho trovato molti spunti per una questione piuttosto delicata ma fondamentale per la buona riuscita del percorso scolastico sia per noi studenti, sia per i professori: come fare a rendere attraente ai ragazzi le nozioni che la scuola deve offrire? Insomma, come fare a rendere la scuola anche un piacere?

Non solo un dovere

Non è facile rispondere a questa domanda. Penso però che sia un dovere dei professori interrogarsi sui metodi e mettersi magari anche in discussione, così come è un dovere degli studenti essere “attivi” nella partecipazione scolastica aprendosi nello studio superando la pigrizia o il pregiudizio secondo il quale tutto ciò che è passato non serve più. Talvolta penso che in passato io non sia stata troppo fortunata con la scuola, nel senso che fin dalle elementari mi sono confrontata con insegnanti che spiegavano le loro materie non tanto per la passione di farlo, bensì perché “dovevano”. Torna insomma di nuovo il “dovere”. E così, una persona che come me ha bisogno di essere stimolata nella propria creatività, ha trovato questo approccio abbastanza limitante. In definitiva penso che la vera capacità personale richiesta a un professore sia quella di trasmettere le proprie conoscenze, senza far sentire all’alunno che studiare è un dovere.

Un approccio totalmente diverso

Anche i ragazzi della mia generazione hanno visto il film “L’attimo fuggente”, quello in cui l’insegnante Robin Williams, propone un approccio didattico completamente diverso ed originale rispetto a quello che si era soliti usare. Un insegnamento che, non solo si basa sull’istruzione tramite la lettura e l’analisi delle poesie, ma aggiunge un approccio più riflessivo e introspettivo, come l’importanza di saper cogliere l’attimo, ricercando per la propria vita la strada che possa rendere soddisfatti e felici. Al povero insegnante non finì bene: venne infatti licenziato, ma regalò passione e capacità di sognare a tutti i suoi studenti. Partendo da questo esempio credo che gli autori che studiamo non vogliano essere ricordati solo tramite le opere in sé o la loro lettura, bensì dagli insegnamenti e dagli spunti di riflessione che possiamo trarne da essi, bisogna cioè sollecitare la capacità degli studenti di andare oltre. È importante capire che anche noi ragazzi abbiamo un ruolo attivo nella scuola, dobbiamo “pretendere” di essere formati, dobbiamo sviluppare un nostro senso critico. Quello che studiamo è patrimonio comune, quindi anche mio. Anche io devo proteggerlo e questo vale per tutte le altre materie e per tutto ciò che studiamo. Vale per il modo in cui vogliamo vivere e stare nella società.

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