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Viesti: “L’emergenza non colpisce tutti allo stesso modo”

“La crisi Covid è diversa dalle altre: stavolta il settore terziario non compensa le perdite dell’industria”, spiega a Interris.it l’economista Gianfranco Viesti

“Al momento non c’è una relazione tra l’intensità della crisi sanitaria e quella della crisi economica, più del numero di contagi a incidere sull’economia è la chiusura delle attività. E, infatti, l’impatto economico è ovunque molto forte, uniforme in tutto in paese, anche nelle regioni nelle quali i contagi sono pochi”. Per approfondire l’impatto del lockdown sul tessuto sociale, Interris.it ha intervistato uno dei più influenti e autorevoli economisti italiani, il professor Gianfranco Viesti, ordinario di Economia applicata all’Università di Bari, impegnato a più riprese nella definizione di politiche di sviluppo alla Banca Mondiale, all’Ocse, nel Consiglio degli esperti economici di Palazzo Chigi e nel Consiglio di amministrazione della Cassa Depositi e Prestiti. E’ stato anche assessore al Mezzogiorno e al Diritto allo studio della Regione Puglia e presidente della Fiera del Levante. Fa parte del Comitato di direzione della rivista “il Mulino e dei comitati scientifici di Nomisma, Legambiente e Srm (Studi e ricerche per il Mezzogiorno).

Cosa si può scoprire di questa pandemia analizzando i dati economici?

“L’incidenza economica dell’emergenza in corso appare molto più legata al blocco delle attività economiche che all’aspetto sanitario. Le previsioni ci dicono che l’impatto economico della pandemia potrebbe essere simile al Nord e al Sud. Sono stime ad elevata incertezza e a ciò dobbiamo aggiungere le differenze strutturali tra le regioni settentrionali e quelle meridionali”.

A cosa si riferisce?

“Le diversità di impatto economico del coronavirus derivano semmai dal fatto che, in linea generale da Firenze e Ancona in su, c’è più industria che settore terziario, mentre da Firenze a Ancona in giù c’è più settore terziario che industria. Il blocco delle attività a causa della pandemia riguarda sia l’industria sia il terziario. Quando terminerà il lockdown non si sa con esattezza cosa accadrà ma per sua natura l’industria dipende molto dalla catena delle forniture e dall’andamento del mercato internazionale quindi potrebbe riprendersi in tempi relativamente meno rapidi. Il terziario, invece, dipende di più dalla domanda interna, Con una specificazione che va fatta”.

Quale?

“C’è una parte importante di settore terziario che ripratirà tardi perché è legata al turismo e ai viaggi. Un segmento che presenta da sempre forti differenze microlocali. C’è più turismo in Trentino che a Milano, a Rimini che a Bologna, a Taormina che a Caltanissetta. Nel turismo le situazioni cambiano non lungo l’asse nord-sud ma localmente, all’interno delle stesse aree geografiche. Per esempio, in Puglia in un’economia monoculturale come quella del Gargano tutta basata sul turismo, la pandemia fa saltare la stagione estiva e produce in proporzione danni maggiori che nel resto della regione”.

In cosa si differenza la crisi Covid da quelle precedenti?

“Al momento le differenze di impatto della pandemia sull’economia (industria e settore terziario, nord e sud) non sono ancora chiare. Nelle crisi economiche del 1973, 1993 e 2008, che non avevano l’estensione e la gravità di quella provocata dal Covid-19, il terziario interno riuscì ad assorbire in termini di occupazione e di reddito il calo dell’industria. Stavolta, invece, anche il terziario è colpito direttamente dalla crisi e non può fare da spugna alle perdite dell’industria”.

Perché è complicato fare previsioni?

“Non sappiamo quanti negozi riapriranno dopo il blocco delle attività. La durata dell’emergenza è un fattore determinante per stabilirne la gravità e l’impatto sul tessuto socio-economico. Molto dipenderà dalle caratteristiche della fase due. Per alcune attività economiche potrà esserci un recupero, ma per altre sicuramente no. Per esempio, un negozio che vende abiti estivi quando riapre può venderli e recuperare parte delle perdite provocate dal periodo di chiusura, ma un barbiere non può certo recuperare i clienti che non ha avuto durante il lockdown né può lavorare di più quando riapre. La crisi provocata dalla pandemia colpisce in modo selettivo, gravando più su alcuni e meno su altri”.

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