Garantire ad ogni persona, indipendentemente dalle proprie condizioni particolari, parità di accesso all’istruzione, alle cure mediche, a un lavoro dignitoso, così come la rappresentanza nei processi decisionali, politici ed economici, è fondamentale per promuovere società ed economie sostenibili, di cui può beneficiare l’umanità intera. In particolare, la parità di genere rappresenta uno straordinario motore di crescita e uno dei capisaldi più rilevanti e urgenti dell’agenda di sviluppo e progresso di ogni Stato al mondo.
La situazione in Lombardia
In Lombardia, nonostante i miglioramenti degli ultimi anni, il divario salariale medio tra uomo e donna resta alquanto elevato ed è pari al 14.8% con punte di 11.5% nella provincia di Como fino ad arrivare al 18.3% di Lecco. Interris.it, in merito alle motivazioni di questo fenomeno, ha intervistato Angela Alberti, responsabile Coordinamento Donne Cisl Lombardia.
L’intervista
Alberti, gli ultimi dati messi a disposizione dalla Consigliera di Parità di Regione Lombardia hanno sottolineato che, il divario salariale tra uomini e donne è pari al 14,8%. Quali sono le motivazioni alla base di questo fenomeno?
“I dati del rapporto della Consigliera di Parità vengono dalle retribuzioni prese dal rapporto biennale, ovvero un documento che le aziende sono tenute a compilarle in riguardo alle retribuzioni medie degli uomini e delle donne, da cui si ottiene il divario retributivo. Quest’ultimo, è dovuto a molti fattori, ovvero ad esempio al fatto che, le donne, generalmente, sono inquadrate in livelli retributivi più bassi, fanno meno straordinari ed hanno minori riconoscimenti per quanto riguarda gli emolumenti aggiuntivi. Ormai da molti anni, i contratti di lavoro, prevedono retribuzioni identiche tra uomini e donne ma, alla fine, l’analisi dei dati, ci da questo risultato. Un altro elemento da evidenziare è che, il primo divario che colpisce le donne, è quello dell’accesso al mondo del lavoro. Quindi, anche in Lombardia, il tasso di occupazione femminile, è distante da quello maschile. Il dato di partenza ci dice che, le donne, sono inquadrate a livelli più bassi, lavorano maggiormente part time e spesso non lo fanno per una scelta autonoma ma perché non riescono a lavorare a tempo pieno a causa della mancanza di strumenti di conciliazione e non hanno una rete familiare di sostegno per accudire figli, genitori o persone fragili. Ciò si collega a un altro tema molto importante, ovvero la condivisione dei ruoli di cura che, prevalentemente, vengono svolti dalle donne. Questo dà origine a una serie di squilibri: occorre sostenere il processo in atto per sostenere la condivisione dei ruoli di cura. Siccome, in genere, l’uomo guadagna di più all’interno di una coppia e i congedi parentali non sono retribuiti interamente, di fronte alla scelta di quale stipendio sacrificare, in linea generale, si tende a sacrificare quello più basso, ovvero quello delle donne”.
Quali sono, secondo Cisl Lombardia, le strategie da seguire per promuovere la parità salariale?
“In questo senso, l’Unione Europea, con una direttiva che entrerà in vigore nel 2026, concernente la parità retributiva e la trasparenza, ci darà un grande aiuto. Verranno sanciti degli obblighi di trasparenza nella dimensione aziendale in riguardo ai livelli retributivi e ai processi di avanzamento di carriera. Ad oggi, spesso, le donne partono allo stesso livello degli uomini ma, anzi, le giovani studentesse, in termini di risultati, sono migliori degli uomini e, una volta giunte nel mondo del lavoro, perdono posizioni. In caso di maternità poi c’è un momento di rottura nella carriera. Al livello di contrattazione abbiamo già degli esempi virtuosi dove siamo riusciti ad ottenere dei contratti con una condivisione per i criteri relativi agli avanzamenti di carriere ma, la strada da percorrere, è ancora lunga. Sicuramente, occorre valorizzare lo strumento del ‘rapporto biennale’, ovvero il documento che le aziende con più di 50 dipendenti sono tenute a compilare ogni due anni per indicare i livelli retributivi e il livello d’accesso alla formazione. In riguardo a quest’ultimo aspetto occorre sottolineare che, le donne, in Lombardia, svolgono meno attività formative al lavoro degli uomini. Non farne significa perdere posizioni, rimanere indietro e avere meno possibilità per cambiare la propria condizione lavorativa. Questo aspetto, quindi, dovrà essere sempre più approfondito e nell’ambito di alcune qualifiche, come ad esempio quelle Stem, occorre operare per colmare, anche per chi sta lavorando, questo gap. C’è poi tutto il tema dei servizi, su cui siamo impegnati per contrattare servizi alla famiglia, per aiutare le donne che stanno lavorando a conciliare i loro impegni e orari. Correlato a ciò, c’è poi il tema della flessibilità lavorativa per consentire ai genitori e ai caregiver di avere permessi ulteriori e flessibilità maggiore in determinate fasi della vita. Stiamo facendo molto e faremo di più, soprattutto per aiutare mariti e padri ad essere maggiormente presenti. Inoltre, è fondamentale l’integrazione dei periodi di congedo parentale che, in genere, è pagato al 30%. Tutto ciò favorirebbe una maggiore condivisione dei ruoli di cura. Lo strumento della bilateralità, inoltre, può aiutare anche chi lavora in piccole aziende e fornire sostegni di natura economica come bonus, contributi per le rette dell’asilo, del centro estivo, integrazioni per i periodi di congedo o borse di studio”.
In quest’epoca fortemente connotata dall’emersione di nuove fragilità sociali il sistema di welfare svolge un ruolo molto importante. In che modo, a vostro parere, dovrebbe essere incentivato per diventare maggiormente inclusivo?
“Bisogna sempre partire dai bisogni delle persone e quindi andare incontro alle loro esigenze. Il primo ruolo del sindacato è l’ascolto, al fine di intercettare le necessità emergenti, ad esempio in riguardo agli adolescenti. Occorre tenere ben presente che, le persone sono diverse per genere, provenienza ed età; quindi, serve un welfare in grado di rispondere ai bisogni di tutti in una logica di solidarietà. Chi ha più bisogno deve ricevere di più”.
Guardiamo al futuro: come vorreste vedere il mondo del lavoro lombardo da qui ai prossimi anni in termini di sostenibilità e partecipazione? Quale dovrà essere il ruolo del sindacato?
“Il sindacato è particolarmente impegnato in riguardo al tema della partecipazione. In particolare, la Cisl, ha presentato un’iniziativa di legge popolare che ha come obiettivo il garantire una maggiore partecipazione delle lavoratrici e dei lavoratori alla vita delle aziende. C’è quindi una grande attenzione verso un modello più partecipato. Auspichiamo che, tutto ciò, possa diventare presto legge. Inoltre, da qui ai prossimi anni, siamo chiamati a gestire la sfida della sostenibilità. Vogliamo evidenziare che, la sostenibilità, non riguarda solo l’ambiente ma anche gli aspetti sociali. Le transizioni sono fondamentali e ci devono vedere protagonisti, ma devono tenere conto anche del rispetto dei diritti delle lavoratrici e dei lavoratori e della loro partecipazione. I diversi elementi della sostenibilità devono marciare insieme, altrimenti qualcuno rischia di rimanere indietro. Noi siamo impegnati per garantire una società giusta, inclusiva e che possa dare a tutti la possibilità di realizzare le proprie ispirazioni in cui, il lavoro, è una parte importante ma non può diventare l’unico pilastro. Ciò vale soprattutto per le donne che, molto spesso, sono costrette a scegliere tra lavoro e vita famigliare. Auspichiamo che questa decisione sia libera, consapevole e senza condizionamenti esterni”.