“Noi abitanti di Amatrice dimenticati da quattro anni”

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Il 24 agosto 2016 un terribile terremoto rade al suolo uno dei borghi più belli d’Italia: Amatrice. Da quel triste giorno, i cittadini aretini si sono rimboccati le maniche quando ancora i loro visi apparivano solcati dal dolore delle tante perdite. Ora, il Coronavirus ha inferto quel colpo dal quale è difficile riprendersi. La ricaduta non è solamente economica ma principalmente psicologica. “Stiamo abbandonando le speranze per il futuro” afferma, con una voce tremante dalla tristezza, Maria Tilesi di professione commerciante. Lei era la proprietaria di un negozio storico di Amatrice, che ora purtroppo è rimpiazzato da un prefabbricato dove, comunque, ogni mattina la signora Maria porta la sua passione perché “questa attività è tutta la mia vita”, commenta.

“Speriamo che tutto vada per il meglio. Da metà marzo qui è stato tutto chiuso, con la sola eccezione di due piccoli supermercati, una farmacia e una tabaccheria. Per il resto, quello che ti si schiudeva dinanzi agli occhi era un deserto di solitudine. Affiorava un sentimento di assoluta tristezza e mestizia inimmaginabili. Si vedevano solo le montagne e si udiva un profondo silenzio, che quasi ti spaventava perché foriero di un’angoscia reale. Tutti i cittadini sono rimasti chiusi nelle SAE (Soluzioni abitative di emergenza n.d.r.). Questa povera gente che ha sofferto tanto la solitudine e la paura. Allora hanno deciso, praticamente, di non uscire. Fuori si muovevano solo le pattuglie dei carabinieri o della Guardia di Finanza. Qui le norme anti-Covid-19 sono state rispettate pedissequamente. Non è emerso nessun caso, per fortuna. Dopo quello che già abbiamo passato con il sisma del 24 agosto. Le persone sono molto provate”.

La paura di ammalarsi, l’ospedale Grifoni è ancora in macerie

“I cittadini di Amatrice, durante questo lockdown, sono rimasti terrorizzati. Senza l’ospedale: noi non lo abbiamo più. Lo devono ricostruire: i finanziamenti ci sono. Ma i tempi si sono prolungati. Da poco è arrivata la buona nuova che la prima pietra verrà posizionata ad agosto perché è stato approvato il progetto esecutivo. Ma la gente era esasperata: aveva paura di sentirsi male. L’incubo del Covid-19 era un’ossessione continua, giorno e notte. Lo scenario era un’ambulanza che ti prelevava per condurti a Rieti col rischio di morire nel tragitto. Gli abitanti di Amatrice hanno vissuto con questo terrore. Anche se è presente un medico di base con il quale si può riferire telefonicamente per frasi prescrivere delle medicine tramite dei codici riconoscibili in farmacia. Dal punto di vista psicologico sono tutti provati dalla quarantena. Io da qualche giorno ho riaperto la mia attività. I miei concittadini che sono venuti fin sull’uscio mi hanno espresso tutta la loro contentezza, diceva sorridenti: ‘Abbiamo finalmente rivisto la luce accesa, la porta aperta, quanto siamo contenti. Meno male che avete riaperto, così si vede qualcuno’. Lei deve capire che la quarantena per noi ha significato rimanere in case di 40 metri quadri o all’interno delle roulotte. Le uscite erano limitate alla farmacia o al supermercato”.

L’amministrazione e il sostegno agli anziani. Una ricostruzione che non avverrà mai

“L’amministrazione si è data abbastanza da fare. Visto il numero elevato di cittadini anziani, il Comune ha deciso di attivare un servizio di ‘pronto spesa’ per i cittadini delle 69 frazioni intorno ad Amatrice che non erano in grado di venire in centro. Ciò che ci ha fatto ulteriormente male è stato vedere bloccati quei quattro cantieri per la ricostruzione di alcuni quartieri. Due mesi di lockdown che si sommano ai 4 anni di attesa. Da noi la Ricostruzione non avverrà mai. L’altro giorno è venuto il Commissario alla Ricostruzione Giovanni Legnini, il quale ci ha un minimo rinfrancati. Ci ha comunicato le quattro ordinanze che ha disposto al fine di snellire le procedure per poter ripartire. Noi ci sentiamo completamente abbandonati. A livello psicologico siamo troppo provati. Dopo il terremoto: il terrore, l’angoscia, la sofferenza, i nostri morti, il non avere più niente. Poi la speranza ci ha aiutato ad andare avanti fino a pochi mesi fa. Ma l’incertezza del domani ci ha distrutto. Qui non si sa più che fine faremo. Lo Stato fino ad adesso ci ha abbandonato, anche se noi teniamo conto dell’emergenza Coronavirus. Questa volta, sinceramente, non lo sappiamo se ce la facciamo a ripartire”.

Il turismo fermo, Amatrice deserta

“Sul versante turismo il Coronavirus ci ha messo in ginocchio. Se prima qualcuno veniva a mangiare l’amatriciana ora i ristoranti sono tutti chiusi, così come i piccoli Bed and Breakfast. Molti non riapriranno. Per quello che concerne la mia attività – un negozio di prodotti sportivi – ci sto mettendo tanto amore e tanta passione perché è sempre nel mio cuore. Durante il lockdown il mio pensiero andava continuamente al mio negozio perché io ci sono cresciuta, lì ho trascorso tutta la mia vita. È un’attività storica che ha venduto le scarpe alla maggior parte dei bambini di Amatrice. Quell’attività è la mia speranza, il mio personale modo di dare un contributo alla mia tanto amata terra. Noi qui non abbiamo niente e quel poco che abbiamo ci sembra davvero tanto”.

La città degli italiani abbandonata

“Le strade sono tutte divelte e dissestate. I cimiteri sono chiusi, tutti malmessi. Ancora ricolmi di macerie, con i defunti accantonati. Nessuno è intervenuto per rifare i cimiteri. In questi anni abbiamo tirato avanti con la solidarietà degli italiani. Loro hanno permesso di sopravvivere alla filiera turistica. Sono venuti dal sud, dal Nord. Ci sono stati molto vicini. Per questo motivo abbiamo ridenominato Amatrice, ‘La città degli italiani”. A ricordo del loro essenziale contributo. Ora rimaniamo isolati dal mondo. Inoltre, molte persone si sono trasferite. Non ce la facevano più a rimanere. Tanti se ne sono andati per seguire i figli che studiano altrove. Qui non c’è più nessuna occasione di lavoro. Manteniamo la speranza, solo quella abbiamo”.

Gianpaolo Plini: