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Pasqua in Terra Santa durante il Coronavirus

Per Interris.it la testimonianza del Patriarca di Gerusalemme Mons. Pizzaballa

La Santa Pasqua è una festa trasversale condivisa da diverse culture e religioni e rappresenta da sempre un momento cardine nella vita sociale delle comunità. Quest’anno tutto il mondo la sta vivendo in un modo diverso dal solito e Interris.it è andato nei luoghi sacri, lì dove tutto nacque, dove ogni luogo ci parla di Lui. Per capire come si stiano vivendo questi giorni in Terra Santa abbiamo parlato con l’amministratore apostolico del patriarcato latino S.E. Mons. Pierbattista Pizzaballa.

L’Oms ha lanciato l’allarme pandemia anche in Medio Oriente: con quale stato d’animo si vive questa situazione?
“É una situazione che riguarda tutto il mondo e che non ha risparmiato il medio oriente. Qui sicuramente situazione desta maggiore preoccupazione perché se l’epidemia dovesse espandersi maniera grave come in Europa, qui le strutture sanitarie non reggerebbero l’impatto data la loro debolezza. L’altro aspetto che preoccupa è il lato economico, perché in medio oriente, tranne per i grandi paesi come gli Emirati, Giordania, Siria, Libano, Egitto, vivono situazioni economiche molto fragili, così anche la Palestina naturalmente. Così questa situazione sta indebolendo ulteriormente l’economia, questo vuol dire che ci sono migliaia e migliaia di famiglie che già ora sono in grande difficoltà, figuriamoci nel prossimo futuro”

Anche in Terra Santa tutte le celebrazioni sono state fatte senza la partecipazione dei fedeli, come avete affrontato questo periodo?
“Stiamo vivendo un’assenza, senza la partecipazione all’eucarestia o ai sacramenti, la limitazione nei movimenti, la chiusura dei luoghi di culto, questo è davvero il momento su cui fermarsi a riflettere. I luoghi di culto sono chiusi ma la Chiesa no, perché la Chiesa non si limita ai luoghi di culto, bisogna quindi trovare nuove forme serie ed essenziali per continuare a fare comunità e forse questo momento di pausa obbligatoria può aiutarci a riflettere in maniera più libera da tanti orpelli sulla vita essenziale della Chiesa. Ora bisogna accentuare la preghiera, soprattutto nelle famiglie. Purtroppo oggi tante famiglie non sanno pregare insieme, bisogna recuperare questi aspetti in modo da recuperare la vita ecclesiale appena sarà possibile ma arricchiti di questa esperienza”.

Da dove ripartire finita l’emergenza?
“Credo che questa emergenza ci abbia colpiti in un aspetto particolare della nostra vita che sono le relazioni. Non possiamo più relazionarci tra di noi, nelle comunità, e in alcuni anche in famiglia bisogna tenere le distanze. Dobbiamo ripartire da questo, forse il Signore ora ci sta togliendo le relazioni per ridarcele purificate, dobbiamo ripensarle in una chiave dove la persona comune è al centro e non l’interesse di qualcuno o di pochi”.

Cosa si sente di dire ai familiari delle vittime del coronavirus?
“I drammi e la durezza di queste situazioni esprimono poco, bisogna pregare per loro e bisogna stargli vicino per quanto possibile e capire che per noi credenti la morte non è la fine perché l’amore che ci unisce non viene meno nemmeno con la morte”.

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