Padre Feretti (Centro “La Famiglia”) a Interris.it: “Pastorale familiare per una società impoverita”

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Pastorale familiare per una società impoverita che non può risollevarsi dalla crisi senza mettere al centro la famiglia. Parola di padre Alfredo Feretti, il direttore del “Centro La Famiglia” di Roma, il primo consultorio sorto nella città di Roma, fondato nel 1966 da padre Luciano Cupia degli Oblati di Maria Immacolata. Interris.it ha intervistato sul ruolo sociale della famiglia padre Feretti che collabora con diverse diocesi per le attività di pastorale familiare. Tra cui anche quella di Roma, per la quale ha scritto numerosi sussidi di spiritualità e ha seguito le attività con i separati e i divorziati.

La famiglia come chiesa domestica

Il Centro La Famiglia si pone come obiettivo primario la tutela dell’individuo, della coppia e della famiglia. E la promozione della famiglia fondata sul matrimonio. Incoraggiandone la solidarietà intergenerazionale e promuovendo tutte le condizioni per il pieno sviluppo della persona.Soprattutto in questo momento di grave crisi economica, la famiglia è più che mai la spina dorsale della società.  Il Servo di Dio don Oreste Benzi diceva che ognuno ha diritto a una famiglia. Dal punto di vista ecclesiale su cosa si basa maggiormente il valore della famiglia come “chiesa domestica”?

“Forse mai come in questo periodo di chiusura e di difficoltà di partecipazione alla vita della comunità cristiana è emersa la carenza di formazione per le nostre famiglie sull’essere chiesa domestica. L’assenza o la lontananza dalla celebrazione eucaristica ha rivelato da una parte il vuoto di una spiritualità concretamente legata alla vita delle famiglie e dall’altra l’incapacità di vivere una ‘liturgia’ domestica, con la sua ritualità, il suo spessore umano e il linguaggio tipicamente familiare, che dovrebbe connotare anche la vita della comunità cristiana più vasta”.Perché?

“Siamo in un ‘tempo d’esilio’. Lontani dalla nostra terra consueta, da quelle sicurezze che ci rendevano il vivere conosciuto e meno precario. Lì dove viviamo è una terra dove il tempio sembra sparito, la ritualità che ci dava parvenza di cristianità ci è sottratta. E qui la famiglia può rivelare tutta la sua potenza nella debolezza. Essere Chiesa domestica in questo momento storico significa riscoprire una spiritualità dal basso, che parte dalla vita, dalle relazioni, dalle passioni, dall’ascolto umile e appassionato della voce di Dio che parla nel quotidiano”.In che modo?

“Il nostro tempio è lì, nella nostra casa, nelle nostre relazioni spesso complicate, nelle fatiche per far fronte alla precarietà che azzanna e sembra strappare e fare a pezzi la nostra vita e le nostre sicurezze. La forza della Parola di Dio che si manifesta nella debolezza delle nostre persone, fruttifica con le leggi del seme o meglio con la legge della crescita che guida la crescita nelle nostre famiglie”.Può farci un esempio?

“Se la Chiesa è lì dove dimora Dio in mezzo al suo popolo. Allora le nostre famiglie sono nella fatica (labor) dell’umile amore lo spazio vitale dove si spande la misericordia, il perdono, la sopportazione, la tenerezza e dove le fatiche e il lavoro si orientano nel ringraziamento, in una parola diventano Eucaristia”.Papa Francesco ha evidenziato che la pandemia ha fatto emergere le contraddizioni di un’economia malata. Dall’osservatorio del consultorio per la famiglia quali priorità Lei riscontra oggi nel Popolo di Dio?

“L’attività consultoriale è ripresa sullo stimolo di molte persone o coppie che chiedono aiuto per rileggere il vissuto di questi mesi. È stato certamente un trauma e come tale ha lasciato segni profondi. Negare questi segni è una modalità di fuga per non accettare che alcuni aspetti della nostra vita personale e comunitaria sono morti e altri chiedono di poter spuntare e accettare il rischio di lasciarli vivere. La tentazione dell’apatia, dell’accidia rassegnata spinge molti a non avere voglia di ripartire e a chiedere aiuto per ritrovare le risorse interiori, la passione per ciò che è possibile anche se difficile in queste condizioni”.A cosa si riferisce?

“Molti sono coloro che chiedono un ‘tagliando’ di coppia. Una verifica del loro cammino, della qualità delle loro relazioni, il rinnovo delle motivazioni di fondo e la riscoperta dei cardini su cui poggia il loro matrimonio. Poi, l’attività consultoriale in questo periodo è molto orientata nella ricerca del “senso” di ciò che abbiamo vissuto e, ovviamente, è anche una domanda di spiritualità, perché tocca il rapporto con Dio, la ricerca di un perché di tante perdite aggravato a volte dalla modalità con cui questi lutti si sono consumati”.Quali insegnamenti sei possono trarre?

“A noi consulenti familiari vengono presentate le conseguenze profonde della precarietà che li tocca su piani più concreti.  In fondo, grazie a noi e con noi cercano di ritrovare, di ricostruire, di ricreare relazioni vere, sane e sananti”.Sui mass media si descrivono spesso le nuove generazioni come disinteressate ai grandi temi, è davvero così o sale una forte domanda di senso dal mondo giovanile?

“Non ho un quadro molto ampio per valutare una risposta. E non vorrei correre il rischio di usare luoghi comuni per lusingare le nuove generazioni. Dall’esperienza dell’ascolto in consultorio di genitori e figli, mi sembra di poter dire che sono interessati alla vita concreta e alle relazioni anche con le figure adulte. Forse i grandi temi sono lontani dal loro vissuto e sono più atomizzati nell’infinità di messaggi che ricevono e producono. Ma mi sembrano alla ricerca di figure ‘adulte’, che abbiano un’autorità che rifiutano di accordare a chi non li tocca profondamente”. Cioè?

“Nei legami familiari si rivelano più attenti di quanto sembrano ai dettagli, ai linguaggi non verbali, alla generosità e alla bellezza.  Li trovo ancora capaci di incantarsi di fronte a coppie che si formano e costruiscono progetti a lungo respiro. Avvertono la paura di non esserne all’altezza ma hanno il coraggio e la potenza di sottolinearne la bellezza. Certo, in questa epoca digitale non sono ancora scritte del tutto le coordinate per nuove relazioni e alle famiglie è richiesto non un maggior controllo ma un diverso ascolto e un maggior tempo di qualità speso insieme”.Per rappresentare ai ragazzi il valore della famiglia quale ritiene essere la pagina più significativa del Vangelo?  

“Prenderei la pagina della parabola del Buon Samaritano (Lc. 10, 25-37). Un testo tutt’altro che semplice se applicato alla famiglia. Dico semplicemente che il luogo (locanda) dove viene portato il malcapitato, è chiamato: “la casa che tutti accoglie”. La famiglia è il luogo dove ognuno si rende prossimo all’altro anche quando la vita o le scelte di vita lasciano ferite sul corpo, anche sul corpo della coppia o della famiglia intera. È il luogo dove si impara a curare con l’ascolto, il dono, il tempo di qualità offerto, la stima, la presenza e la delicatezza del corpo e i continui gesti di servizio. Linguaggi dell’amore che Gesù ci ha detto essere necessari per avere una vita in pienezza (eterna)”.

Giacomo Galeazzi: