Oltre cinque milioni e mezzo di persone in povertà assoluta e 50mila persone senza dimora in Italia. Questi i dati che emergono, rispettivamente, dal XXI Rapporto Caritas su povertà ed esclusione sociale, dal titolo “L’anello debole”, e da un’indagine dell’Istituto nazionale di statistica (Istat), e restituiscono la gravità delle emergenze del nostro Paese. La crisi economica e sociale scatenata dalla pandemia prima e gli aumenti dei prezzi poi incidono ancora più fondo su situazioni già difficili, se non drammatiche. Piaghe difficili da sanare, ma c’è chi si fa prossimo agli ultimi e agli emarginati per restituirgli quella dignità e quell’autonomia che spetta a ciascun essere umano. Alle pendici dell’Etna, a Catania, da 12 anni opera al fianco dei più bisognosi la “Locanda del Samaritano”, una struttura ora diretta da padre Mario Sirica, che ha da poco inaugurato nuovi servizi: una caffetteria sociale, un centro di ascolto e di orientamento, un dormitorio maschile per persone senza dimora. Interris.it ha intervistato il direttore della Locanda per conoscere meglio la sua storia e i nuovi progetti.
L’intervista
Cos’è e cosa fa la “Locanda del Samaritano”?
“I missionari vincenziani sono arrivati a Catania, chiamati dal cardinale Giuseppe Benedetto Dusmet, alla fine del XIX secolo e io proseguo questo servizio alla carità. Dodici anni fa è nata questa struttura dove prendiamo in toto in carico al persone che accogliamo, sotto l’aspetto legale, medico, economico. Facciamo accoglienza a bassa soglia, con un dormitorio maschile da 24 posti e uno femminile da 12 aperti dalle 19:30 alle 8:30. Dopo un colloquio iniziale e la cena in comune, quando prendiamo a carica la persona, a cui poi spetta obbligatoriamente un turno di pulizie, gli diamo la possibilità di farsi una doccia e di mangiare un pasto caldo. Per gli ospiti la mattina la colazione si fa nei locali della locanda, invece le ospiti la fanno in loco perché il loro dormitorio si trova al pianterreno sotto locanda. Tra le persone che vengono da noi c’è anche chi ha qualche lavoretto con cui racimola del denaro durante il giorno e alla sera si accontenta di un posto letto. La Locanda dispone di un centro accoglienza per persone senza dimora aperto 24 ore su 24, completamente autogestito dagli ospiti, dove accogliamo per esempio donne vittime di violenza domestica o altre di situazioni delicate. Ulteriore livello di accoglienza sono i due appartamenti – uno si trova nello stesso edificio della locanda, l’altro è in comodato d’uso da privati –, l’ultimo step nel percorso dalla Locanda alla società civile. Diamo un tempo ‘cuscinetto’ alle persone prima che siano riammesse nel tessuto sociale, perché magari non sono ancora in grado, vuoi per paura o per motivi economici, e anche un piccolo contributo per pagare le spese fisse e per educarli al risparmio. La nostra mission è dare accoglienza e restituire dignità alle persone, a partire dai particolari. Curiamo molto l’arredamento degli appartamenti perché la dignità dei luoghi restituisce dignità alle persone. Ci occupiamo anche della promozione umana perché tutti devono poter lavorare – a meno che non siano inabili al lavoro. Siamo una palestra di convivenza tra persone diverse, anche di diverse religioni. La convivenza porta conoscenza, non ci sono state mai tensioni o liti bensì rispetto reciproco. Abbiamo anche aperto una biblioteca sociale, il “Sicomoro”, con un’aula studio aperta ogni mattina da uno dei nostri ospiti. E’ un punto di incontro tra le persone che accogliamo e gli studenti dove c’è scambio, conoscenza e integrazione”.
Quali sono i nuovi servizi che avete appena inaugurato?
“La caffetteria sociale ‘Pane Quotidiano. Coffee and more’ è un’opportunità lavorativa per i nostri ospiti e se genera utili ci consente anche di autosostenerci, oltre a pagare gli stipendi. Attiguo poi c’è il centro diurno, dov’è possibile l’incontro tra l’avventore del bar e il povero che non vuole stare magari fuori al freddo tutto il giorno, adesso che andiamo verso l’autunno/inverno. Nel complesso abbiamo anche delle stanze per l’ascolto delle persone e una nuova sala mensa”
Che tipo di esperienza è stata il giornale Telestrada Press?
“Fino alla pandemia lo ha portato avanti la giornalista Gabriella Virgillito con gli articoli scritti dai nostri ospiti. Una parte del ricavato serviva per le spese di redazione, mentre il resto andava ai nostri ‘giornalisti’. Purtroppo con il Covid non è stato più possibile venderlo in posti come le parrocchie”.
In questi 12 anni, da quell’osservatorio che è la Locanda del Samaritano, come sono cambiate le cose?
“Il volto della povertà cambia continuamente. Nei primi anni i nostri ospiti erano circa la metà italiani e l’altra metà stranieri, poi con il varo del reddito di cittadinanza la presenza di persone di nazionalità italiana è scesa e questa è certo una cosa positiva. Ora stiamo riaprendo il dormitorio maschile e il referente mi ha detto di molte persone con disturbi mentali, seppur leggeri. La pandemia ha messo in crisi la salute mentale di tante persone”.
Come fare, come individui e come società, a rimettere al centro le persone che emarginiamo?
“Con gli occhi e il cuore aperti per vedere le situazioni che ci circondano. Si può dare un aiuto economico ma anche mettersi in gioco in prima persona, come fanno i volontari che vengono a cucinare per noi. Anche un sorriso può essere lenitivo, per il prossimo meno fortunato”