Stop all’illegalità mafiosa. La presidenza nazionale dell’Azione Cattolica Italiana si mobilita. Ed esprime “forte preoccupazione per la recrudescenza, in queste ultime settimane, di atti mafiosi violenti e intimidatori, quanto ignobili e vigliacchi“. E aggiunge: “La mano della criminalità organizzata è sempre presente. Dalle escavatrici date alle fiamme nei cantieri della nuova 106, nella Piana di Sibari in Calabria, agli ettari di grano bruciati a Naro in Sicilia, presso la cooperativa ‘Rosario Livatino–Libera Terra’ nata su terreni confiscati ai mafiosi”. Quindi, evidenzia AC, “ancora una volta si colpisce chi lavora onestamente. E chi cerca di riscattare dalla miseria e dal degrado la propria terra, ridandole dignità e futuro. Si cerca di fermare chi ha l’unica colpa di spendere la propria vita nella legalità. Rifiutando di cedere a ricatti e a compromessi mafiosi e denunciando ogni forma di illegalità”.
Sos illegalità
A tutti loro e a tutte le vittime della piovra mafiosa che soffoca il Paese, la presidenza nazionale dell’Azione Cattolica Italiana esprime totale solidarietà e vicinanza. Invita tutti i suoi iscritti così come tutti i cittadini onesti e di buona volontà a farsi protagonisti attivi di azioni di solidarietà e vigilanza contro le mafie. In collaborazione con le istituzioni democratiche, le forze dell’ordine e la magistratura, e tutte le realtà della società civile impegnate a difesa della legalità. Il vertice italiano di AC, “in fedeltà ai valori fondanti la nostra Repubblica”, ricorda che “siamo tutti chiamati a lottare contro coloro che rubano speranza e futuro a tanti nostri concittadini. A dare testimonianza della sofferenza delle molte vittime delle mafie e delle loro famiglie. A squarciare il silenzio che troppe volte accompagna l’agire delle mafie e i loro sporchi affari”.
No alla mafia
Intanto è stata ricordata a Palermo, a 60 anni di distanza, la “strage di Ciaculli”, una delle prime di Cosa nostra. Alla cerimonia, iniziata con un tributo alla memoria e con la lettura delle motivazioni delle medaglie d’oro al valor civile a suo tempo concesse dal presidente della Repubblica, ha partecipato il prefetto di Palermo, Maria Teresa Cucinotta. Il comandate militare dell’Esercito in Sicilia. Il generale di Divisione, Maurizio Angelo Scardino. Il comandante della Legione carabinieri Sicilia, generale di Divisione Rosario Castello. E l’assessore alle Infrastrutture, Alessandro Aricò, in rappresentanza del presidente della Regione, Renato Schifani. Insieme a una rappresentanza dei familiari delle vittime. E delle associazioni combattentistiche e d’Arma. Era il 30 giugno 1963 quando un’Alfa Romeo Giulietta imbottita di tritolo esplose provocando la morte di 7 uomini dello Stato tra artificieri dell’Esercito, carabinieri e poliziotti. Nell’esplosione, avvenuta in contrada Ciaculli a Palermo, rimasero uccisi il maresciallo Pasquale Nuccio e il soldato Giorgio Ciacci dell’Esercito. Il tenente Mario Malausa, il maresciallo capo Calogero Vaccaro e gli appuntati Eugenio Altomare e Marino Fardelli dei carabinieri. Il maresciallo della polizia Silvio Corrao.
Tritolo killer
Dopo una telefonata alla Questura di Palermo che avvisava della presenza sospetta di un’auto, una pattuglia dei carabinieri, insieme a un sottufficiale della Squadra mobile, si recò a Ciaculli, rinvenendo la Giulietta abbandonata con le portiere aperte. Sospettando che si trattasse di un’autobomba venne chiamata una squadra di artificieri che ispezionò la vettura. E tagliò la miccia di una bombola trovata all’interno, dichiarando il cessato allarme. L’apertura del bagagliaio da parte del tenente Malausa, comandante della tenenza di Roccella, causò l’esplosione della grande quantità di tritolo contenuta, provocando la morte dei 7 uomini dello Stato. La giornata in ricordo dei caduti nella strage di Ciaculli è proseguita al complesso monumentale dello Steri. Con un convegno dal titolo “La strage di Ciaculli del 30 giugno del 1963, una lettura sessanta anni dopo”. Un’attenta analisi storica e un’occasione di riflessione che ha aperto i suoi lavori sulle note della Fanfara del XII Reggimento carabinieri Sicilia.
Stop illegalità
Il comandante della Legione carabinieri Sicilia, generale di Divisione Rosario Castello ha evidenziato come “la strage si collochi storicamente nel corso della prima guerra di mafia e come centrale sia stata la figura del tenente Mario Malausa, arrivato volontario a Palermo. Un periodo di grande importanza, di risveglio delle coscienze, durante il quale le istituzioni dello Stato e i cittadini iniziarono a porre attenzione alla complessità del fenomeno mafioso”. È stato lo stesso generale Castello a chiudere l’incontro con l’auspicio di “lavorare sulle nuove generazioni”. Ricordando con le sue parole padre Pino Puglisi che per “cambiare la mentalità mafiosa ha speso la sua vita a fianco dei più giovani“.