C’è bisogno di sport e la pallavolo vuole esserci

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Dopo il basket lo scorso aprile si è fermata anche la pallavolo italiana per l’emergenza Coronavirus. La Federazione Italiana Volley all’inizio della pandemia ha infatti annunciato la definitiva conclusione di tutti i tornei maschili e femminili “senza assegnazione degli scudetti, delle promozioni e delle retrocessioni tutti i campionati nazionali, regionali e territoriali”.

Anche il calcio si è fermato con tutto il mondo dello sport, per ora, però, è proprio il calcio, l’unico sport di squadra ad essere tornato in campo.
La pallavolo, invece, è ferma e nonostante siano stati già programmati i vari appuntamenti per le partite e gli allenamenti in realtà non si sa se e quando si ricomincerà a tutti gli effetti.

Foto Ivan Benedetto/LaPresse

La pallavolo dopo il lockdown

“Finita la quarantena c’è stato un attimo in cui si è pensato alla ripresa di tutte le attività. Poi purtroppo è prevalsa la volontà di agevolare il ritorno del calcio perché obiettivamente il calcio ha degli interessi particolari, anche economici – racconta ad InTerris Guido Pasciari, consigliere nazionale della Fipav e dirigente del Nola Città dei Gigli -. Si è partiti così con dei protocolli piuttosto stringenti ma con la volontà di far ripartire tutte le discipline sportive”.

Il protocollo del Politecnico di Torino

“Nel frattempo c’è stata anche una brutta storia legata ad un protocollo emanato dal politecnico di Torino. Secondo alcuni studi dell’Università, infatti, emergerebbe che molte discipline sportive ed in particolare la pallavolo sono pericolose per quel che riguarda i contatti tra gli atleti. Noi come federazione abbiamo fatto tutti i possibili passi per provare a smentire quanto affermato in questo studio, ma nonostante le rassicurazioni ricevute il Ministro Speranza ha deciso di interrompere gli sport di squadra e quindi anche gli sport di contatto”.

 

Italy’s Gabriele Maruotti in action against Finland’s captain Eemi Tervaportti during the FIVB Men’s World Championship Pool E match between Italy and Finland at the Forum di Assago in Milan, Italy, 21 September 2018. ANSA/ROBERTO BREGANI

Il beach volley

“Ad oggi lo sport di squadra che si svolge normalmente sulle nostre spiagge non può essere giocato perché ritenuto sport di contatto. Io non intervengo nel merito della discussione tecnico scientifica, ma mi sembra assurdo che si possa giocare a racchettoni e non si possa giocare a beach-volley. La cosa è più assurda è che nei centri privati si continui a giocare a calcetto e a beach-soccer mentre al 24 luglio non c’è un provvedimento che consenta la regolamentazione di questa disciplina”.

I campionati nazionali sfumati

“Noi come federazione vorremmo organizzare i campionati nazionali di beach-volley ma non possiamo muoverci in tal senso perché non abbiamo il permesso dal Ministero della Salute. A maggior ragione nel momento in cui si dovesse decidere di ricominciare a giocare bisognerà rispettare tutti i parametri. Tutti gli atleti che parteciperanno ai campionati, quindi, dovranno presentare l’esame sierologico fatto pochi giorni prima dell’evento”.

Cosa si prevede per il prossimo settembre?
“Noi come federazione stiamo inculcando nei nostri atleti tanta voglia di ricominciare. Abbiamo già indetto tutti i campionati, fissato gli organici e le date di ripresa. Per questi motivi sono stati tutti felici dichiarando di non essersi sentiti abbandonati.
Però per quanto riguarda la ripresa effettiva non si sa quando ci sarà. Soprattutto non si sa dove andare perché bisogna capire che l’85% delle società sportive italiane gioca in palestre scolastiche e le dichiarazioni della Ministra Azzolina però sono chiare. Nelle strutture scolastiche devono accedere solo coloro che fanno parte del personale scolastico. Eventualmente alunni genitori e personale scolastico.
A questo punto anche le associazioni sportive, che storicamente accedevano alle strutture scolastiche la sera, ora non possono accedere. Tra l’altro c’è scritto che anche i professori di educazione fisica non potranno far praticare sport di squadra. Come fare? La mattina no e il pomeriggio si? Insomma c’è ancora tanto di cui discutere. La mia speranza è che si riesca a trovare un giusto compromesso e che si torni quanto prima a giocare perché lo sport è vita!”.

Rossella Avella: