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Oltre l’Ombra, la nuova via di inclusione per i minori autori di reati

L'intervista di Interris.it a Donato Gigante, referente del progetto "Oltre l'Ombra", per il reinserimento sociale di minori in difficoltà a Taranto

Il paradigma nonché obiettivo che sta alla base della giustizia in ambito minorile è la responsabilizzazione dei minori che si sono resi protagonisti di reati, affinché gli stessi abbiano gli strumenti per diventare adulti responsabili e superare così il proprio passato.

La messa alla prova

Il fondamento dell’istituto della messa alla prova, per quanto riguarda la giustizia penale minorile, disciplinato dagli articoli 28 e 29 del D.p.r. 448/1988, è la convinzione che, in molti casi, nei quali l’autore del reato è un minore, la pena detentiva sia una soluzione inutile, in quanto non porta ad una socializzazione del reo e, anzi, può essere dannosa per i fenomeni di stigmatizzazione sociale che ne scaturiscono.

L’esperienza di “Oltre l’Ombra”

Nella città di Taranto, in ossequio a questa visione di reinserimento sociale, l’associazione “Noi e Voi” ha dato vita ad un progetto denominato “Oltre l’Ombra” con la finalità di ricucire i legami tra coloro che hanno commesso dei reati in ambito minorile e le loro comunità, generando un processo di ascolto e inclusione reciproca. Interris.it, in merito a questa attività progettuale, ha intervistato Donato Gigante, coordinatore della stessa.

L’intervista

Come nasce e che obiettivi si pone il progetto “Oltre l’Ombra”?

“Il progetto nasce dal bando “Cambio Rotta” di impresa sociale “Con i bambini”. Prende vita sul territorio di Taranto da una collaborazione già avviata con l’Usl, ossia gli Uffici Sociali del ministero di Grazia e Giustizia, mediante attività che, nel corso degli anni, sono state poste in essere per la messa alla prova di ragazzi, i quali hanno commesso reati. Il bando ha dato una spinta in più per l’intensificazione di tale collaborazione e all’ampliamento della rete dei soggetti che collaborano al fine di fare attività insieme in favore di questi ragazzi”.

Che valore rivestono per voi il reinserimento sociale dei giovani e il concetto di giustizia riparativa?

“La nostra denominazione esatta è “Associazione di Volontariato Penitenziario Noi e Voi” ed è nata oltre trent’anni fa all’interno del carcere di Taranto. Da allora lavoriamo con chi ha vissuto l’esperienza carceraria, quindi con detenuti, detenuti in esecuzione penale esterna e con messi alla prova. Nel corso degli anni, partendo dagli adulti, abbiamo ampliato la nostra attività e siamo arrivati ad operare con i ragazzi. Il problema, molto spesso, non è del singolo ma del nucleo familiare e, di conseguenza, si interviene sulla famiglia, con attività a supporto non solo a chi ha commesso il reato, ma anche a tutta la famiglia. La giustizia riparativa è fondamentale per riuscire a rendere gli stessi consapevoli di quello che hanno fatto, sia per quanto riguarda i ragazzi che gli adulti, nell’ottica di cercare di restituire alla collettività, attraverso azioni positive, ciò che hanno commesso”.

Quali sono i vostri auspici per il futuro riguardo all’inclusione di questi ragazzi e allo sviluppo della vostra attività progettuale?

“L’obiettivo è quello di accompagnare questi ragazzi. Noi, con il progetto, offriamo un ventaglio molto ampio di attività, dal supporto allo studio per i più piccoli, alla formazione, alla qualifica professionale e all’inserimento lavorativo per i più grandi. Vogliamo essere un piccolo momento di passaggio. I ragazzi passano da noi, vengono formati nonché supportati. Cerchiamo di dare loro un inserimento temporale più ampio, dal punto di vista lavorativo, ad esempio, dando quelle competenze utili per inserirsi in tale mondo”.

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