Modello di padre
Padre misericordioso
“Il Papa ha l’abitudine di infilare sotto la statua del santo addormentato dei biglietti- prosgue Mimmo Muolo-. Contengono problemi, richieste di grazia, preghiere dei fedeli. È come se invitasse san Giuseppe a ‘dormirci su’. E magari a mettere una buona parola davanti a Dio, per risolvere situazioni difficili e aiutare i bisognosi. Rinnovando così il suo ruolo di padre misericordioso e tutto proteso verso coloro che ama. Lo confidò egli stesso a Manila nell’incontro con le famiglie“. Jorge Mario Bergoglio ha riferiro di “amare molto san Giuseppe perché è un uomo forte e silenzioso. Sulla mia scrivania ho un’immagine di San Giuseppe mentre dorme. E quando ho un problema o una difficoltà io scrivo un biglietto su un pezzo di carta e lo metto sotto la statua di San Giuseppe affinché lui possa sognarlo. Ma come san Giuseppe, una volta ascoltata la voce di Dio, dobbiamo riscuoterci dal nostro sonno. Dobbiamo alzarci e agire”. Francesco considera lo sposo della Madonna santo davvero speciale, che protegge e aiuta perfino quando dorme. Più volte nei suoi discorsi il Pontefice ha fatto riferimento alla figura del santo. In una delle omelie di Santa Marta, il Papa ha detto:”Giuseppe è l’uomo che sa accompagnare in silenzio“. Ed è “l’uomo dei sogni”.
Devozione giuseppina
Per la festa dei lavoratori Il Papa ha accoltola statua di san Giuseppe lavoratore solitamente posizionata all’ingresso della sede nazionale delle Acli a Roma. L’espressione più compiuta della devozione giuseppina del Papa, secondo Muolo, si trova nell’omelia di inizio pontificato. Giuseppe è “custode” perché sa ascoltare Dio, si lascia guidare dalla sua volontà. E proprio per questo è ancora più sensibile alle persone che gli sono affidate, sa leggere con realismo gli avvenimenti, è attento a ciò che lo circonda. E sa prendere le decisioni più sagge“. L’eco di queste parole risuona nella Lettera apostolica “Patris corde”. Giuseppe, dopo un lungo e faticoso viaggio da Nazaret a Betlemme, vide nascere il Messia in una stalla, perché altrove non c’era posto per loro. Fu testimone dell’adorazione dei pastori e dei Magi che rappresentavano rispettivamente il popolo d’Israele e i popoli pagani. Ebbe il coraggio di assumere la paternità legale di Gesù, a cui impose il nome rivelato dall’Angelo: “Tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati”. Dare un nome a una persona o a una cosa presso i popoli antichi significava conseguirne l’appartenenza, come fece Adamo nel racconto della Genesi.
Patris code
Nel Tempio, quaranta giorni dopo la nascita, insieme alla madre Giuseppe offrì il Bambino al Signore. E ascoltò sorpreso la profezia che Simeone fece nei confronti di Gesù e di Maria. Per difendere Gesù da Erode, soggiornò da straniero in Egitto. Ritornato in patria, Giuseppe visse nel nascondimento del piccolo e sconosciuto villaggio di Nazaret in Galilea. Lontano da Betlemme, sua città natale, e da Gerusalemme, dove sorgeva il Tempio. Quando, proprio durante un pellegrinaggio a Gerusalemme, smarrirono Gesù dodicenne, Giuseppe e Maria lo cercarono angosciati e lo ritrovarono nel Tempio mentre discuteva con i dottori della Legge. A 150 anni dalla sua dichiarazione quale Patrono della Chiesa Cattolica fatta dal Beato Pio IX, l’8 dicembre 1870, papa Francesco ha condiviso “alcune riflessioni personali su questa straordinaria figura. Tanto vicina alla condizione umana di ciascuno di noi”. Un aspetto che caratterizza San Giuseppe e che è stato posto in evidenza sin dai tempi della prima enciclica sociale, la Rerum novarum di Leone XIII, è il suo rapporto con il lavoro.
Impegno
“San Giuseppe era un carpentiere che ha lavorato onestamente per garantire il sostentamento della sua famiglia – sottolinea Francesco Da lui Gesù ha imparato il valore, la dignità e la gioia di ciò che significa mangiare il pane frutto del proprio lavoro”. Così “il lavoro diventa partecipazione all’opera stessa della salvezza. Occasione per affrettare l’avvento del Regno, sviluppare le proprie potenzialità e qualità. Mettendole al servizio della società e della comunione. Il lavoro diventa occasione di realizzazione non solo per sé stessi. Ma soprattutto per quel nucleo originario della società che è la famiglia. Una famiglia dove mancasse il lavoro è maggiormente esposta a difficoltà, tensioni, fratture. E perfino alla tentazione disperata e disperante del dissolvimento. Come potremmo parlare della dignità umana senza impegnarci perché tutti e ciascuno abbiano la possibilità di un degno sostentamento?”, si chiede Francesco.