Fautore di un progetto di inclusione sociale che si è aggiudicato l’8° premio dell’edizione 2018 di TuttixTutti, il concorso nazionale Cei per le parrocchie, Don Grzegorz Bibik è parroco della Chiesa di Cristo Re di Valpiana (Gr). “Al di là delle sbarre”, questo il nome del progetto, si rivolge ai detenuti del carcere di Massa Marittima, inseriti in un programma di collaborazione con la parrocchia, e alla Mensa della Caritas che usufruisce di una parte della produzione dell’orto sociale. La collaborazione con il carcere è stata avviata da alcuni anni e i detenuti, principalmente impegnati nella coltivazione, partecipano anche ad alcune attività parrocchiali nella logica dell’inclusione sociale. In virtù degli ottimi risultati ottenuti la parrocchia ha deciso di potenziare la struttura dell’orto parrocchiale, mediante la costruzione di una nuova serra, l’acquisto di un motocoltivatore e il rinnovo degli attrezzi chiedendo in comodato d’uso gratuito un nuovo spazio.“La vincita del premio, lo dobbiamo dire, ci ha riempito di gioia! – dichiara con soddisfazione Don Grzegorz -. Una realtà così piccola come la nostra ha festeggiato il fatto che siamo stati notati e sostenuti in un concorso a livello nazionale. È stata anche l’occasione per riproporre alle parrocchie interessate la questione del sistema di sostentamento della Chiesa italiana, ancora poco conosciuto e spesso frainteso”.
Goccia dopo goccia
Durante i mesi estivi sono stati effettuati i primi acquisti di materiali necessari per implementare la produzione come, tra gli altri, la copertura in nylon per la serra vecchia e l’impianto per annaffiare goccia a goccia. “Nel frattempo, abbiamo informato il carcere sulla vincita dell’ottavo premio del concorso. – prosegue il parroco – Il direttore e l’educatrice che segue i detenuti hanno mostrato grande interesse e soddisfazione per il premio ricevuto. Ha assunto per noi il valore della riprova della validità del progetto ideato insieme e che in questi anni, con qualche fatica, siamo comunque riusciti a portare avanti”. All’arrivo della serra, nel mese di ottobre 2018, è stata avviata la produzione di insalata, sedano, bietole e peperoncini di diverse qualità. “L’entusiasmo per il premio ci ha incoraggiati a prendere in comodato d’uso 400 piante di ulivi da raccogliere. È stata anche l’occasione – sottolinea il parroco – per dare lavoro a un gruppo di immigrati africani presenti sul nostro territorio. Negli ultimi mesi dell’anno abbiamo acquisito qualche cliente nuovo. La qualità delle nostre verdure è conosciuta e sempre più apprezzata.”
Le ricadute del coronvavirus sul carcere
L’emergenza coronavirus ha rappresentato un momento di rallentamento delle attività con pesanti ricadute sulla produzione. “Il mese di marzo del 2020 ha significato per noi un momento di grande sofferenza. I nostri collaboratori da “dietro le sbarre” come tutti hanno dovuto iniziare la quarantena e non sono potuti più uscire dal carcere. A marzo i lavori all’orto erano già ben avviati e si è presentata davanti a noi la necessità di dare continuità all’orto senza il loro contributo, che era fondamentale. I primi giorni sono stati drammatici perché a causa delle limitazioni imposte dai decreti governativi e le problematiche della salute dei volontari della parrocchia all’orto si è trovata solo Luciana, la responsabile del progetto, con due mani e due ettari di terra da coltivare. Vedevamo già sull’orizzonte la fine del nostro progetto che sembrava inevitabile. Alla fine, stringendo i denti, ricevendo gli aiuti inaspettati di qualche ora o qualche giorno di lavoro da parte dei vari volontari, siamo ancora con la zappa in mano. L’orto purtroppo ha subito il fatto che ci lavorano ora meno persone e sono meno competenti, pure se piene di buona volontà. Non è più così ordinato come l’anno scorso, ma vive ancora, le persone continuano ad acquistare le verdure e il progetto, pur barcollando nell’incertezza, continua. La motozappa che potete vedere nel filmato manovrata da Mohammed ora è mia – dice don Gregorio – però non vedo l’ora di consegnarla nelle mani più esperte perché ho fatto già diversi danni” – conclude sorridendo.
Il contatto con la natura
E aggiunge: “Mi preme ricordare, che se per noi le restrizioni sono rallentate per i detenuti del carcere di Massa Marittima con il quale collaboriamo, la quarantena e il “lockdown” continua ancora e loro restano sempre all’interno del carcere, con tutte le problematiche collegate. Abbiamo sperimentato che il contatto con la natura, con la terra, con una comunità che accoglie è curativo e per ora questa “cura” non la possiamo offrire a nessuno. Per ora resistiamo e manteniamo l’orto in funzione, sperando che presto possa tornare alla sua “vocazione” per la quale è stato creato”. Il gruppo che ha ideato il progetto semina speranza e offre delle opportunità di inclusione sociale per far comprendere che il carcere non è la fine di tutto. E che il proprio cammino può ripartire dalla terra grazie ad un percorso di crescita e di riscatto personale.