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Sul palcoscenico per dare voce a chi non ha voce. Mezzo secolo di Onafifetti

La tradizione della satira di costume come espressione della cultura popolale. 54 anni di teatro-cabaret tra impegno sociale e tradizione vernacolare

Oltre mezzo secolo fa la prima formazione degli Onafifetti era composta da Giovanni Filosa, Viscardo Pierpaoli e Mario Sardella. Subito entrarono Carlo Javarone e Piergiorgio Memè. Poi, nel corso degli anni, Lucia Cinti, Simona Stronati, Isa Savi. Tanti anche i pianisti che li hanno accompagnati in cinquant’anni di carriera. Musicisti di talento come Carlo Morganti e Luca Pierpaoli. L’attuale formazione degli Onafifetti comprende il trio “storico” Giovanni Filosa, Piergiorgio Memè, Mario Sardella. Al piano, da dodici anni, Marta Tacconi. Lo storico gruppo marchigiano di teatro-cabaret è formato da artisti amici fin dai dall’infanzia. “Ci mettemmo insieme ai tempi delle scuole superiori per condividere uno scopo. Fare satira di costume ma non comicità tout court”, spiega a Interris.it Giovanni Filosa-. Debuttammo nell’aprile del 1968, in piena contestazione, al Teatro Pergolesi di Jesi. Con lo spettacolo ‘Per chi c’era, per chi non c’era‘. Canzoni di protesta e sociali, in prevalenza”. Ma la consacrazione arrivò l’anno dopo, nel 1969, con “Jesiricon”. Titolo chiaramente preso a prestito dal Satyricon di Federico Fellini.Onafifetti

54 anni di Onafifetti

“Qualcuno non percepiva l’esatto senso della loro ironia. E si offendeva- ricorda Filosa-. Mentre i più ‘furbi’ abbozzavano. Avevano già capito che lo Stivale ha bisogno, per essere vivo, di massicce iniezioni di satira e sberleffi. Sani e salutari”. Gli Onafifetti frequentano da vicino testi e musica di Fabrizio de André. Dei Gufi. E del primo Bagaglino, a Roma. “Dove incontravi, a sbigliettare prima dello spettacolo, Gabriella Ferri, Pippo Franco, Pino Caruso. Solo per fare alcuni nomi”, rievoca Filosa. In anni che li hanno visti girare fra teatri e locali di cabaret, soprattutto a Roma. E hanno ricevuto numerosi premi, non solo nazionali. Fa cui il Gufo d’oro a Foggia. La Bombetta d’argento, nel 1993, da parte del comune di Jesi, in provincia di Ancona, per il 25° anniversario di attività. Il premio Vallesina alla carriera. E, dalla Fondazione internazionale Federico II di Hoenstaufen, il premio internazionale “Federichino d’oro”. Oltre alla cittadinanza benemerita conferita dal comune di Jesi nel 2012. Dal 1968 ad oggi hanno realizzato un centinaio di spettacoli. Sia di satira locale che nazionale. Nel giugno del 2000 gli Onafifetti hanno partecipato all’Eurokulturfestival. Organizzato nella città tedesca di Waiblingen. Dove ritornano ogni anno come ospiti o con propri spettacoli.Onafifetti

Linguaggio universale

“In Germania abbiamo sperimentato,  davanti a spettatori di sei Paesi europei, che il teatro è un linguaggio universale– sottolinea Giovanni Filosa-. Dal 2012 abbiamo anche intrapreso la strada del teatro impegnato. Interpretando, con la produzione del Centro Studi Calamandrei, spettacoli come ‘ParolEpotere’, ‘La paga del sabato’ (dal romanziere partigiano Beppe Fenoglio) e ‘Festa grande d’aprile”. Rappresentati in tournée nazionali“. Accanto alla produzione cabarettistica, nel 2013, 2014 e 2015 gli Onafifetti hanno tenuto anche corsi nelle scuole superiori. Sull’importanza della satira nella letteratura e nel teatro. A ciò si affianca l’attività sociale. Con le rappresentazioni per la Libera Università degli Adulti e l”Associazione donatori midollo osseo (Admo). “Nel 2018 abbiamo festeggiato i cinquanta anni di carriera al Teatro Pergolesi di Jesi dove tutto è iniziato. Con lo spettacolo ‘Ridendo e scherzando cinquanta ne fo’. Presentato da Pino Strabioli. E come spesso è accaduto, arricchito dalla presenza, fra gli altri dell’attore Corrado Olmi in grande spolvero”.Onafifetti

Ombrello riparatore

Tanti hanno scritto sugli Onafifetti. Per esempio, il critico d’arte Armando Ginesi: “Sono sempre stati sotto l’ombrello riparatore della satira. A volte anche amara. Ma si sa che la satira è come la medicina. Più è amara e più fa bene alla comunità. Ed è anche la coscienza storica dentro e fuori delle mura rinascimentali della città federiciana e del contado di Jesi”. Lo storico della letteratura Antonio Ramini evidenzia che “la parola ‘Onafifetti’ ha ormai assunto un significato vagamente apotropaico. L’’onafifettismo’ è diventato sinonimo di sberleffo garbato. Mai volgare. Sempre fatto con gusto e intelligenza. Satira gustosa e scanzonata. Che si prende benevomente gioco del politico come dell’uomo di cultura. Tutti finiscono nella graticola di questo gruppo di amici che da mezzo secolo fa cabaret”.

Risata liberatoria

“Cinquanta anni? Possibile?-è l’interrogativo del professor Ramini-. Sembrano ragazzi ancora, Mario Sardella, Giovanni Filosa e Piergiorgio Memè. Quando dal palcoscenico, accompagnati anche al pianoforte da Marta Tacconi, intonano le loro canzoncine inframezzate da battute al vetriolo. E tutti, in platea e nei palchi, stanno sul chi vive. A chi toccherà adesso la frecciata? Al sindaco? All’assessore? All’illustre medico che taglia e cuce? All’industriale? Ecco la risata liberatoria. Anche se  il colpito di turno si contorce un po’ sulla poltrona. Ride magari di traverso. Hanno compiuto cinquant’anni di sodalizio, i tre cari Onafifetti, tre, perché il quarto, l’amico carissimo Carlo Javarone, è volato in cielo. Ma dall’alto, lo sento, sta facendo anche lui gli sberleffi. E canta anche lui tra le nuvole, con i tre amici quaggiù. Dicono che il grande Pericle, quando quel geniaccio di Aristofane lo canzonava dal palcoscenico di Atene, ridesse anche lui di gusto. Almeno all’apparenza. Perché era un uomo intelligente, ma pare che il fegato gli bruciasse un po’. Rideva, però. Perché la satira fa bene. Ti fa sentire piccolo se ti senti grande. Ti fa sentire uomo se ti credi un dio”.

Nuova produzione

“Come i libri dei nostri cari storici – aggiunge Ramini-.Come le immortali caricature di Silico Batazzi. Come le poesie in dialetto di Lello Longhi, di Martin Calandra, di Renato Fazi. Come i disegni umoristici di Corrado Olmi che fanno rivivere il passato. Ogni spettacolo degli Onafifetti è un ritrovarsi, un sentirsi a casa. Si ride, ci si commuove. E si vorrebbe che non finissero mai. Con quella canzone meravigliosa con cui di solito concludono il loro spettacolo,  quell’inno alla libertà che tocca il cuore” Sostiene Giovanni Filosa: “L’emergenza Covid ha ridotto le presenze del gruppo ad interventi on line. Ma stiamo lavorando per una nuova produzione che possa partire nella primavera prossima“.

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