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Patrimoni immateriali dell’Unesco: l’antidoto alla globalizzazione

La valorizzazione delle tradizioni locali favorisce identità, appartenenza sociale, rispetto delle diversità e dei diritti, senza alcun intento divisivo e competitivo

UNESCO è l’acronimo inglese (United Nations Educational, Scientific and Cultural Organization, in italiano Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura) dell’agenzia specializzata dell’Onu, creata nel 1945. Il suo obiettivo consiste nel “promuovere la cooperazione internazionale nei campi dell’educazione, della scienza e della cultura, al fine di contribuire al mantenimento della pace e della sicurezza internazionali attraverso la migliore comprensione tra le nazioni”. Alcuni dati: l’UNESCO, nata il 16 novembre 1945, ha sede a Parigi. Ne fanno parte 193 Stati e 11 sono associati. L’Italia occupa il primo posto assoluto, con 59 siti ritenuti patrimonio dell’umanità.

Nel 1997 è stato introdotto il concetto di “patrimonio orale immateriale dell’umanità” che, nel 2001, si è concretizzato in una prima lista. La Commissione nazionale italiana per l’UNESCO ha sede a Roma. Come recita il sito ufficiale di Unesco Italia (https://www.unesco.it/it/), i patrimoni immateriali italiani sono, al momento, 18. È doveroso elencarli, secondo l’ordine cronologico di riconoscimento: 2008 Opera dei Pupi siciliani; 2008 Canto a tenore sardo; 2010 Dieta mediterranea; 2012 Saper fare liutario di Cremona; 2013 Feste delle Grandi Macchine a Spalla (La Festa dei Gigli di Nola, la Varia di Palmi, la Faradda dei Candelieri di Sassari; il Trasporto della Macchina di Santa Rosa a Viterbo); 2014 Vite ad alberello di Pantelleria; 2016 Falconeria; 2017 L’Arte del “pizzaiuolo” napoletano; 2018 L’Arte della costruzione in pietra a secco, conoscenza e tecniche; 2019 Perdonanza Celestiniana; 2019 Alpinismo; 2019 Transumanza; 2020 L’arte delle perle di vetro; 2020 L’arte musicale dei suonatori di corno da caccia; 2021 Cerca e cavatura del tartufo in Italia, conoscenze e pratiche tradizionali; 2022 La tradizione dell’allevamento dei Cavalli Lipizzani; 2023 Irrigazione tradizionale, conoscenza, tecnica e organizzazione; 2023 La pratica del canto lirico. Alcuni di questi, tra cui la Dieta mediterranea, la Falconeria, l’Alpinismo e la Transumanza, sono transnazionali, ossia riguardano anche altri Stati.

Il sito indica quali sono gli aspetti fondamentali richiesti, i principi, l’iter previsto per la candidatura. Fra i molteplici punti, si sottolinea “Il patrimonio culturale non è solo monumenti e collezioni di oggetti ma anche tutte le tradizioni vive trasmesse dai nostri antenati: espressioni orali, incluso il linguaggio, arti dello spettacolo, pratiche sociali, riti e feste, conoscenza e pratiche concernenti la natura e l’universo, artigianato tradizionale. Questo patrimonio culturale immateriale è fondamentale nel mantenimento della diversità culturale di fronte alla globalizzazione e la sua comprensione aiuta il dialogo interculturale e incoraggia il rispetto reciproco dei diversi modi di vivere. La sua importanza non risiede nella manifestazione culturale in sé, bensì nella ricchezza di conoscenza e competenze che vengono trasmesse da una generazione all’altra”.

San Giovanni Paolo II, nel Discorso all’UNESCO del 2 giugno 1980 affermò “Noi ci troviamo in presenza, per così dire, d’un vasto sistema di vasi comunicanti; i problemi della cultura, della scienza e dell’educazione non si presentano, nella vita delle nazioni e nelle relazioni internazionali, in maniera indipendente dagli altri problemi dell’esistenza umana, come quelli della pace e della fame. […] Insisto, riferendomi alle origini della vostra organizzazione, sulla necessità di mobilitare tutte le forze che orientano la dimensione spirituale dell’esistenza umana, che testimoniano del primato dello spirituale nell’uomo – di ciò che corrisponde alla dignità della sua intelligenza, della sua volontà e del suo cuore – per non soccombere di nuovo alla mostruosa alienazione del male collettivo che è sempre pronto a utilizzare le risorse materiali nella lotta sterminatrice degli uomini contro gli uomini, delle nazioni contro le nazioni. […] L’uomo non può essere fuori della cultura. La cultura è un modo specifico dell’‘esistere’ e dell’‘essere’ dell’uomo. […] Nell’unità della cultura, come modo proprio dell’esistenza umana, si radica nello stesso tempo la pluralità delle culture in seno alle quali l’uomo vive. […] L’uomo che, nel mondo visibile, è l’unico soggetto ontico della cultura, è anche il suo unico oggetto e il suo termine. La cultura è ciò per cui l’uomo in quanto uomo diventa più uomo, ‘è’ di più, accede di più all’‘essere’”.

Le professoresse e antropologhe Lia Giancristofaro e Valentina Lapiccirella Zingari, partecipanti ai lavori della Convenzione per la Salvaguardia del Patrimonio Culturale Immateriale, sono le autrici del testo “Patrimonio culturale immateriale e società civile”, pubblicato nell’aprile del 2020, da “Aracne Editrice”. Il ministero del Turismo, il 12 gennaio scorso, al link https://www.ministeroturismo.gov.it/mitur-75-milioni-per-siti-unesco-e-citta-creative-approvati-58-progetti-definitivi/, ha pubblicato quanto segue “Nell’ambito del Fondo da 75 milioni di euro volto alla valorizzazione dei Comuni a vocazione turistico-culturale sede di siti riconosciuti patrimonio dell’umanità Unesco e dei Comuni appartenenti alla rete delle città creative Unesco, il ministero del Turismo ha, finora, approvato 58 progetti definitivi che coinvolgono oltre 250 Comuni in 16 Regioni, per un impegno complessivo di oltre 70 milioni di euro”.

Alcune critiche riguardano l’attuazione dei riconoscimenti, così importanti che tenderebbero a favorire un turismo di massa, senza che ci siano le strutture adeguate per poterlo sostenere. L’obiettivo originario è salvaguardare luoghi e culture: è opportuno che istituzioni e turisti collaborino in tal senso. L’opportunità di essere inseriti nell’ambito elenco è notevole e, se ben gestita, è foriera di nuove attività ricettive nonché di occasioni lavorative.

Altre critiche riguardano una debole trasparenza da parte dell’UNESCO nel gestire i bilanci, nel distribuire risorse secondo quanto dovuto, imbrigliata, peraltro, nella sua struttura elefantiaca e burocratica. In alcuni casi si paventa il rischio che l’investimento effettuato, per ottenere la candidatura e il titolo, non siano ripagati dai successivi introiti economici.

Il campanilismo prospera anche in questa particolare “classifica” e ogni Stato punta a promuovere le sue ricchezze. I riconoscimenti UNESCO tendono a valorizzare alcuni aspetti e valori specifici, poco conosciuti nel mondo. Tale prospettiva induce qualcuno a sospettare boicottaggi e “sviste”. Soprattutto per i beni materiali, il confronto deve essere lungimirante e non competitivo: a esempio, il “Centro storico di Roma” ha, verosimilmente, pochi eguali nel mondo ma ciò non determina l’esclusione di altre bellezze meno maestose, evidenti e note, seppur valide e interessanti.

L’obiettivo è di promuovere la cultura mondiale nella valorizzazione delle particolarità nazionali. Non si tratta di una gara fra nazioni per chi è più “bella”, per chi ha un numero maggiore di siti materiali o di elementi immateriali, dimostrando, così, di possedere più cultura.

L’intento istituzionale è quello inclusivo, e non divisivo, dell’intero pianeta. Un Paese che ha diversi patrimoni immateriali, frutto della propria antica tradizione, oltre all’orgoglio della laboriosità locale, dovrebbe essere proiettato a condividere le proprie peculiarità, arricchendo, così, in tutti i sensi, anche altre nazioni. Il “patrimonio culturale” è definibile tale solo se condiviso.

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